Lo scorso novembre, all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, per la prima volta un giovane paziente affetto da talassemia è stato trattato con il metodo CRISPR-Cas9. Le cellule staminali del paziente sono state riprogrammate geneticamente in laboratorio per correggere un difetto nella produzione dell’emoglobina, che rende necessarie continue trasfusioni di sangue. Il caso clinico fa parte di uno studio internazionale iniziato nel 2019 e coordinato dalle aziende Vertex Pharmaceutics e CRISPR Therapeutics. I ricercatori hanno presentato i promettenti – ma ancora parziali – risultati al 62° Congresso della Società Americana di Ematologia (ASH). Lo studio è pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine.
CRISPR-Cas9, il bisturi genetico
Uno dei principali strumenti per la modifica del genoma è CRISPR-Cas9. Si tratta di una forbice molecolare presa in prestito dal sistema immunitario dei batteri: una difesa contro l’infezione di virus chiamati batteriofagi o fagi. Nei batteri, le proteine Cas copiano e incollano una porzione del materiale genetico del fago in un locus CRISPR (Cluster of Regularly-Interspaced Short Palindromic Sequences) del cromosoma batterico. Funziona, in pratica, come un sistema di archiviazione dei dati in memoria. Quando il virus infetta la cellula, e tutte le volte successive, il sistema sintetizza una copia a RNA del suo materiale genetico – una specie di impronta digitale al negativo. Il filamento di RNA (in giallo nella figura 1) forma un complesso con la proteina Cas9 – un enzima che taglia il DNA – e la porta fino al virus bersaglio. Cas9 fa letteralmente a pezzi il materiale genetico infettivo.
I ricercatori hanno ottimizzato il sistema per modificare con precisione il DNA, ossia per disattivare geni difettosi o addirittura sostituire singole lettere nel genoma. La proteina Cas9 si associa a un filamento di RNA che funziona da “bussola” e la guida esattamente nel punto del genoma che si vuole modificare. Queste forbici programmabili, quest’anno vincitrici del Premio Nobel per la Chimica, hanno aperto la strada a un nuovo tipo di medicina di precisione. Le prime applicazioni sono state proprio per il trattamento delle malattie del sangue che possono essere facilmente isolate dal sangue periferico e restituite al paziente in versione “editata”.
Le emoglobinopatie
Talassemia e anemia falciforme sono due malattie ereditarie del sangue a carico dell’emoglobina, la proteina presente nei globuli rossi per il trasporto dell’ossigeno. Nei soggetti adulti, ogni molecola di emoglobina è formato da quattro catene proteiche, due catene alfa e due catene beta.
Nella talassemia la produzione delle catene beta è ridotta o assente, una condizione che – unita all’eccesso di catene alfa – causa uno squilibrio curabile solo con regolari trasfusioni di sangue o con il trapianto di midollo. Nell’anemia falciforme, invece, l’organismo produce catene beta dalla forma “sbagliata”, che prendono il nome di catene S, dall’inglese “sickle“, “falce”. I globuli rossi dei pazienti con anemia falciforme hanno, infatti, una caratteristica forma a “falce”, che ostacola il flusso nei vasi sanguigni, soprattutto quelli più piccoli, con fenomeni di ostruzione e morte dei tessuti e crisi dolorose.
Le promesse dell’editing genomico
Per queste malattie, purtroppo, non esiste una cura definitiva. Le terapie consistono per lo più in trasfusioni di sangue regolari e continue per ridurre la concentrazione dell’emoglobina mutata o ripristinare il normale rapporto tra catene alfa e beta. Per i pazienti più gravi, spesso l’unica opzione è il trapianto di midollo osseo. Ma l’editing del genoma con CRISPR-Cas9 sta aprendo nuove prospettive per il trattamento delle emoglobinopatie nei malati dipendenti dalle trasfusioni.
La strategia, infatti, permetterebbe di affrontare il problema alla radice. A partire, cioè, dalle cellule staminali nel sangue periferico dei pazienti, che verrebbero prelevate e riprogrammate geneticamente inserendo una copia del gene funzionante o, in alternativa, un interruttore per disattivare i geni dannosi. Le cellule così modificate verrebbero nuovamente infuse nel paziente e potrebbero sostituire i globuli rossi difettosi.
CRISPR-Cas9 per la talassemia
Talassemia e anemia falciforme sono entrambe causate da un difetto genetico nella produzione della catena beta dell’emoglobina. Nello studio clinico promosso nel 2019 da Vertex Pharmaceuticals e Crispr Therapeutics, i ricercatori hanno sfruttato il sistema CRISPR-Cas9 per indurre nei pazienti la produzione di emoglobina fetale – una variante composta da catene alfa e un terzo tipo chiamato gamma. L’emoglobina fetale, come si intuisce dal nome, viene prodotta solo prima della nascita e scompare progressivamente nei primi anni di vita. Alcune persone, però, continuano a produrla per tutta la vita a causa di una mutazione.
Le persone con questa mutazione che si ammalano di talassemia e anemia falciforme manifestano sintomi attenuati. L’emoglobina fetale, composta da catene gamma, sembra compensare l’assenza o il difetto dell’emoglobina alfa-beta. La terapia CTX001 – questo il nome del farmaco sperimentato all’Ospedale Bambino Gesù – funziona riprogrammando le cellule staminali dei pazienti per indurle a produrre emoglobina fetale. Il complesso CRISPR-Cas9, in questo caso, “spegne” un gene chiamato BCL11A: si tratta dell’interruttore che inizia a funzionare subito dopo la nascita, bloccando la produzione dell’emoglobina fetale.
Lo studio clinico
Nel 2019, Vertex Pharmaceuticals e Crispr Therapeutics hanno dato inizio a due studi clinici internazionali – CLIMB-111 per la beta-talassemia e CLIMB-121 per l’anemia falciforme. I dati, disponibili per ora solo su una parte dei soggetti arruolati, sono promettenti. Il primo studio comprende 13 pazienti: oggi almeno 7 sono liberi da trasfusioni (follow up da 3 a 18 mesi), mentre prima avevano subito una media di 15 trasfusioni l’anno. Il secondo studio comprende 6 pazienti: finora sono disponibili i dati su tre pazienti, che oggi sono liberi da crisi dolorose (follow up dai 3 ai 15 mesi) mentre prima avevano sperimentato fino a 6 crisi dolorose l’anno. I pazienti hanno tutti raggiunto livelli molto alti o comunque accettabili di emoglobina fetale. Nel caso dei pazienti con talassemia, questa rappresenta addirittura fino al 40% del totale.
Il primo paziente italiano
All’Ospedale Bambino Gesù di Roma è stato trattato il primo paziente italiano, un giovane adulto affetto da talassemia. “L’editing del genoma rappresenta potenzialmente una rilevante opzione curativa per i pazienti con emoglobinopatie” – spiega il prof. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia del Bambino Gesù e co-ature dello studio – “Normalmente questi pazienti trovano nel trapianto di midollo la loro principale soluzione terapeutica. Il vantaggio dell’editing del genoma è quello di poter essere applicato anche a chi non ha un donatore di midollo osseo o non può ricevere un trapianto a causa dell’età”.
Fonti:
H. Frangoul et al. CRISPR-Cas9 Gene Editing for Sickle Cell Disease and β-Thalassemia. 2020. The New England Journal of Medicine.