La salvaguardia del suolo
La terra nutre l’uomo da 10’000 anni lavorandola empiricamente. Da cinquant’anni abbiamo iniziato a fare agricoltura fuori suolo, vale a dire eliminare il suolo dall’agricoltura senza averne penetrato la complessità vivente. Infatti, il suolo non può essere rinchiuso in un concetto inteso come supporto fisico-chimico, poiché è un ambiente vivo, in continua evoluzione, capace di interagire con gli esseri viventi che lo abitano. È costituito da componenti minerali, acqua, aria e sostanza organica, che comprende numerosi organismi viventi. È una risorsa biologica complessa e dinamica, che assolve molte funzioni vitali: produzione di cibo e di altre biomasse, stoccaggio, filtrazione e trasformazione di sostanze, tra cui l’acqua, il carbonio e l’azoto. Il suolo funge anche da habitat e pool genico, costituisce il fondamento per lo svolgimento delle attività umane, per la formazione del paesaggio e del patrimonio culturale nonché il luogo di estrazione delle materie prime.
Ma il pino non è legname più di quanto lo sia l’uomo, ed essere trasformato in assi e case non è il suo impiego autentico e più elevato, non più di quanto lo sia per l’uomo essere abbattuto e trasformato in letame. Un pino abbattuto, un pino morto, non è un pino più di quanto le spoglie di un defunto siano un uomo.
Walden ovvero vita nei boschi, Henry David Thoreau, 1847.
In Europa, buona parte delle terre emerse è utilizzata a fini agricoli. Pertanto, l’agricoltura svolge un ruolo importante nella gestione delle risorse naturali e dei paesaggi colturali ed è il prerequisito per lo svolgimento di altre attività umane nelle aree rurali. Nel corso dei secoli, l’agricoltura ha contribuito alla creazione e alla salvaguardia di una ricca varietà di paesaggi e habitat. L’agricoltura, tuttavia, può anche avere effetti negativi sull’ambiente.
Il suolo può subire una serie di processi degradativi, alcuni dei quali sono strettamente correlati all’agricoltura: erosione idrica, eolica e meccanica (lavorazione del terreno), compattazione, diminuzione del contenuto di carbonio organico e riduzione della biodiversità, salinizzazione e sodificazione, nonché contaminazione (da metalli pesanti, pesticidi o da un eccesso di nitrati e fosfati).
Ecosystem restauration
Attualmente le terre coltivate riguardano circa 1,6 miliardi di ettari per circa 7,4 miliardi di persone, vale a dire 2200 metri quadrati per abitante. Nel vecchio continente gli europei consumano 6000 metri quadrati per abitante (in Italia 380-500 m2 ), negli USA gli americani del nord ne consumano 8000 m2 per assicurarsi il loro fast food quotidiano. Se i ricchi del pianeta, cioè 800 milioni di abitanti consumano il doppio della superficie agricola pro capite, ne consegue che taluni esseri umani sono sottoalimentati, ed effettivamente 800-820 milioni di persone soffrono di sottoalimentazione. Ragion per cui è necessario definire una nuova concezione di agricoltura, l’agroecologia, una forma di agricoltura morale e capace di durare, due caratteristiche assenti nell’sistema agrario odierno. L’agricoltura intensiva distrugge 10 milioni di ettari di terra per salinizzazione ed erosione.
Il suolo fornisce una varietà di servizi indispensabili alla vita sulla Terra. Il calo globale della qualità del suolo è quindi una delle principali preoccupazioni. Una soluzione potrebbe trovarsi nelle mani di minuscoli organismi che possono dirigere l’Ecosystem restoration.
Il microbiota, il nome collettivo di tutti i tipi di microrganismi, potrebbe essere il “game changer” nel recupero del suolo.
La respirazione del suolo
La respirazione degli ecosistemi terrestri è il processo tramite il quale la CO2, fissata dalle piante con la fotosintesi torna in atmosfera.
La Soil respiration (RS), fatta di processi autotrofi (respirazione radicale) ed eterotrofi (decomposizione sostanza organica e carbonio del suolo), rappresenta la parte più rilevante della respirazione degli ecosistemi forestali. Il fatto che la foresta sia un assorbitore (Sink) o una emittente (Source) di CO2 atmosferica dipende dall’equilibrio tra due grandi flussi energetici, la Fotosintesi e la Respirazione. RS è un percorso primario attraverso il quale la CO2 fissata dalla fotosintesi ritorna nell’atmosfera. Una leggera fluttuazione nella respirazione del suolo può indurre un grande cambiamento nel ciclo globale del carbonio. Pertanto, la RS può avere un effetto significativo sul sink di CO2 degli ecosistemi forestali e sul futuro equilibrio della CO2 atmosferica.
Notevoli interessi sono stati concentrati sull’equilibrio e la deposizione di Carbonio nel suolo negli ecosistemi forestali, in particolare sulle variazioni stagionali dell’efflusso di CO2 dal suolo in diverse età dei popolazioni. È stato riportato che RS diminuisce con l’età delle piante nelle foreste temperate e aumenta con l’età delle popolazioni nelle foreste tropicali e subtropicali. La respirazione del suolo può differire poiché i fattori biotici e abiotici fluttuano tra le diverse età delle piante.
La respirazione del suolo è governata da diversi fattori, climatici e funzionali (temperatura, contenuto idrico del suolo, microrganismi) che stazionali (stadio evolutivo del bosco, disturbi).
I fattori del suolo (ad es. substrato, sostanza organica, struttura e pH) hanno effetti importanti sulla respirazione del suolo, mentre la temperatura del suolo insieme al contenuto idrico del suolo sono i principali fattori che controllano la variazione dell’efflusso di CO2 dal suolo.
Foreste e ciclo del carbonio
Le foreste giocano un ruolo fondamentale nel ciclo del carbonio a livello globale. Grazie alla loro capacità di scambio con l’atmosfera, sequestrando ed immagazzinando la CO2 atmosferica tramite la fotosintesi e rilasciandola nell’atmosfera stessa con i processi respirativi. Le foreste possono quindi comportarsi come Sink (assorbitrici) di carbonio quando il bilancio tra la CO2 assorbita (fotosintesi) e quella emessa (respirazione) è positivo, al contrario come Source (emettitrici) quando tale bilancio è negativo (Landsberg and Gower 1997; Malhi et al.1999).
Le emissioni annue di carbonio, derivanti dall’utilizzo dei combustibili fossili e produzione di cemento e dalla deforestazione delle foreste tropicali, ammonterebbero a 9.9 Pg C (Canadell et al. 2007), di questi circa il 45% rimangono nell’atmosfera, perlopiù sotto forma di anidride carbonica, mentre la restante quantità viene assorbita dagli ecosistemi terrestri (30%) e dagli oceani (24%). Fino ad una cinquantina di anni fa per ogni tonnellata di CO2 emessa, circa il 60% veniva rimosso dai sinks naturali (oceani ed ecosistemi terrestri), mentre oggi siamo tra il 50 ed il 55%. Questo declino dell’efficienza dei sinks naturali sembra maggiormente dovuto agli oceani, mentre per gli ecosistemi terrestri, pur caratterizzata da una grande variabilità interannuale, non è stata trovata una tendenza al declino.
Gli ecosistemi terrestri hanno altresì mostrato un aumento del sequestro di carbonio, in particolare negli ultimi due decenni del secolo scorso (Nemani et al. 2003). Tra gli ecosistemi terrestri sono in particolare quelli forestali, soprattutto delle zone temperate e boreali che hanno aumentato la loro produttività, in relazione all’aumento delle deposizioni azotate e alla ricolonizzazione dei terreni abbandonati dall’agricoltura (Speicker et al. 1996, Boisvenue e Running 2006).
Il ruolo del microbiota nel sequestro del carbonio nel suolo
Nel sequestro del carbonio nel suolo, la biomassa microbica gioca un ruolo fondamentale, anche se non si sia ancora completamente compresa. Numerosi studi hanno dimostrato che la biomassa microbica, la stabilità degli aggregati del suolo e il SCS (sequestro del carbonio del suolo) sono correlati (GarciaFranco et al., 2015). Sono necessari aggregati stabili del suolo per aumentare gli stock di carbonio (C) e la loro stabilità è migliorata dalla lettiera fogliare delle piante o dai depositi di radici con una composizione fenolica e lignina (Blanco-Canqui e Lal, 2004) (Liu et al., 2019).
I terreni con livelli più elevati di macroaggregati hanno un maggiore potenziale di sequestro del carbonio (Luan et al., 2021) poiché proteggono il C dalla decomposizione da parte di processi fisici e chimici (Wilpiszeski et al., 2019), determinano 80% di SCS nei suoli carsici (Liu et al., 2019) e sono identificati come il principale fattore di controllo del sequestro del carbonio nel suolo nei suoli neri della Cina (Zheng et al., 2018).
La formazione di macroaggregati è accoppiata con le attività SMC ed entrambe regolano l’82% della variazione nello stoccaggio SOC (Zhang et al., 2018). Le operazioni agricole tendono spesso a diminuire la persistenza degli aggregati del suolo, modificando anche la struttura della SMC (soil microbial community) (Kraut-Cohen et al.. 2020). Poiché la struttura della comunità microbica regola anche il turnover e l’approvvigionamento dei nutrienti, nonché i tassi di decomposizione della SOM (Soil Organic Matter), la comunità microbica è stata identificata come fattore critico per la conservazione dei servizi ecosistemici del suolo (Nsabimana et al., 2004).
Conclusioni
La respirazione del suolo deriva dalla respirazione autotrofica delle radici delle piante e dalla respirazione eterotrofica della maggior parte dei microrganismi. Questi ultimi consumano CO2 atmosferica fissata dalle piante sotto forma di rizodepositi e residui di piante morte, nonché letame di animali. I microbi consumano anche la materia organica del suolo (SOM), che a sua volta consiste in gran parte di residui microbici.
Adottare pratiche agricole e sistemi di gestione che non compromettano la biodiversità in generale e dei suoli in particolare, consentirebbe al microbioma di estrinsecare pienamente le sue potenzialità e all’agricoltore di ridurre l’uso dei prodotti di sintesi e di contenere i consumi energetici e l’importazione di materie prime necessarie alla produzione di tali prodotti, e, di conseguenza, anche i costi. Inoltre, si otterrebbe una riduzione del fabbisogno idrico, un incremento della sostanza organica, della biodiversità, della fertilità e anche del valore dei suoli non solo per l’immediato, come avviene con l’utilizzo dei prodotti convenzionali, ma anche per il futuro. Da subito si renderebbero più resilienti i sistemi colturali che stanno soffrendo degli stress biotici e abiotici determinati dal cambiamento climatico
Fonti
- Fao
- Soil food web
- Malhi et al.1999
- Landsberg and Gower 1997
- Canadell et al. 2007
- Nemani et al. 2003
- Nsabimana et al., 2004
- Zheng et al., 2018
- Speicker et al. 1996
- Wilpiszeski et al., 2019
- Research gate
- Liu et al., 2019
- Boisvenue e Running 2006
- Kraut-Cohen et al. 2020
- Luan et al. 2021
- GarciaFranco et al., 2015
- Blanco-Canqui e Lal, 2004