Fu attraverso gli occhi di June Almeida che il mondo vide per la prima volta un coronavirus.
L’inizio della carriera che portò June Almeida alla scoperta del coronavirus
June Dalziel Almeida (nata Hart) nacque il 5 ottobre 1930 a Glasgow. Figlia di un conducente di autobus, dovette abbandonare gli studi a 16 anni perché non riuscì ad ottenere una borsa di studio per l’Università, ma ottenne un lavoro come tecnico di laboratorio all’Istituto di Istopatologia del Glasgow Royal Infirmary. Si trasferì successivamente a Londra al St. Bartholomew Hospital dove conobbe l’artista venezuelano Enrique Almeida, che sposò in prime nozze e con cui si trasferì in Canada. A Toronto June trovò un impiego all’Ontario Cancer Institute e mise a punto quella che sarebbe diventata la sua più importante eredità scientifica: l’immunoelettromicroscopia (IEM). Questa tecnica consente una migliore osservazione dei virus grazie all’utilizzo di anticorpi specifici capaci di legarsi ad essi: il campione viene trattato con un anticorpo specifico marcato con metalli pesanti elettron-opachi e appaiono come “pallini” intorno alle particelle virali.
June Almeida: La scoperta del coronavirus
Rientrata con la famiglia a Londra lavorò con David Tyrrel, direttore del Common Cold Research Center di Salisbury, che aveva raccolto campioni di un virus simile all’influenza, il virus “B814”, ma impossibile da coltivare con i metodi tradizionali. I ricercatori iniziarono a sospettare che il B814 potesse essere un tipo di virus completamente nuovo. June aveva già visto due virus simili nelle sue precedenti ricerche: uno mentre esaminava la bronchite nei polli, e il secondo mentre studiava l’epatite nei topi. Aveva scritto degli articoli su entrambi, ma le pubblicazioni vennero rifiutate, dato che i reviewers ritennero che le immagini fossero semplicemente riproduzioni di bassa qualità di particelle del virus dell’influenza. Ma il nuovo virus B814 rivelava chiaramente che era circondato da una struttura simile ad un alone, che ricordava una corona: il primo coronavirus ad essere caratterizzato.
Nel 1967 ottenne il dottorato in Scienze alla Royal Postgraduate Medical School, grazie alle sue ricerche e pubblicazioni. Lo stesso anno catturò anche la prima immagine del virus della rosolia e, sempre grazie alla tecnica IEM, riuscì a determinare che ci sono due componenti distinti nel virus dell’epatite B, uno superficiale (che stimola la nostra risposta anticorpale) e uno nel core (che contiene il DNA virale).
La conclusione della carriera
June concluse la sua carriera presso il Wellcome Research Laboratory, dove lavorò allo sviluppo di test diagnostici e di vaccini. Si ritirò nel 1985, dando una decisa svolta alla sua carriera, diventando un’insegnante di yoga e dedicandosi al restauro di porcellane antiche. Nel 1979 scrisse un testo fondamentale, il Manual for rapid laboratory viral diagnosis, dietro incarico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). Alla fine degli anni ’80 tornò a St Thomas come consulente, pubblicando con i colleghi di virologia alcune delle prime micrografie elettroniche ad alta risoluzione dell’HIV. Si spense nel Dicembre del 2007.
June era nata come tecnico di laboratorio, ma la sua grande passione e l’indiscutibile talento le permisero di arrivare ad altissimi livelli. Una donna, ancora oggi deve farsi spazio in un ambiente troppo spesso ostile. Pensiamo a come poteva essere negli anni ’60.
References
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8. David Tyrrell, Michael Fielder (2002). Cold Wars: The Fight Against the Common Cold
9. Almeida, Joyce (28 June 2008), ‘June Almeida (née Hart)’, British Medical Journal, 336/7659, 1511.
Riferimento per la biografia completa https://www.whatisbiotechnology.org/index.php/people/summary/Almeida