L’EMDR, acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing, è una terapia di processamento delle informazioni centrata sull’elaborazione del trauma o su ricordi particolarmente stressanti. Utilizzata per disturbi d’ansia e depressione, ma anche per il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD), la caratteristica distintiva di questo approccio è la stimolazione bilaterale alternata come il movimento degli occhi, tattile od uditivo.
Qualche dettaglio prima di addentrarci negli studi.
La psicologa americana Francine Shapiro ha introdotto la terapia come EMD nel 1987. Successivamente ha sviluppato l’EMDR affinchè potesse essere compatibile con i differenti principali orientamenti alla psicoterapia. L’EMDR consiste di un insieme strutturato di protocolli e procedure basati su un quadro teorico di Adaptive Information Processing (AIP), secondo cui la fonte primaria della psicopatologia è la presenza di ricordi di esperienze di vita avverse che non sono state adeguatamente elaborate dal cervello.
L’AIP presuppone “un sistema intrinseco presente in ciascuno di noi, fisiologicamente orientato ad elaborare le informazioni in uno stato di salute mentale“. Qui, il termine informazione si riferisce ad un input interno od esterno attraverso i sistemi sensoriali, altrimenti indicato come esperienza. Nella terapia EMDR si presume che l’attività neurofisiologica del sistema AIP porti ad una riduzione delle emozioni negative che seguono esperienze sconvolgenti, portando all’integrazione delle informazioni in uno stato più adattivo e positivo.
Cosa accade nel cervello grazie all’EMDR? Due studi a confronto.
Recenti studi hanno fornito alcune prove preliminari di associazione tra cambiamenti funzionali ed efficacia del trattamento, basate sul meccanismo d’azione dell’EMDR ed il suo background fisiologico e neurobiologico. L’impatto clinico della terapia è stato dimostrato da diverse indagini. Vi è una chiara associazione tra la scomparsa della sintomatologia ed i cambiamenti sia nella funzionalità corticale che nella sua struttura.
Studio I
Uno studio del 2012 ha visto dieci pazienti come protagonisti. Accomunati da un impattante trauma psicologico, un’osservazione costante è avvenuta durante la prima sessione di EMDR (T0) e durante l’ultima, a seguito dell’elaborazione del trauma (T1). Il primo rilevante risultato è stato la capacità di eseguire un monitoraggio on-line dell’attivazione corticale. Quest’ultima si verifica durante la terapia EMDR mediante l’elettroencefalogramma (EEG), più specificamente durante la stimolazione oculare bilaterale. Proprio in questo momento, nella seduta dell’Eye Movement Desensitization and Reprocessing, sono stati osservati i seguenti eventi:
I- l’EEG ha mostrato un’attività significativamente maggiore della corteccia orbito-frontale, prefrontale e cingolata anteriore in pazienti a T0, con spostamento verso le regioni temporo-occipitali a sinistra a T1;
II- l’analisi della connettività ha visto un decremento di interazioni a coppie tra la corteccia prefrontale e cingolata nei pazienti rispetto ai controlli e tra il giro fusiforme e la corteccia visiva durante l’ascolto del copione nei pazienti a T1 rispetto a T0.
Studio II
Il protagonista di una pubblicazione del 2018 è uno studio avente due obiettivi. Un primo obiettivo riguardante l’efficacia dell’EMDR nel trattamento di traumi a seguito di incidenti stradali potenzialmente letali. Un secondo obiettivo associato ad una valutazione neurobiologica completa dell’esito della terapia, aggiungendo lo stato metabolico alla valutazione dell’attività elettrica corticale.
In questo caso la terapia EMDR ha avuto un effetto neurobiologico che ha superato la normalizzazione della risposta cortico-limbica disfunzionale. Da sottolineare che la terapia potrebbe andare oltre all’impatto che il danno organico ha avuto sulla psicopatologia dei soggetti. Le indagini SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) hanno mostrato alterazioni frontali del flusso sanguigno cerebrale associate alla scomparsa dei sintomi. A seguito della dinamica degli incidenti a cui sono stati soggetti i pazienti in esame, ed il conseguente danno cerebrale, a T0, sia mediante EEG che PET, sono stati riscontrati diversi pattern elettrici, corticali e metabolici cambiati significativamente dopo la terapia EMDR. Un’aumentata attivazione relativa alla corteccia prefrontale in T1 si riflette come il tentativo riuscito delle strutture corticali di ridurre l’ipereccitazione sottocorticale, ipotesi che è supportata dal grande miglioramento dello stato clinico.
Cosa si può concludere?
L’imaging funzionale ha rappresentato dinamicamente per la prima volta la psicoterapia, per l’intera sessione. I risultati suggeriscono che gli eventi traumatici sono elaborati a livello cognitivo dopo una terapia EMDR di successo. Ciò contribuisce a supportare l’evidenza di distinti modelli neurobiologici di attivazioni cerebrali durante la stimolazione oculare bilaterale, associati ad un importante sollievo dalle esperienze emotive negative.
La prima indagine che ha combinato test neuropsicologici e psicopatologici, EEG, PET ed EMDR ha portato a risultati molto promettenti. Questi ultimi mostrano cambiamenti neurobiologici dopo una terapia di successo. Il perfezionamento delle procedure PET e l’utilizzo di strumenti EEG con un numero maggiore di sensori e software più sofisticati, consentiranno in futuro di indagare più a fondo l’associazione tra attività corticale elettrica e modificazioni metaboliche.
Fonti
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3458957/
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5911467/
- https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC5997931/
- https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC8185342/
Crediti immagine
- Immagine 1: https://www.mullumroad.com.au/emdr/