L’ Autunno è una stagione affascinante: le chiome della maggior parte degli alberi si tingono di colore a causa del cambio nel tipo di pigmenti prodotti dalle foglie ed i nostri boschi diventando spettacolari distese screziate di rosso, oro e vermiglio.
E’ tuttavia anche la stagione dell’ influenza e del raffreddore; l’Oms (“Organizzazione Mondiale della Sanità”) ha stimato che quest’anno almeno 5 milioni di italiani saranno colpiti dal solo virus influenzale.
Nonostante buona parte delle persone sia consapevole di questo, spesso manca l’approccio giusto per affrontare i malesseri tipici di questo periodo, complice la credenza comune che il raffreddore sia il primo stadio di un processo patologico che, se non correttamente trattato, porti inesorabilmente all’influenza.
In realtà raffreddore ed influenza sono due patologie ben distinte, che spesso vengono associate e confuse a causa della manifestazione di sintomi comuni o simili: il nostro corpo infatti reagisce in entrambi i casi attivando meccanismi di risposta di tipo infiammatorio che sono quasi gli stessi, pur se a fronte di patogeni infettivi differenti.
L’infiammazione, che si articola e sviluppa in fasi, è forse la risposta infatti più efficace che il nostro corpo abbia sviluppato nel corso della sua evoluzione per far fronte all’azione dei numerosi e diversificati stimoli lesivi che gli possono derivare dall’ambiente (e dai suoi generici “microabitanti”).
Proprio per questo, le soluzioni per trattare i sintomi di raffreddore ed influenza, che il più delle volte impediscono il normale svolgimento delle attività quotidiane, possono comunque essere i medesimi.
E’ tuttavia importante capirne la differenze; lungi dal voler sostituire l’indispensabile consulto medico e dal voler esaurire l’argomento, in questo articolo si proporrà un piccolo prontuario per imparare a distinguere tra queste due patologie.
Il responsabile principale della malattia infettiva che comunemente chiamiamo “raffreddore” è un virus di tipo Rhinovirus che si insedia nelle nostre mucose nasali (Fig.1).
L’ Autunno e l’ Inverno sono il periodo migliore per la loro proliferazione perché i Rhinovirus hanno la peculiarità di replicarsi meglio nelle cellule che infettano quando la temperatura scende intorno ai 34 gradi Celsius, che corrisponde alla temperatura media che si stabilisce proprio all’interno della nostra cavità nasale quando siamo esposti al freddo.
Per contrastarne la proliferazione, il nostro corpo reagisce attivando un processo infiammatorio (detto:”Rinite”) localizzato soprattutto nelle prime vie aeree, responsabile dei fastidiosi sintomi del raffreddore tra i quali il più comune è la tipica congestione nasale caratterizzata da naso chiuso e starnuti, spesso accompagnata a mal di gola, mal di testa, tosse con muchi ed a volte febbre inferiore ai 38 gradi Celsius.
I sintomi della patologia da raffreddamento compaiono nell’arco di 2 giorni dopo il contagio.
Come si è appena detto, la temperatura gioca un ruolo importante nella patogenesi del raffreddore: il passaggio brusco da un ambiente caldo a uno freddo (come capita spesso in inverno) altera infatti il meccanismo di termoregolazione, ovverosia la capacità del nostro organismo di mantenere la temperatura corporea costantemente attorno ai 37 gradi Celsius. Questi repentini sbalzi termici non consentono al nostro corpo di adattarsi subito alle diverse condizioni (il corpo avrebbe infatti bisogno di più tempo), e ciò provoca soprattutto nelle persone più deboli dal punto di vista del sistema immunitario (bambini, anziani e soggetti affetti da severe patologie croniche) le malattie a carico dell’apparato respiratorio.
E’ credenza diffusa (ma infondata) che il freddo e l’umidità aumentino il rischio di contagio del raffreddore comune. Al contrario, sono gli ambienti molto secchi che possono predisporre alla malattia, in quanto riducono la mucocinesi, processo fisiologico deputato all’espulsione degli agenti patogeni dal nostro organismo.
Ecco perchè umidificare l’ambiente può aiutare a ridurre il rischio d’infezione.
La concentrazione di persone in luoghi chiusi, che sia la metropolitana, il supermercato o il proprio luogo di lavoro, anche solo lo starnuto di una persona infetta, può essere sufficiente per essere contagiati. E in inverno, ovviamente, si prediligono i luoghi al chiuso.
Secondo alcune statistiche, ogni 5 minuti portiamo almeno 3 volte le mani al viso ed in un’ora ci tocchiamo il naso circa 5 volte. Le mani sono pertanto il veicolo di trasmissione principale del virus del raffreddore, più delle gocce sospese nell’aria prodotte dagli starnuti di un soggetto infetto: lavarsi spesso le mani dopo essere stati in ambienti chiusi o dopo essere stati in presenza di una persona infetta è pertanto indispensabile per prevenire il rischio di contagio (riguardo all’importanza di questo semplice gesto, si veda anche: http://www.microbiologiaitalia.it/2016/07/07/perche-e-importante-lavarsi-le-mani/ ).
Oltre che usare il fazzoletto e portarsi una mano alla bocca quando si tossisce; principi validi sia dal punto di vista sanitario preventivo che ovviamente della buona educazione…
Si è detto che i Rhinovirus sono i maggiori responsabili del raffreddore autunnale: ciò è vero, ma occorrerebbe fare un’ulteriore, importante precisazione.
In realtà i potenziali responsabili di una generica patologia da raffreddamento infatti sono oltre 200 virus respiratori, i più frequenti tra i quali sono:
Rhinovirus: hanno un’incubazione che varia tra le 24 e le 48 ore e una durata compresa tra i 4 e i 9 giorni.Coronavirus: virus attivi dall’autunno all’inizio della primavera e responsabili del 10% dei raffreddori.Virus parainfluenzali: principali responsabili del raffreddore comune negli adulti. Nei bambini possono provocare infezioni più gravi alle basse vie respiratorie (bronchite e bronchiolite).
Adenovirus : attivi dall’autunno all’inizio della primavera, colpiscono i bambini più piccoli e sono causa di faringiti e tonsilliti. La resistenza al pH acido gastrico di questi virus li rende pericolosi anche a livello intestinale, dove possono causare infezioni enteriche.
Parliamo ora d’ influenza invece (Fig.2).
La sindrome influenzale è causata da una famiglia di virus differenti rispetto a quelli del raffreddore: gli Orthomyxovirus.
Tra i principali ceppi di questo virus che causano l’influenza se ne possono ricordare i seguenti:
Virus Influenza A – Sono i virus che, nell’uomo, causano le forme morbose più virulente. Infettano anche alcune specie di uccelli ed altri mammiferi.Virus Influenza B – Meno comune dell’influenza A. Possono contrarlo anche i pinnipedi.Virus Influenza C – Infetta l’uomo e i suini. E’ in grado di generare epidemie, ma è statisticamente piuttosto raro.Seppure sotto questi appellativi siano poco conosciute, le mutazioni di questi virus (principalmente del Virus Influenza A) sono le responsabili dei contagi e dei picchi influenzali (generalmente tra dicembre e febbraio) che ogni anno colpiscono la popolazione mondiale (pandemie). Per distinguere i ceppi influenzali, gli scienziati, con l’eco dei media, danno loro nomi che possono essere facilmente ricordati (molti di questi nomi li conosciamo alla luce di recenti fatti di cronaca: ad esempio influenza Asiatica, Spagnola, Hong Kong, Suina, etc…)I sintomi tipici dell’influenza sono noti a tutti e comprendono:-Mal di testa
-Malessere generalizzato, anche per lungo tempo (circa 2 settimane), che si manifesta come sensazione di spossatezza ed affaticamento
-Tosse secca, senza muco
-Brividi intensi (presenti nel 60‰ dei casi)
-Forti dolori muscolari e articolari
-Febbre generalmente superiore ai 38° C che necessita l’uso di paracetamolo (Tachipirina)
In questo caso, i sintomi si presentano già appena 3-6 ore dopo il contagio e l’ esordio della malattia tende ad essere improvviso.
Il virus si diffonde attraverso le goccioline di saliva sospese nell’aria che vengono emesse con starnuti o colpi di tosse da una persona già colpita, oppure semplicemente toccando con le mani superfici od oggetti contaminati da individui ammalati.
Il virus penetra abitualmente attraverso il naso o la bocca e si moltiplica velocemente nelle vie respiratorie. Al momento del contagio non si accusa alcun malessere, ma intanto il virus comincia già a moltiplicarsi. Data la maggior virulenza degli Orthomyxovirus, la patologia influenzale tende a diffondersi rapidamente tra le persone ed a creare episodi specifici su larga scala: le epidemie influenzali appunto.In una comunità o in una regione l’andamento di un episodio di epidemia influenzale, dopo un esordio improvviso, raggiunge la fase acuta nel volgere di 3 settimane e tende quindi a spegnersi in breve tempo (6-10 settimane). Epidemie causate dal virus dell’influenza soprattutto di tipo A possono manifestarsi periodicamente in corsie d’ospedale o in altri gruppi di popolazioni chiuse (quali anziani che vivono in comunità di lungodegenza).
In queste situazioni le caratteristiche epidemiologiche della malattia (breve periodo di incubazione, trasmissione per via aerea) possono dare origine ad epidemie con carattere esplosivo, ma di durata relativamente breve (1-3 settimane). Durante queste epidemie sono abbastanza frequenti infezioni secondarie tra il personale ospedaliero (con tassi d’attacco del 20-50 per cento). A sua volta il personale ospedaliero può dare inizio all’epidemia trasmettendo l’infezione ai pazienti suscettibili.L’influenza, diversamente dal raffreddore, può sviluppare complicazioni a carico di diversi distretti corporei che possono portare ad altre patologie anche molto gravi; da ciò deriva l’estrema cautela con cui essa è affrontata e le continue raccomandazioni di vaccinazione, specie per le persone (o le categorie professionali) più a rischio di essere esposte al contagio.Le complicazioni più comuni dell’influenza si verificano quando l’infezione anziché restare limitata alle prime vie respiratorie, si propaga ai bronchi e ai polmoni: si può incorrere in tal caso nella bronchite oppure nella polmonite. Particolarmente temibile, per gli anziani e per le persone che soffrono cronicamente di malattie respiratorie o cardiache, è proprio quest’ultima: la sua comparsa fa salire i tassi di ricovero di 3-5 volte tra gli adulti con patologie ad alto rischio. All’influenza sono associate due manifestazioni di polmonite: la polmonite virale primaria e la polmonite secondaria; tuttavia talora le due condizioni possono anche coesistere.
La forma più grave, comunque estremamente rara, è però la cosiddetta “polmonite fulminante”: alla fine della fase acuta dell’influenza, invece di migliorare, lo stato di salute dell’ammalato riprende a peggiorare rapidamente e la morte può sopraggiungere anche in brevissimo tempo.Si è visto inoltre che le epidemie di influenza possono far aumentare il rischio di meningite (infiammazione delle meningi che avvolgono il sistema nervoso centrale: cervello e midollo spinale), come conseguenza di un danno indotto dal virus a carico della mucosa rinofaringea o di una condizione transitoria d’ immunodepressione; si manifesta entro 2 settimane dall’influenza.Altre complicazioni neurologiche da virus dell’influenza possono essere le convulsioni, in presenza di febbre molto alta e diffuse soprattutto tra i bambini; l’ encefalite (infiammazione che colpisce la parte del sistema nervoso centrale che occupa la cavità cranica); la sindrome di Reye, caratterizzata da encefalite con presenza di edema cerebrale, epatite e ipoglicemia (diminuzione degli zuccheri nel sangue). Quest’ultima si verifica più spesso nei bambini che hanno assunto acido acetilsalicilico (aspirina). È stata spesso associata a epidemie di influenza da virus di tipo B. Una sindrome da shock tossico può inoltre verificarsi entro una settimana dall’esordio dell’influenza; essa deriva da infezioni a carico dell’apparato respiratorio cui si aggiungono batteri quali Staphylococcus aureus o, più raramente, streptococchi di gruppo A. Un’altra complicanza dell’influenza, poco frequente, può essere inoltre la miocardite (infiammazione del tessuto miocardico). Un aumento della sua incidenza si verifica di solito dopo pandemie da virus dell’influenza A.
Negli anziani e nelle persone con problemi di salute essa però può portare a gravi complicazioni e recidive: si stima che in Italia ogni anno vi siano circa 5 mila decessi legati a complicanze influenzali.La gravidanza può aumentare il rischio di complicazioni influenzali e le donne incinte sono più a rischio di ospedalizzazione che le donne non gravide della stessa età. In particolare è necessario tenere sotto controllo la temperatura corporea che, se risulta troppo elevata, può determinare delle conseguenze tali da pregiudicare la gravidanza. Un forte rialzo della temperatura, superiore a 38-38,2 gradi Celsius, sebbene non determini nella mamma in attesa dei rischi maggiori rispetto alle donne non incinte, può tuttavia costituire un problema per il feto. La febbre alta, infatti, mette in moto le difese dell’organismo e può anche comportare la comparsa di contrazioni dell’utero che possono determinare a loro volta un parto prematuro.I farmaci più utilizzati contro l’influenza, come detto, sono sovente gli stessi utilizzati in caso di raffreddore e comprendono antipiretici, antinfiammatori ed antidolorifici: sono detti “sintomatici”, perchè portano un certo sollievo ai sintomi, ma non vanno usati per periodi troppo lunghi e senza controllo medico perché potrebbero avere gravi effetti collaterali (Fig.3)
Essendo entrambe le patologie prese in esame causate da virus, la terapia con antibiotico (che è un farmaco diretto invece contro un microrganismo, vale la pena ricordarlo!) è ovviamente inutile.
Tuttavia, è prassi comune presso il medico di famiglia la prescrizione antibiotica, cosa che spesso genera confusione nel paziente medio: l’antibiotico serve per impedire o contrastare eventuali infezioni concomitanti da microrganismo che, causa le difese immunitarie compromesse per via dell’infezione virale in corso, possono svilupparsi come patologie secondarie all’influenza…. e solo per questo vengono prescritti.
Il ricorso alla terapia antibiotica in corso di influenza tuttavia non deve essere indiscriminato ma richiede da parte del medico una valutazione ragionata di diverse variabili quali l’età del paziente, la presenza di concomitanti malattie che espongono appunto ad un rischio di complicazioni batteriche e soprattutto una attenta valutazione del quadro clinico. Gli antibiotici potranno perciò esser prescritti quando si sospetta una complicazione batterica (non ci stancheremo mai di ripeterlo…!), segnalata dalla persistenza e dalla gravità dei sintomi: ad esempio, una temperatura corporea elevata oltre 3-5 giorni, la comparsa o l’aumento di espettorazione con aspetto purulento, difficoltà a respirare, etc…
La migliore prevenzione dell’influenza è tuttavia sicuramente (e tutt’ora!) rappresentata dal vaccino (Fig.4).

Una sola dose di vaccino antinfluenzale è sufficiente per i soggetti di tutte le età, con esclusione dell’età infantile. Infatti, per i bambini al di sotto dei 9 anni di età, mai vaccinati in precedenza, si raccomandano due dosi di vaccino antinfluenzale stagionale, da somministrare a distanza di almeno quattro settimane. Il vaccino antinfluenzale va somministrato per via intramuscolare.
I vaccini autorizzati per l’uso nell’uomo sono prodotti biologici sicuri poiché sono sottoposti ad una serie di controlli accurati che vengono effettuati sia durante la produzione e prima della loro immissione in commercio, sia dopo la loro commercializzazione. I controlli effettuati prima dell’ immissione in commercio vengono attuati allo scopo di verificare gli standard previsti dalle autorità internazionali.
Il vaccino antinfluenzale è offerto gratuitamente agli anziani che hanno raggiunto i 65 anni d’età, ai malati cronici, ai familiari di soggetti fragili o immunodepressi. Da quest’anno sarà gratuito anche per i donatori di sangue. Come riferisce il Ministero della Salute, ogni Regione e Provincia Autonoma stabilisce le strutture deputate alla vaccinazione.
Il periodo destinato alla conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale è, per la nostra situazione climatica e per l’andamento temporale mostrato dalle epidemie influenzali in Italia, quello autunnale, a partire dalla metà di ottobre fino a fine dicembre, fatte salve specifiche indicazioni, che saranno fornite se particolari eventi legati ai vaccini e/o l’andamento epidemiologico stagionale dell’influenza lo richiederanno.
Ringraziamenti
L’autore dell’articolo ringrazia sentitamente Ilario Sepe, gestore della pagina Facebook “Chimica farmaceutica in pillole” ( https://www.facebook.com/ChimicaFarmaceutica/ ) per il materiale messo a disposizione per la redazione di questo prontuario e per la sua disponibilità ed invita inoltre tutti i lettori a visitare tale pagina, molto esaustiva e ricca nei contenuti, per ulteriori approfondimenti; su raffreddore ed influenza si vede in modo particolare il seguente post:
https://www.facebook.com/ChimicaFarmaceutica/posts/2098352076863251?__tn__=K-R )
Sitografia di approfondimento
Sul raffreddore si possono trovare ulteriori informazioni in questo articolo:
http://www.microbiologiaitalia.it/2016/10/24/arriva-il-raffreddore/
Sulla vaccinazione influenzale e sulla possibilità di richiedere il vaccino:
Sull’efficacia della disinfezione delle mani attraverso detergenti in particolare alcoolici:
http://www.microbiologiaitalia.it/2018/09/18/alcool-tolleranza-una-nuova-minaccia-negli-ospedali/
Crediti alle immagini
Per l’immagine in evidenza:
https://www.sitoufficiale.net/guarire-raffreddore-velocemente/
Per l’immagine del Rhinovirus:
https://www.istockphoto.com/it/foto/rhinovirus-isolated-on-white-background-gm623281938-109257003
Per l’immagine dell’ Orthomyxovirus:
https://slideplayer.it/slide/8868136/
Per l’immagine dei farmaci:
https://ru.depositphotos.com/103708754/stock-photo-3d-white-people-with-a.html
Per l’immagine della vaccinazione:
http://www.ravennatoday.it/salute/obbligo-vaccini-scuole-espulsi-cosa-succede.html