Cos’è l’immunità di gregge
Il termine “immunità di gregge” fu coniato nel 1923. Con esso ci si riferì al fatto che, quando in una popolazione di bambini americani un numero sufficiente di loro era stato infettato e aveva sviluppato immunità, la percentuale di infezioni calava anche tra i bambini ancora suscettibili, di essere contagiati.
Ciò avveniva perché la probabilità di un soggetto infetto di incontrare un bambino suscettibile di esserlo era sufficientemente bassa da fare sparire temporaneamente (o decrescere consistentemente) il numero di nuove infezioni. Con lo svilupparsi dell’epidemiologia quantitativa, questo concetto ha trovato da tempo una sua definizione precisa: si tratta di quella frazione di una popolazione che deve essere immune a un certo virus, perché il numero medio di individui infettati da ciascun soggetto infetto sia inferiore a 1.
Limiti importanti
Vi sono alcuni limiti importanti nell’applicazione di questo concetto: innanzitutto, la popolazione deve essere omogenea dal punto di vista della probabilità di ciascun individuo di entrare in contatto con altri (random mixing). Ne deriva che il numero di individui suscettibili con cui ciascun soggetto infetto viene a contatto è costante. Già questa è un’ipotesi che si può verificare in comunità non troppo grandi, ma che nella realtà è difficile si realizzi in un’intera nazione: si troveranno sempre “sacche” di individui suscettibili, fino a quel momento separate dal resto della popolazione, entro cui il virus potrà propagarsi molto di più che nel resto della popolazione, contribuendo a temporanei focolai.
Inoltre, l’idea di “immunità di gregge” si applica a una singola popolazione isolata; se una popolazione ha raggiunto la fatidica soglia, ma dall’esterno (altri paesi, per esempio) continuano ad arrivare soggetti infetti, il virus non si estinguerà mai, e soprattutto prima o poi anche i pochi soggetti suscettibili rimasti incontreranno un soggetto infetto, cosicché il numero di soggetti che dovranno essere infettati perché il virus si estingua nella popolazione in studio sarà quasi uguale a quello dell’intera popolazione.
A parte queste limitazioni pratiche, è importante notare che la soglia di immuni da raggiungere non cambia, anche ammesso di fare infettare poco per volta una popolazione; questo significa che il totale di morti, malati gravi e danni non cambierà affatto, se non per quella quota dovuta alla saturazione del sistema sanitario; e tuttavia, immaginare come fare infettare “lentamente” la popolazione è quantomeno problematico, visto il comportamento di un virus che cresce esponenzialmente e quindi tende rapidamente ad andare fuori controllo, se gli si concede spazio.
L’immunità di gregge per il Sars-CoV-2
Infine, va sottolineato che pure l’idea di agire per “compartimenti di età” non può funzionare con il Sars-CoV-2 per raggiungere l’immunità di gregge.
L’idea cioè di far infettare tutti i giovani, contando sulle minori conseguenze che per essi ha l’infezione, segregando al contempo gli anziani, oltre alle evidenti aberrazioni etiche che comporta ha un punto debole fondamentale. In paesi come l’Italia, le persone che hanno oltre 60 anni sono circa il 30 per cento della popolazione, cui vanno aggiunte le persone fragili su tutte le fasce di età (diabetici in primis); questo significa che, a meno che non si vogliano tenere segregati a vita gli ultrasessantenni, ben prima di raggiungere la fatidica soglia dell’immunità di gregge si avrebbe un forte eccesso di mortalità e, prima che il virus sparisca, si avrebbero ulteriori morti tra i suscettibili (overshooting effect): la soglia di immunità di gregge garantisce solo che meno di un soggetto, in media, sia contagiato da un infetto, non che nessuno sia contagiato.
L’immunità di gregge: piccolo esempio storico
La dimostrazione concreta di che significhi lasciare fare a un virus, e di come l’immunità di gregge per via “naturale” non sia un obiettivo perseguibile ce la dà il vaiolo: 3.000 anni fa, questo virus già infettava gli antichi egizi, e fino a che la soglia di immunità non è stata raggiunta grazie ai vaccini, esso non ha né migliorato la clinica né mollato la presa sulla popolazione umana.
Così come non è possibile contare su virus buoni, così non si può contare su equilibri buoni; tocca difenderci, altro che lasciarsi infettare.
Si ringrazia Pop Medicine per l’articolo “L’immunità di gregge NON è la soluzione”
bell’esempio, il vaiolo… patogeni totalmente diversi con diversa contagiosità e patogenicità