Nella guerra corpo a corpo contro virus e batteri spesso il vero ostacolo non è trovare una cura ma il tempo che intercorre tra la scoperta e la commercializzazione della cura stessa. Il processo farmacologico classico può essere così lungo e travagliato da durare fino a 10-15 anni tra sperimentazione animale e vari trials clinici, e solo all’ultimo step troviamo l’uomo, il vero destinatario.
Una vera e propria odissea, volta a tutelare la salute e la dignità dell’uomo, che però non è sempre possibile: quando ci si trova a dover affrontare epidemie dilaganti, tempistiche così lunghe risulterebbero assolutamente inutili e addirittura dannose.
Oggi come allora si cercano quindi delle scorciatoie che permettano di trovare una cura in un ragionevole lasso di tempo, spesso l’unica possibile alternativa è partire ad infettare proprio l’uomo. Si parla di medici, ricercatori, scienziati che provarono e provano su di sé o su terzi, bambini addirittura, vaccini mai sperimentati prima, uomini coraggiosi e forse anche un po’ incoscienti protagonisti delle più grandi vittorie nella lotta alle epidemie.
Partiamo facendo un salto indietro nel tempo per incontrare l’aprifila di questi grandi personaggi, Edward Jenner, un medico inglese nato a metà del 1700, primo non solo per motivazioni storico-cronologiche ma anche per la grandezza del nemico sconfitto: il vaiolo.
Il vaiolo è una malattia causata dall’Orthopoxvirus o Variola virus che provoca febbre, nausea e dolori diffusi nei primi giorni che in 2-4 giorni si trasformano in lesioni (a partire dagli occhi), che evolvono poi in vescicole e pustole e quindi progrediscono in cicatrici. L’incidenza di mortalità per la forma acuta del vaiolo a quell’epoca era altissima, soprattutto nei bambini al di sotto dei 5 anni, categoria in cui raggiungeva l’80-90%. Nonostante le persone già venute in contatto con il virus non contraessero più la malattia, chi sopravviveva rimaneva sfigurato e spesso cieco, a causa dell’infezione corneale da vaiolo.
Ai tempi di Jenner c’erano già dei timidi tentativi di vaccinazione contro il vaiolo che consistevano nell’infettarsi con la forma lieve (a bassa mortalità), contrarre la malattia e rendersi quindi immuni alla forma acuta (ad alta mortalità). Queste pratiche però erano pericolose sia per la salute del paziente che per chiunque gli stesse vicino, dal momento che fino alla guarigione, o alla morte, il soggetto rappresentava un veicolo di infezione.
Verso la fine del 1700 Edward Jenner iniziò una serie di esperimenti che si rivelarono di fondamentale importanza. Nelle aeree rurali era già conosciuta una forma di vaiolo bovino, Jenner estrasse il siero da queste pustole e lo inoculò, attraverso due incisioni, nel braccio del figlio di 8 anni del suo giardiniere, James. Settimane più tardi Jenner infettò ripetutamente il bambino con il virus del vaiolo umano, senza che questo contraesse mai la malattia.
Lo scienziato ripeté questo esperimento su altri soggetti, ottenendo sempre lo stesso risultato, arrivando a descrivere ben 13 casi di soggetti immunizzati con il vaiolo bovino in un articolo pubblicato nel 1796 a sue spese “An Inquiry into the Causes and Effects of the Variolae Vaccinae, a Disease Known by the Name of Cow Pox” (Indagine sulle cause e gli effetti del Variolae Vaccinae, malattia meglio conosciuta come vaiolo bovino). Egli battezzò questo metodo vaccinazione perché il siero originario era di origine vaccina.
Il coronamento degli sforzi di Jenner arrivò alla fine del 1970, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) decretò che il vaiolo era stato debellato in tutto il mondo; per il suo lavoro Edward Jenner è considerato il padre dell’immunizzazione.
Ci rivediamo mercoledì prossimo, con il secondo protagonista!
Fonti: Edward Jenner e il vaccino del vaiolo a cura di Monica Morgante dell’Università dell’Aquila. Il virus del vaiolo voce “Edward Jenner” da Wikipedia.it (http://it.wikipedia.org).