L’Alzheimer (AD) è una patologia neurodegenerativa associata a demenza, perdita di memoria, alterazioni comportamentali e difficoltà nelle interazioni sociali. Le sue manifestazioni cliniche si verificano solitamente durante la sesta decade di vita, mentre le forme precliniche di AD possono essere rilevate cinque o dieci anni prima che l’Alzheimer si manifesti. La manifestazione tardiva dell’Alzheimer, unitamente al continuo aumento della durata della vita umana, ha reso necessario lo sviluppo di terapie efficaci ed efficienti. In questo quadro, esiste un vaccino efficace per combattere i sintomi e le cause dell’Alzheimer?
I farmaci per ridurre i sintomi dell’Alzheimer
Inizialmente la scienza non hai pensato alla vaccinazione contro l’Alzheimer. I primi farmaci sviluppati miravano a ridurre sintomi come la perdita di attenzione e di memoria. Donepezil, rivastigmina e galantamina non sono infatti esempi di vaccini per l’Alzheimer ma pillole che i pazienti devono assumere una o più volte al giorno, ad eccezione della rivastigmina che è disponibile anche come cerotto cutaneo. Tutti questi farmaci sono risultati efficaci nel ridurre le manifestazioni cliniche, ma nessuno è riuscito a fermare la progressione della malattia.
Un altro valido approccio terapeutico che non prevede l’utilizzo della vaccinazione consiste nel ridurre la neurotossicità mediata dal glutammato, conseguenza dell’apoptosi neuronale. I modulatori non competitivi dei recettori NMDA hanno offerto risultati promettenti in termini di riduzione dei sintomi, ma non sono riusciti a ridurre la progressione della malattia.
Anche per questi motivi, gli scienziati hanno deciso di iniziare a considerare la vaccinazione contro l’Alzheimer come approccio terapeutico.
Ridurre le placche amiloidi coi vaccini
Le placche amiloidi sono costituite da molteplici subunità di proteine Aβ che vengono estruse nel fluido interstiziale dopo la scissione intracellulare. Una volta nell’ambiente extracellulare, si aggregano e costituiscono le placche amiloidi, causando sinaptotossicità e danni cerebrali. Nel 1999, per la prima volta nella storia, si è iniziato a pensare ad un vaccino per l’Alzheimer. Schenk e colleghi hanno immunizzato topi affetti da Alzheimer con la proteina Aβ per ridurre la progressione del l’Alzheimer. I ricercatori hanno poi scoperto che l’immunizzazione con la proteina Aβ previene la formazione di placche amiloidi in topi giovani e riduce la progressione della malattia negli animali anziani. Purtroppo, una volta testata sull’uomo, la vaccinazione contro l’Alzheimer non ha soddisfatto le attese in quanto quattro pazienti hanno sviluppato una meningoencefalite asettica. Di conseguenza, gli autori hanno avuto difficoltà a completare lo studio (trial AN1792).
La necessità di un vaccino sicuro contro l’Alzheimer
Tenendo conto degli esiti negativi del vaccino contro l’Alzheimer nello studio AN1792 , gli scienziati si sono concentrati sulla tollerabilità e sulla sicurezza durante lo sviluppo di un vaccino. Un team di scienziati svizzeri e belgi ha valutato la tollerabilità e la sicurezza di un nuovo vaccino (CAD106) per il trattamento dell’AD. Centoventidue pazienti hanno ricevuto il placebo o diverse dosi di CAD106 per 60 settimane. Successivamente, sono stati valutati gli effetti avversi gravi (SAE). I SAE sono stati più numerosi nel gruppo di pazienti trattati con CAD106 (24,5% vs 6,7%); tuttavia, non è stata riscontrata infiammazione del sistema nervoso. Infine, il vaccino contro l’Alzheimer CAD106 ha indotto una risposta immunogena adeguata.
Una nuova opportunità per un vaccino contro l’Alzheimer
Nel 2018, Lacosta et al. hanno deciso di sfruttare il C-terminus della proteina Aβ invece della sua regione N-terminale sviluppando un vaccino per l’Alzheimer chiamato ABvac40. Lo studio randomizzato controllato condotto su 24 pazienti di età compresa tra 50 e 85 anni e affetti da AD da lieve a grave ha rivelato che il vaccino chiamato ABvac40 è un approccio sicuro e tollerabile per il trattamento dell’AD. Il numero e il tipo di effetti avversi sono stati comparabili tra coloro che hanno ricevuto e non hanno ricevuto la dose. Inoltre, la vaccinazione contro l’Alzheimer ha stimolato la produzione di immunoglobuline anti-Aβ.
Conclusione
I dati presentati mostrano chiaramente che il dibattito sull’efficazia di un vaccino per trattare l’Alzheimer è ancora aperto. Esistono prove (almeno in un modello murino) che il targeting di Aβ potrebbe essere un approccio utile. Tuttavia, sono necessari ulteriori dati sull’uomo per trovare la risposta corretta alla domanda se si possa o meno curare l’Alzheimer con la vaccinazione.
Fonti
- Long JM, Holtzman DM. Alzheimer Disease: An Update on Pathobiology and Treatment Strategies. Cell. 2019 Oct 3;179(2):312-339
- Schenk D, Barbour R, Dunn W, Gordon G, Grajeda H, Guido T, Hu K, Huang J, Johnson-Wood K, Khan K, Kholodenko D, Lee M, Liao Z, Lieberburg I, Motter R, Mutter L, Soriano F, Shopp G, Vasquez N, Vandevert C, Walker S, Wogulis M, Yednock T, Games D, Seubert P. Immunization with amyloid-beta attenuates Alzheimer-disease-like pathology in the PDAPP mouse. Nature. 1999 Jul 8;400(6740):173-7
- Lacosta AM, Pascual-Lucas M, Pesini P, Casabona D, Pérez-Grijalba V, Marcos-Campos I, Sarasa L, Canudas J, Badi H, Monleón I, San-José I, Munuera J, Rodríguez-Gómez O, Abdelnour C, Lafuente A, Buendía M, Boada M, Tárraga L, Ruiz A, Sarasa M. Safety, tolerability and immunogenicity of an active anti-Aβ40 vaccine (ABvac40) in patients with Alzheimer’s disease: a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase I trial. Alzheimers Res Ther. 2018 Jan 29;10(1):12
- Vandenberghe R, Riviere ME, Caputo A, Sovago J, Maguire RP, Farlow M, Marotta G, Sanchez-Valle R, Scheltens P, Ryan JM, Graf A. Active Aβ immunotherapy CAD106 in Alzheimer’s disease: A phase 2b study. Alzheimers Dement (N Y). 2016 Dec 23;3(1):10-22