Cluster Fe-S: motivi strutturali al limite della vita

Preludio

I cluster Fe-S, conosciuti anche come centri ferro-zolfo sono alcuni motivi strutturali della biologia presenti nelle metalloproteine, come ad esempio la ferrodossina, la NADH deidrogenasi e la coenzima Q-citocromo c reduttasi e molti altri.

Esistono nel mondo naturale almeno tre tipi diversi di centri ferro-zolfo (Fig. 1). I centri 2Fe-2S i quali presentano due ioni ferro con due atomi di zolfo a fare da ponte tra le molecole. I due atomi di ferro sono solitamente coordinati alla proteina attraverso gli atomi di zolfo di quattro cisteine laterali. I centri 4Fe-4S, chiamati anche cubani, presentano quattro atomi di ferro con quattro atomi di zolfo a farne da ponte. Infine, ci sono i centri 3Fe-4S, essenzialmente identici ai 4Fe-4S, ma con un atomo di ferro in meno.

Motivi strutturali
Figura 1 – Alcuni esempi di cluster Fe-S

A cosa servono?

I cluster Fe-S sono di norma coinvolti nelle reazioni di ossidoriduzione (sia come parte catalitica, sia come trasportatori di elettroni), ma possono essere coinvolti anche in altri generi di catalisi come ad esempio nell’aconitasi. Anche proteine batteriche come le nitrogenasi contengono questi cubani, ma in configurazioni distorte. Le CODH, ad esempio, sostituiscono un atomo del cubo con un nichel (0), le nitrogenasi possono legare un atomo di molibdeno o anche uno di vanadio.

Fin qui sembra chiaro che queste particolari strutture chimiche sono ormai proprie del mondo della biologia, essendo motivi che si ritrovano in molte proteine ed enzimi. Nella cellula si occupano principalmente dei trasferimenti elettronici necessari a far avvenire alcune reazioni fondamentali.

Questi cubi si ritrovano per cui all’interno di moltissimi organismi viventi, dai più semplici ai più complessi.

Cluster Fe-S artificiale
Figura 2 – Un cluster Fe-S sostituito con dei gruppi metilici

La svolta

Ad un attento lettore, magari con vaghi ricordi di geologia, non può sfuggire però il fatto che questi cubi di ferro e zolfo ricordino qualcosa del mondo dei non viventi. Entrando nel particolare, esiste un minerale comunissimo (ma anche altri) che possiede come formula bruta la seguente composizione: FeS2. Il minerale incriminato è la plurifamosa pirite. Chi non possiede a casa almeno un piccolo pezzetto di pirite? Un piccolo cristallo cubico conosciuto nel passato come “oro degli stolti” per la sua caratteristica colorazione. Lo stesso discorso vale anche per minerali come la greigite o la makinawite.

La pirite è un minerale molto comune composto da disolfuro di ferro (II), come la marcasite, meno famosa. Prende il nome dal termine greco pyr (fuoco) poiché produce scintille se percosso con un pezzo di metallo. Se prendete il pezzetto di pirite che avete appoggiato su qualche mensola e lo riscaldate a fiamma noterete un forte ed acre odore di uova marce, causato dal rilascio di solfuri.

Caratteristiche del cristallo

In natura si presenta in cristalli cubici, ottaedrici e a volte con facce alternate striate longitudinalmente. Si trova in numerosissimi tipi di roccia, ma ha genesi spesso magmatica di tipo idrotermale o sedimentaria.

Parlando un po’ della struttura cristallografica della pirite si può notare che è formata da delle specie di cubi di ferro e zolfo che ricordano in struttura i cubani descritti per gli enzimi dei viventi. Anche qui gli ioni di ferro (II) sono legati ad atomi di zolfo per creare celle altamente organizzate.

Dal punto di vista della chimica strutturale, entrambe le strutture sono estremamente simili anche nei legami che formano tra gli atomi costituenti.

Qualche calcolo

Una domanda che può sorgere spontanea è: nella pirite solida il legame tra gli atomi è ionico o covalente?

Prendendo come riferimento l’elettronegatività il legame dovrebbe essere covalente, il Δ elettronegatività (differenza di elettronegatività) = 2,58 (S) – 1,8 (Fe)= 0.78 per la molecola FeS2 che è meno di 1.5, ossia il valore definito come punto di transizione tra legame ionico e covalente. Prendendo però come riferimento la definizione di legame ionico, questa dice che il legame ionico si instaura, di solito, tra elementi metallici ed elementi non-metallici.

Analizzando queste affermazioni possiamo dare una panoramica un po’ più chiara su questa diatriba. Nel caso della pirite si ha un catione relativamente “hard”, con un piccolo raggio ionico e con carica +2 (Fe) legato ad un grande anione con carica -2 (S). A causa dell’effetto di polarizzazione del catione sull’anione si instaura quindi un significativo grado di carattere covalente, il che dimostra il semplice risultato che si evince dal calcolo sulle elettronegatività.

Questo risultato è confermato anche attraverso calcoli teorici di densità elettronica. La carica del ferro pare essere in realtà +2/3 e quella dello zolfo -1/3, molto meno rispetto a quelle che si ricavano dalla formula bruta del legame ionico. Cosa vogliono dire questi numeri? Semplicemente che c’è un’intensa condivisione di elettroni.

Per un cristallo come la pirite o i cubani la definizione di legame ionico non regge poiché non si instaurano delle attrazioni di tipo elettrostatico tra l’anione ed il catione per formare un gigante e regolare reticolo cristallino. Essendo il ferro un metallo di transizione preferisce formare composti di coordinazione. Fosse la pirite composta da atomi di litio o sodio, forse il legame ionico sarebbe molto preponderante. Essendo però composta da un metallo della prima serie di transizione (Fe) si formano legami di coordinazione tra gli orbitali di tipo d.

Ricordiamo che il legame di coordinazione, o legame dativo, è un particolare tipo di legame chimico covalente in cui una coppia di elettroni viene messa a disposizione direttamente da un solo atomo, mentre l’altro atomo che contrae il legame non utilizza elettroni propri in compartecipazione ma bensì sfrutta la coppia donata dal primo atomo.

Tornando ancora alla pirite, grazie alla cristallografia a raggi X è noto che il ferro assume una geometria ottaedrica e lo zolfo assume una geometria tetraedrica, il che rende giustizia a quello detto finora facendo ricadere queste strutture nelle più comuni forme della chimica di coordinazione.

I cluster Fe-S sono quindi un ricordo di vita abiotica?

Ora, essendo consci della struttura dei cluster Fe-S nelle proteine e nella pirite possiamo senza quasi ombra di dubbio affermare che le due strutture siano molto molto simili. Il che fa pensare che in un’epoca molto remota qualche cristallo di pirite sia rimasto intrappolato nelle molecole biologiche o che comunque ci sia stata una forte interazione tra biosfera e geosfera che continua ancora ai giorni nostri. Perchè non riusciamo però a notarla oggi in modo così evidente? Forse semplicemente perchè nonostante i tempi della biologia siano molto rapidi, quelli della geologia sono molto estesi e si possono osservare solo nel lungo periodo.

FeMoco
Figura 3 – Struttura del FeMoco contenuto nelle nitrogenasi

Questo fenomeno di coevoluzione deriva probabilmente dai processi di serpentinizzazione dai quali hanno avuto origine alcune molecole biologiche. Rocce porose composte da numerosi atomi di ferro e zolfo hanno infatti fatto da “calderoni” per lo sviluppo di metano, acetato ed altre molecole organiche fondamentali per la vita libera cellulare.

I cubani ed i cluster Fe-S possono essere quindi quelle tracce rimaste di vita abiotica negli organismi che compongono il mondo biotico. Sono l’anello di congiunzione tra inanimato e animato, il lontano ricordo di quando eravamo rocce.

Bibliografia e immagini

  • S. J. Lippard, J. M. Berg “Principles of Bioinorganic Chemistry” University Science Books: Mill Valley, CA; 1994;
  • Weiss, Madeline C., et al. “The physiology and habitat of the last universal common ancestor.” Nature microbiology 1.9 (2016): 1-8.;
  • Ogino, H., Inomata, S., Tobita, H. (1998). “Abiological Iron-Sulfur Clusters”. Chem. Rev98 (6): 2093–2122.
  • Johnson, D. C., Dean, D. R., Smith, A. D., Johnson, M. K. (2005). “Structure, function, and formation of biological iron-sulfur clusters”. Annual Review of Biochemistry74: 247–281
  • Figura 1 – https://en.wikipedia.org/wiki/Iron%E2%80%93sulfur_cluster#/media/File:FeS.png
  • Immagine di copertina e figura 2 – https://pubs.acs.org/doi/10.1021/ic030347d
  • Figura 3 – https://www.researchgate.net/figure/Structure-of-iron-molybdenum-cofactor-FeMo-co-of-nitrogenase_fig1_283941332
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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