Tra tutti i prodotti delle api, il miele è certamente il più comune. Si tratta, probabilmente, di uno degli alimenti più antichi di cui la natura dispone e la sua fama attraversa tutto il mondo.
E’ meno noto, tuttavia, che in base all’area geografica, alla specie di ape e di fiore che ne determinano la produzione, si ottengono delle tipologie di miele differenti, per caratteristiche sia macroscopiche che microscopiche.
Questo, oltre a comportare diversi possibili utilizzi in cucina, porta ad una suddivisione in un altro campo dove il miele è protagonista: quello farmacologico.
Infatti, se l’uso gastronomico è certamente assodato, non si può dire lo stesso per quanto riguarda il suo utilizzo in ambito medico, pur essendo anche questo ricco di tradizione.
Documenti a noi pervenuti testimoniano che gli antichi egizi lo utilizzavano per curare le ferite e per lenire le infiammazioni; i babilonesi lo impiegavano in medicina per diversi scopi e Ippocrate stesso, il primo medico di professione, lo utilizzava per curare disturbi in diversi apparati.
Naturalmente, queste cure portavano a dei benefici e gli scienziati, in tempi recenti, hanno voluto approfondire la questione in termini sperimentali.
Antibiotici da un alveare
Grazie a tanti studi promossi da laboratori e Università in tutto il mondo, oggi sappiamo che il miele possiede delle solide proprietà antimicrobiche, in particolare contro batteri e funghi. Tali ricerche hanno messo in evidenza le proprietà chimico-fisiche del miele, ma anche di altri prodotti delle api.
Pur essendo il più noto, infatti, il miele non è l’unica sostanza ricavabile da un alveare (Figura 1). Tra le altre, suscitano grande interesse in medicina anche la pappa reale, che serve a nutrire le larve negli stadi iniziali di vita e la propoli, costituita da una resina depositata attorno all’alveare a scopo protettivo.
Le proprietà antimicrobiche
Uno studio condotto da un team di scienziati dell’Università di Poznan ha cercato di delineare quale tra queste sostanze presenti maggiormente queste proprietà antimicrobiche.
Per valutarle, è stata considerata la minima concentrazione inibente (MIC), sperimentata e documentata in differenti ricerche contro diversi microrganismi che comprendono sia batteri che funghi.
Ne è sorto un resoconto piuttosto variegato, che fa capire la complessità di questo filone di studi.
1.Miele
Nella letteratura scientifica si possono trovare ormai numerosi studi in cui sono dimostrate le proprietà batteriostatiche del miele, che si è rivelato in grado di inibire la crescita di molte specie batteriche, sia gram-positive che gram-negative.
Questa attività antimicrobica si esplica nelle sue proprietà fisiche, quali il pH e l’alta pressione osmotica, e chimiche, con la presenza di enzimi, quali la glicosidasi, i lisozimi e di composti come flavonoidi, acidi fenolici e oli essenziali.
Come già anticipato, le caratteristiche di questa sostanza variano in virtù di molti fattori, che sono alla base delle diverse varietà disponibili in commercio.
Tra quelle prese in esame, due tipologie di miele sembrano avere proprietà antimicrobiche più marcate: il Miele di Manuka (Figura 2), originario della Nuova Zelanda e il Miele di Tualang, che proviene invece dalla Malesia. Per quanto riguarda il primo, la sua azione dipende da una concentrazione altissima (cento volte rispetto alla media) di metilgliossale, un composto organico derivato dell’acido piruvico, in grado di modificare la struttura di flagelli e fimbrie, per cui il batterio perde aderenza e mobilità.
Nel miele di Tualang, invece, sono presenti grandi quantità di flavonoidi e acidi fenolici. I primi, esercitano questa proprietà attraverso diversi meccanismi, che vanno dall’inibizione della sintesi di acidi nucleici a quella di diverse funzioni metaboliche. D’altra parte, non è ancora chiara del tutto l’azione dei composti fenolici; è noto però che agiscono a livello della membrana, modificandone la permeabilità, e che sono in grado di legarsi ad enzimi, impedendo alla cellula batterica di svolgere le normali funzioni metaboliche.
Da sottolineare come entrambi i prodotti esercitino forti proprietà antibatteriche contro Escherichia coli, Enterobacter cloacae e Salmonella Typhi, inibendo la loro crescita.
2.Propoli
Definire una composizione precisa della propoli è impresa ardua, poiché è l’elemento più variabile e dipende strettamente dal vegetale da cui si origina. Grazie a grandi quantità di flavonoidi e composti fenolici, la propoli ha delle spiccate proprietà antifungine ed è in grado di inibire la crescita batterica.
La propoli non si utilizza “pura”, ma richiede un’estrazione in modo da dissolvere e rilasciare i diversi principi attivi (si utilizzano etanolo, metanolo e cloroformio, tra i più comuni). Ovviamente, dipendentemente dal processo di estrazione, si otterrà una sostanza dalle diverse proprietà antimicrobiche.
La propoli derivata da estratto di etanolo risulta molto efficace contro i batteri Gram-positivi.
3.Pappa Reale
Le proprietà antimicrobiche della pappa reale risiedono nel suo variegato contenuto peptidico. Troviamo, ad esempio, la royalisina, un peptide ad alto contenuto di cisteina, che presenta un’azione antibatterica diretta in particolar modo contro generi come Corynebacterium, Staphylococcus e Streptococcus. Vi sono poi le Major Royal Jelly Proteins (MRJP), coinvolte, secondo alcuni studi, anche nella differenziazione delle larve all’interno delle colonie. Tra queste, la MRJP-I possiede la più spiccata attività antibatterica, avente un’azione sia sulla membrana cellulare che all’interno del genoma. Importante sottolineare che diversi esperimenti su modelli murini hanno dato risultati incoraggianti in infezioni da E. coli.
Azione sinergica
L’aspetto intrigante di queste ricerche è stato poi verificare l’evidenza di una possibile sinergia tra questi prodotti e alcuni antibiotici di uso comune.
Gli effetti degli antibiotici su specie differenti non è la stessa, per via dei diversi meccanismi di resistenza. Questi dipendono principalmente dalla membrana e dalla formazione di biofilm extracellulare.
A quest’ultimo proposito, studi in vitro hanno dimostrato che il miele è in grado di convertire la capacità di resistenza agli antibiotici.
Il miele di Manuka, in combinazione con rifampicina, è in grado di inibire la resistenza agli antibiotici di ceppi di Staphylococcus Aureus Resistente alla Meticillina (MRSA), grazie alla deregolazione del gene mecR1 (Methicillin resistance mecR1).
Anche per la propoli è stato osservato un effetto sinergico con alcuni antibiotici, soprattutto ad uso topico. Molte ricerche hanno confermato un’azione sinergica con oxacillina e vancomicina. Da sottolineare, infine che una combinazione di propoli e levofloxacina ha mostrato un effetto più potente contro Streptococcus pneumoniae ed Haemophilus influenzae.
Considerazioni
Tutti questi esperimenti hanno evidenziato che i prodotti delle api possono avere una certa efficacia antibatterica. Sicuramente, i dati certificano un’azione più marcata contro i Gram-positivi rispetto ai Gram-negativi. In particolar modo, gli Streptococchi sembrano soffrire maggiormente questi effetti; al contrario, P. aeruginosa si è mostrato più resistente in diversi esperimenti.
La cosa sorprendente è stata la provata efficacia anche verso due particolari ceppi batterici: lo S. aureus resistente alla meticillina, responsabile di infezioni nosocomiali, e gli Enterococchi resistenti alla vancomicina.
Vale la pena citare, infine, una ricerca condotta dalla KPC Medical College and Hospital di Calcutta, secondo cui il miele di Manuka contrasta efficacemente anche le infezioni da H. pylori.
Per quanto riguarda la MIC, i valori più alti ad essere osservati sono relativi alla pappa reale, che ha quindi un minor potere battericida. Il miele di Manuka già descritto presenta una MIC del 10–20% (v/v) verso S. aureus e del 40% su C. albicans; mostrando un’ottima proprietà antibatterica e una debole attività antifungina. Riguardo la propoli, è stata riportata l’efficacia dei suoi estratti contro i Gram-positivi, con una MIC da 0.08 a 5.0 mg/ml. L’effetto antimicrobico più forte si è verificato contro lo Streptococco e il B. subtilis; nei confronti dei ceppi di MRSA, invece, l’azione è piuttosto modesta rispetto al miele.
Quali prospettive?
Edward O. Wilson, biologo statunitense di fama mondiale, disse che “per ogni problema esistente in natura, la soluzione si può trovare nella natura stessa“.
L’utilizzo di un prodotto naturale come il miele (e altri prodotti delle api) trova quindi il suo senso come possibile soluzione del grave problema della resistenza batterica agli antibiotici. La sfida per gli scienziati si gioca ora su due aspetti principali: dosaggio e sicurezza. Per fare questo, serve analizzare la composizione di una grande varietà di prodotti, per poi sperimentare quale sia il più efficace contro i diversi agenti eziologici presi in esame. La strada, pur lunga da percorrere, si può dire però molto promettente già in partenza.
Fonti
- Promising Antimicrobial Properties of Bioactive Compounds from Different Honeybee Products
- The MRJP/YELLOW protein family of Apis mellifera: Identification of new members in the EST library
- Antibacterial activity of Manuka honey and its components: An overview
- Comparing the Antibacterial and Functional Properties of Cameroonian and Manuka Honeys for Potential Wound Healing—Have We Come Full Cycle in Dealing with Antibiotic Resistance?
- Antibacterial Activities of Flavonoids: Structure-Activity Relationship and Mechanism