Caratteristiche del virus del vaiolo delle scimmie
Il virus del vaiolo delle scimmie (Orthopoxvirus monkeypox) è un virus a DNA che infetta sia esseri umani che animali. Esso è stato isolato per la prima volta in Danimarca nel 1958 in macachi, mentre i primi casi su pazienti umani sono stati identificati nel 1980 nella Repubblica Democratica del Congo. Il virus è normalmente presente in roditori e primati dell’Africa Centrale e il contagio (salto di specie) avviene venedo in contatto fluidi corporei di animali infetti oppure consumando carne non completamente cotta. La trasmissione uomo-uomo avviene per via sessuale o venendo in contatto con persone infette; inoltre, sono stati riportati anche casi di trasmissione madre-figlio.
Filogenesi
Di sotto riportiamo la classificazione tassonomica per il virus del vaiolo delle scimmie.
Dominio | Acytota |
Gruppo | Gruppo I (virus a dsDNA) |
Regno | Varidnaviria |
Phylum | Nucleocytoviricota |
Classe | Pokkesviricetes |
Ordine | Chitovirales |
Famiglia | Poxviridae |
Sottofamiglia | Chordopoxvirinae |
Genere | Orthopoxvirus |
Specie | Orthopoxvirus monkeypox |
Genoma del virus del vaiolo delle scimmie
Essendo un virus del gruppo I, il virus del vaiolo delle scimmie è un virus a DNA a doppio filamento (dsDNA). Il genoma del virus codifica per circa 180 proteine differenti. Il genoma è grande circa 197kb e la sua regione centrale è estremamente conservata con altri membre del genere Orthopoxvirus. A monte e a valle della regione centrale troviamo delle regioni caratterizzate da un tasso di mutazione maggiore. Analisi hanno rivelato come nella regione centrale conservata siano presenti i geni essenziali per la biologia di un qualsiasi ortopoxvirus, mentre le regioni meno conservate contengono geni specie-specifici. Infine, alle estremità del genoma virale si trovano delle sequenze ripetute inverite (ITR) che sono simile a quelle di altri membri del genere Orthopoxvirus.
Struttura virale e meccanismo di replicazione virus del vaiolo delle scimmie
Il virus ha una forma ovale ed è grande 200-250 nm. Il nucleocapside ricorda i manubri che si usano in palestra. Essendo un virus a dsDNA, si possono distinguere tre fasi di vita del virus: 1) infezione, 2) replicazione 3) assemblaggio del genoma virale e rilascio di nuove particelle. Il primo passo per il processo di replicazione virale è la fusione con la cellula ospite. Infatti, due proteine virali chiamate EEV ed IMV permettono al virus di entrare nella cellula ospite mediante un processo di endocitosi nella quale rivestono un ruolo chiave i glicosamminoglicani. Una volta entrato nella cellula, il virus del vaiolo delle scimmie viene trasportato vicino al nucleo attraverso i microtubuli. Il genona virale verrà poi duplicato. Il genoma virale, infine, sarà poi impacchettato e traspostato alla periferia della cellula attraverso i microtubuli e successivamente le particelle virali verranno secrete mediante esocitosi.
Patogenesi
L’incubazione del virus del vaiolo delle scimmie dura tra i 7 e i 14 giorni, mentre i sintomi persistono generalmente per 14-21 giorni. I punti di ingresso preferiti dal virus sono lesioni della pelle o le mucose (respiratoia, oculare, rettale o uretrale). Una volta all’interno del corpo il virus inizia una fase di latenza di circa due settimane, dove si diffonde per il corpo attraverso il sistema linfatico. Sintomi tipici di un’infezione dal virus del vaiolo delle scimmie sono l’affaticamento, dolore muscolare, febbre e ingrossamento dei linfonodi soprattutto nella zona inguinale. Sono comuni anche rush cutanei più o meno gravi. Ovviamente, i sintomi possono essere più o meno gravi in base allo stato di salute del paziente infetto e dalla variante virale che ha infettato il paziente. Infine, il tasso di mortalità è di circa dello 0.04%.
Terapia antivirale contro il virus del vaiolo delle scimmie
Le principali terapie antivirali vanno a ad agire su varie fasi del processo di replicazione virale. Essendo che il virus utilizzano le zattere lipidiche (lipid rafts) presenti sulla membrana cellulare per entrare nella cellula ospite, farmaci che riducono i livelli di colesterolo come le statine e PCSK9 potrebbero rendere più difficoltoso l’ingresso del virus. Anche i glicosamminoglicani presenti sulla membrana cellulare rivestono un ruolo fondamentale per inibire l’ingresso del virus. Dunque, inibire questo processo potrebbe essere una valida soluzione per impedire al virus del vaiolo delle scimmie di infettare la cellula ospite.
Altre possibile terapie possono essere quelle che hanno come bersaglio il sistema di replicazione virale. A tal proposito sono state sviluppate numerose molecole strutturalmente simili ai nucleosidi che vengono inseriti nel genoma virale ma che, una volta incorporate, mandano in crash il processo di replicazione del virus (Cidofovir e derivati); tuttavia, molti di essi hanno presentato reazioni avverse per l’organismo.
Infine, per essere secreto, il virus deve essere trasportato alla periferia della cellula attraverso i filamenti di actina del citoscheletro L’inibizione della costruzione di tali filamenti potrebbe essere un valido approccio terapeutico. Anche farmaci che interferiscono con il processo di maturazione virale come il Tecovirimat potrebbero avere una valenza terapeutica.
Immunoterapia
Analisi sul genoma del virus del vaiolo delle scimmie hanno rivelato come esso sia in grado di sintetizzare proteine che modulano la risposta immunitaria nella cellula ospire. Per questo motivo, alcuni studi hanno indagato se la ribavirina potesse essere utilizzata in ambito clinico. La molecola, infatti, non solo blocca la replicazione del virus ma ha anche un potente effetto immunomodulatorio.
Uno studio ha dimostraro che il virus del vaiolo delle scimmie modula le interazioni proteiche all’interno della cellula, e alcune terapie cercano di combattere i virus riportando tale reti allo stato fisiologico. Cellule HeLa trattate con nigericina (un antibiotico) hanno mostrato risultati superiori al gruppo di controllo trattato con Cidofovir, un farmaco usato per il trattamento di infezioni da citomegalorivus.
Venedo ai vaccini, sfortunatamente non ne esiste uno specifico contro il vaiolo delle scimmie, ma è bene ricordare come è stato dimostrato che pazienti che sono stati vaccinati contro il vaiolo possano produrre degli anticorpi con un effetto protettivo anche contro il virus del vaiolo delle scimmie. Sulla base di queste evidenze, l’FDA ha approvato nel 2019 l’utilizzo di Imvamune per il trattamento di pazienti a rischio con più di 18 anni.
- Lu, J., Xing, H., Wang, C. et al. Mpox (formerly monkeypox): pathogenesis, prevention, and treatment. Sig Transduct Target Ther 8, 458 (2023). https://doi.org/10.1038/s41392-023-01675-2
- Shchelkunov SN, Totmenin AV, Safronov PF, Mikheev MV, Gutorov VV, Ryazankina OI, Petrov NA, Babkin IV, Uvarova EA, Sandakhchiev LS, Sisler JR, Esposito JJ, Damon IK, Jahrling PB, Moss B. Analysis of the monkeypox virus genome. Virology. 2002 Jun 5;297(2):172-94
- Centorrino Francesco, In principio era il virus, Microbiologia Italia, ISBN 979-8882639449
- https://it.wikipedia.org/wiki/Orthopoxvirus_monkeypox
Crediti immagini
- Immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mpox_Virus_072024.jpg
- Figura 1 e 2: Lu, J., Xing, H., Wang, C. et al. Mpox (formerly monkeypox): pathogenesis, prevention, and treatment. Sig Transduct Target Ther 8, 458 (2023). https://doi.org/10.1038/s41392-023-01675-2