Influenzavirus B

Influenzavirus B è un virus appartenente alla famiglia delle Orthomyxoviridae. Le Orthomyxoviridae sono una famiglia di virus molto comuni, caratterizzati da molecole di RNA a singolo filamento con carica negativa (ssRNA-) ed involucro pericapsidico. Essi comprendono cinque generi virali:

  • Influenzavirus A, B e C;
  • Isavirus;
  • Thogotovirus.

I serbatoi principali per i virus di tipo A e C sono l’uomo e alcuni animali, tra cui volatili e suini; il serbatoio per i virus di tipo B è l’uomo e solo in rari casi sono stati riscontrati nei focidi.

Caratteristiche

Influenzavirus B muta ad un tasso da 2 a 3 volte inferiore rispetto al tipo A e, quindi, ha una diversità genetica inferiore, con solo un sierotipo. Come risultato di questa scarsa diversità antigenica, normalmente si acquisisce un certo grado di immunità a questo tipo di influenza. Tuttavia il virus muta in modo tale da impedire un’immunità permanente. Il ridotto tasso di cambiamento negli antigeni, combinato con la scarsa gamma di ospiti (che impedisce lo spostamento antigenico), ne previene la formazione di pandemie.

Attualmente sono noti due lignaggi co-circolanti di tale virus: B / Yamagata / 16/88-like e B / Victoria / 2 virus / 87-like. Il vaccino quadrivalente influenzale è progettato per proteggere da entrambi i lignaggi e ha dimostrato di avere una maggiore efficacia nella prevenzione rispetto al vaccino trivalente.

Filogenesi

DominioAcytota
Gruppo V a ssRNA-
FamigliaOrthomyxoviridae
GenereBetainfluenzavirus
SpecieInfluenzavirus B

Morfologia strutturale

Struttura di un virus influenzale
Figura 1 – Struttura di un virus influenzale

Gli Influenzavirus sono dotati di un pericapside (strato esterno al capside che ricopre determinate tipologie virali) che protegge il virus e gli consente l’entrata e l’uscita dalla cellula. Il pericapside presenta due peplomeri, formati da glicoproteine virus-specifiche, in cui sono localizzate la proprietà emoagglutinante (H) e fusogena e quella neuraminidasica (N). Queste glicoproteine specifiche consentono un’ulteriore classificazione di questo virus, poiché la componente di queste ultime è molto variabile e consente l’individuazione di diversi sottotipi.

Il capside del virus possiede una simmetria elicoidale, costituito da una spirale nucleoproteica sinistrorsa. Tali proteine sono legate alla RNA polimerasi e costituiscono il sostegno strutturale del capside.

Il genoma dell’influenzavirus B ha una lunghezza di 14.548 nucleotidi ed è costituito da otto segmenti di ssRNA-.

Patogenesi

Ciclo infettivo virus dell'influenza
Figura 2 – Ciclo infettivo virus dell’influenza

L’attività patogena di tale virus deriva in gran parte dalle due glicoproteine presenti nel pericapside. Infatti, l’infezione inizia a partire dall’interazione tra l’emoagglutinina e l’acido sialico sulla superficie delle cellule delle mucose respiratorie, ma nel caso dell’uomo specialmente sulle cellule ciliate e nelle vie respiratorie profonde. Si verifica dunque un’endocitosi. Successivamente, la molecola di emoagglutinina, contenente un peptide “fusogeno”, media la fusione tra il pericapside virale e la membrana endosomica.

Nei casi dei virus di tipo B e C, tali infezioni restano circoscritte e hanno conseguenze piuttosto blande sull’uomo, mentre il tipo A spesso colonizza diversi tessuti e porta il tasso di mortalità a numeri molto elevati.

Trasmissione e decorso

La trasmissione avviene per via aerea (goccioline di flugge) o mediante contatto con secrezioni nasofaringee. Il periodo di contagiosità inizia un giorno prima della comparsa dei sintomi e termina circa una settimana dopo; bambini e persone immunodepresse possono essere contagiose per un periodo più lungo.

L’influenza investe il parenchima polmonare dando luogo ad un raffreddore a cui segue una polmonite, tutto sommato gestibile sul piano farmacologico. Tuttavia nella popolazione anziana o in soggetti debilitati può generare complicanze se unita ad altre infezioni.

Diagnosi

La diagnosi si fa tramite l’isolamento virale e la tipizzazione in base a H e N (operata solo sugli individui dei primi focolai epidemici, sugli altri soggetti in cui è avvenuto il contagio è su base sintomatologica). La classificazione si fa in base al tipo di glicoproteine presenti sull’involucro pericapsidico.

L’infezione può essere confermata cercando il virus nelle secrezioni della gola, del naso, delle vie aeree più basse (espettorato) e nella saliva. Il test più accurato è la ricerca dell’RNA virale con PCR (polymerase chain reaction).

Prevenzione

La malattia deve essere notificata affinché si producano le giuste quantità di vaccino inattivato con B-propiolattone. Il vaccino è preparato in base al sierotipo caratteristico ed è consigliato ai soggetti a rischio (anziani, malati, immunodepressi); in particolare il vaccino preparato per un anno può non essere utile nell’anno successivo, dal momento che il virus evolve rapidamente.

Ai soggetti malati è consigliato di non frequentare luoghi chiusi e affollati come le scuole. Il frequente lavaggio delle mani riduce il rischio di infezione poiché il virus è inattivato dal sapone. È anche utile indossare una mascherina chirurgica. Inoltre alcuni studi hanno suggerito che la somministrazione di olio di fegato di merluzzo, che contiene grandi quantità di vitamina D, può ridurre l’incidenza di infezione del tratto respiratorio.

Diffusione

La diffusione è mondiale con infezioni a decorso epidemico e pandemico: sono gravi e frequenti quelle di tipo A.

Nel sud e nel nord del mondo l’epidemia si presenta soprattutto in inverno mentre nelle aree intorno all’equatore le epidemie si diffondono in qualsiasi parte dell’anno. Non è totalmente chiaro il motivo dell’insorgenza stagionale di focolai influenzali, invece di un’insorgenza uniforme durante tutto l’anno. Una possibile spiegazione è che il virus potrebbe sopravvivere più a lungo su superfici esposte a temperature più basse.

In alternativa è stato ipotizzato che le infezioni stagionali di influenza sono un effetto dei livelli di vitamina D sull’immunità al virus. Quest’idea venne proposta per la prima volta nel 1965 da Robert Edgar Hope-Simpson. Questo potrebbe spiegare il motivo dell’insorgenza del virus in inverno e durante la stagione delle piogge, quando le persone passano il tempo principalmente in casa, e il loro livello di vitamina D cala.

Fonti

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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