Caratteristiche degli Adenovirus
La famiglia degli adenovirus (Adenoviridae) è stata identificata come agente patologico dell’uomo nel 1953, quando furono isolati per la prima volta da un lembo di tessuto adenoideo umano. Comprende circa 100 diversi sierotipi, di cui 57 in grado di attaccare l’uomo (human adenoviruses – HAdVs).
Sono virus nudi a DNA (dsDNA) ampiamente diffusi nell’intera popolazione mondiale. Questi virus possono essere trasmessi dall’aerosol o possono essere trovati nei bacini idrici. Tuttavia, nonostante la loro abbondanza, meno del 5% di tutti i comuni casi di raffreddore sono il risultato dell’infezione adenovirale. Le particelle adenovirali, non sono molto più piccole delle particelle di HIV o influenza, quindi sono relativamente grandi tra i virus senza involucro.
Le manifestazioni cliniche di infezione sono varie e dipendono dal sierotipo con cui si viene a contatto, ciascuno dei quali si va a localizzare in uno specifico distretto dell’organismo. Sono quindi in grado di causare numerosi disturbi di varia natura e un individuo che entra in contatto con uno specifico sierotipo rimane comunque successivamente soggetto ad infezioni provocate da altri virus della stessa famiglia. Nella maggior parte dei casi i sintomi sono quelli tipici delle malattie da raffreddamento.
Filogenesi
Dominio | Varidnaviria |
Gruppo | Classe I (dsDNA) |
Classe | Tectiliviricetes |
Ordine | Rowavirales |
Famiglia | Adenoviridae |
Generi | Atedenovirus, Aviadenovirus, Ichtadenovirus, Mastadenovirus, Siadenovirus |
Morfologia strutturale degli Adenovirus
Gli adenovirus sono virus a DNA (dsDNA). Rientrano nella categoria dei virus privi di involucro lipidico, quindi noti come “virus nudi”. Questi virus, hanno una classica simmetria icosaedrica e hanno i capsomeri (unità strutturale del capside) dati da esameri e pentameri che occupano i vertici dell’icosaedro. Il genoma adenovirale è composto da DNA lineare a doppio filamento di circa 35000 bp di lunghezza, sebbene altamente variabile. Il guscio esterno dell’adenovirus è composto da 7 tipi di proteine: alcune forniscono stabilità strutturale, altre costituiscono i vertici del capside. Un altro sottoinsieme di cinque proteine è coinvolto nel “confezionamento” del genoma. Tutte sono distinte da delle sigle come ad esempio E1A, E1B, E2, E3, E4, VA RNAs. All’apice di ogni vertice è possibile osservare la fibra che è tossica e media l’ingresso del virus per endocitosi.

Patogenesi
Gli adenovirus sono capaci di diffondere in vario modo: tramite aerosol, per via oro-fecale o per stretto contatto. Stabiliscono infezioni nelle cellule mucoepiteliali del tratto respiratorio (sopratutto a livello faringeo), gastrointestinale e della congiuntiva. Inoltre, questi virus sono capaci di persistere a livello dei tessuti linfoidi come tonsille ed adenoidi, infatti il loro nome deriva proprio da questa caratteristica.
L’adenovirus entra nelle cellule attraverso l’endocitosi mediata dalla clatrina, successivamente avviene il disimballaggio parziale nel citoplasma e le restanti strutture del capside portano il genoma al nucleo. Una volta arrivati al nucleo, i geni precoci di adenovirus (unità trascrizionali) alterano la progressione del normale ciclo cellulare della cellula ospite, favorendo la replicazione del DNA virale che avviene a velocità molto elevata e ha effetto finale litico. Una caratteristica importante di questi virus è la loro capacità di bloccare alcuni meccanismi di difesa attuati dalla cellula bersaglio d’infezione: in particolare, interferiscono con la risposta degli interferoni impedendo alla cellula di innescare apoptosi.
Ad oggi, un’importante applicazione di questi virus è nel campo della terapia genica. Infatti, gli adenovirus come vettori virali sono straordinariamente diffusi perché i geni necessari per la replicazione virale possono essere facilmente sostituiti da DNA esogeno di interesse e le particelle adenovirali possono essere utilizzate per il suo rilascio. In particolare, la procedura più semplice prevede che venga eliminata la regione del DNA adenovirale che innesca la trascrizione della maggior parte delle proteine virali (gene E1A), eliminando così la capacità del virus di replicare e infettare nuove cellule pur mantenendo la sua capacità di esprimere il transgene.

Metodi di identificazione
La diagnosi di laboratorio d’infezione adenovirale può essere eseguita con vari approcci che dipendono, fondamentalmente, dalla fase d’infezione. Ad esempio, il test PCR (reazione a catena della polimerasi) può rilevare il DNA dell’adenovirus nelle secrezioni respiratorie e nel sangue ed è utile quando i pazienti presentano una malattia grave, come i rari casi di polmonite primaria adenovirale in soggetti quali i neonati, i militari di leva e i soggetti immunocompromessi.
L’infezione data da adenovirus può essere identificata anche grazie alla rilevazione del titolo anticorpale sierico (grazie al saggio ELISA): si osserva, infatti, un aumento di 4 volte del titolo anticorpale che è indicativo di un’infezione recente.
Infine, l’isolamento virale tramite colture cellulari viene considerato il “GOLD STANDARD” tra le metodiche utilizzate in diagnosi virologica. Quest’ultimo metodo di identificazione è particolarmente utile quando il virus si trova in fase acuta d’infezione: in questo modo è possibile tipizzare e conservare il virus, ottenendo risultati migliori rispetto le tecniche di biologia molecolare nella rilevazione del grado di infettività.
Terapia e prevenzione
Le malattie maggiormente diffuse provocate dagli adenovirus (in ordine decrescente di frequenza) sono: le faringiti, le affezioni respiratorie, le congiuntiviti, le gastroenteriti, le polmoniti e le cistiti emorragiche. Bisogna comunque ricordare che il tipico veicolo usato dagli adenovirus per diffondere è l’aerosol quindi, la maggior parte dei pazienti, presenta sintomi simili ad un raffreddore.
Non esiste, ad oggi, una terapia specifica per infezioni da adenovirus: sono disponibili vaccini ma è una formulazione che è stata messa a punto non per uso civile, ed è quindi utilizzata dal personale militare. La terapia realmente utilizzata è sintomatica e di sostegno: si cerca di alleviare il fastidio dei singoli sintomi (ad esempio con antipiretici per abbassare la febbre, come la Tachipirina), ma in assenza di complicanze il riposo è sufficiente per permettere all’organismo di contrastare ed eradicare l’infezione. La prevenzione è quindi più che altro comportamentale, attraverso accorgimenti igienici quotidiani.
Un esempio di infezione grave da adenovirus è il caso della cheratocongiuntivite epidemica: è frequentemente bilaterale e possono manifestarsi chemosi, dolore e lesioni corneali puntiformi, visibili mediante colorazione con fluoresceina. Di solito si risolve entro 3-4 settimane, nonostante le lesioni corneali possano persistere molto più a lungo.

Fonti
- https://www.microbiologiaitalia.it/virologia/tecnica-colturale-per-lisolamento-di-un-particolare-virus-ambientale-ladenovirus/
- Mäkelä MJ et al. Viruses and Bacterial in the Etiology of the Common Cold; 1998 Feb;36(2):539-42
- Dehghan S. et al., J Virol. 2011 Nov;85(21):11540-1. doi: 10.1128/JVI.06051-11
- https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/malattie-infettive/virus-respiratori/infezioni-da-adenovirus
- https://www.my-personaltrainer.it/benessere/adenovirus.html
- https://www.news-medical.net/health/What-is-an-Adenovirus-Infection-(Italian).aspx