E’ allarme in America per un’infezione da Acanthamoeba: più casi hanno scosso la popolazione ma partiamo dall’inizio.
Cosa sono le amebe e dove si trovano in natura?
Le amebe sono organismi unicellulari, il cui nome deriva dal greco ἀμοιβή che significa “cambio, trasformazione”. Infatti, è tipico di questi organismi, presentare un aspetto vario e mai stabile grazie alla loro capacità di cambiare conformazione. Esse riescono a farlo poiché hanno un citoplasma privo di scheletro, solo estendendo e ritraendo le loro caratteristiche estroflessioni (dette pseudopodi), utilizzate per il tipico movimento ameboide e per la fagocitosi, strategia attraverso cui si nutrono.
Le amebe vivono nel terreno o nell’acqua e non hanno necessariamente bisogno di ospiti per sopravvivere. Vi sono però casi in cui queste possono infettare gli esseri umani diventando molto pericolose e spesso letali.
Un caso di grande risonanza è quello dell’ Acanthamoeba, un genere di ameba che può essere causa di gravi problemi di salute per chi la ospita, tant’è che l’infezione da Acanthamoeba è considerata una tra le più invasive.
Modalità di contatto
In generale le amebe possono entrare nell’organismo attraverso gli occhi, lesioni e ferite o le vie respiratorie. Le persone a più alto rischio di infezione sono coloro che hanno subito un trapianto di organi o di cellule staminali, i pazienti con cancro, Hiv o diabete mellito.
Ultime notizie
Arrivano proprio dagli USA dati allarmanti a tal proposito. Degli studi, condotti dal “Centers for Disease Control and Prevention”, importante centro di controllo della sanità pubblica americana, rivelano che tra il 1994 ed il 2022 ci sono stati 10 casi tra i 32 e gli 80 anni, in particolare 7 donne e 3 uomini, in cui l’infezione da Acanthamoeba ha causato tutta una serie di condizioni gravi. Queste condizioni andavano dalla rinosinusite alla malattia cutanea, dall’encefalite Amebica granulomatosa all’osteomelite. Di questi casi totali 9 tutti negli ultimi dieci anni. I Cdc americani spiegano che questi 10 casi sono tutti casi di pazienti immunocompromessi. Essi erano infatti pazienti affetti da AIDS o da cancro.
Contrariamente a quanto pensato, il numero di sopravvissuti, cioè 7, è stato veramente sorprendente vista la letalità del protozoo in questione.
È stato portato all’evidenza che l’unica causa comune tra questi pazienti fosse il fatto di aver eseguito risciacqui nasali ripetuti e prolungati nel tempo utilizzando l’acqua di rubinetto. Questa è una causa possibile ma ovviamente non certa. Però è sicuro che, soprattutto i soggetti immunocompromessi, non possano correre questi rischi.
A tal proposito è intervenuto Massimo Bassetti, direttore di malattie infettive al policlinico San Martino di Genova. Il direttore ha lanciato un messaggio molto importante, ossia quello di evitare l’utilizzo di acqua di rubinetto per effettuare i lavaggi nasali a vantaggio di acqua sterile. Il consiglio: prendere ciò come una sana e buona abitudine.
I dati dall’Italia
Un articolo dell’Ansa riporta che in Italia i casi di infezione da Acanthamoeba sono tra i 100 e 150 l’anno. Questi casi rimandano in particolare alla malsana abitudine di non sterilizzazione le lenti a contatto. Questa è un’azione che può essere molto pericolosa e che può portare addirittura alla perdita della vista, in quanto questo parassita è causa anche di seri danni alla cornea.
In Italia c’è stato anche un altro caso legato però ad un’ameba differente, la Naegleria fowleri. C’è stato un caso segnalato nel 2004, in provincia di Padova. Il paziente colpito fu un bambino di soli nove anni, che aveva contratto questo parassita in seguito a dei giochi fatti in una pozzanghera in campagna.
Metodi di identificazione e terapia
La diagnosi è basata sull’identificazione al microscopio dei trofozoiti e delle cisti (i due stadi di crescita di questo protozoo) negli strisci corneali (quando il danno interessa la cornea appunto) o nelle biopsie (tessuto nervoso, ulcerazioni alla pelle ma anche della cornea stessa.) I campioni possono essere colorati con Giemsa, colorazione tricromica. Si può usare anche l’ematossilina eosina, il lattofenolo blu, l’arancio di acridina, il bianco calcofluoro o argento. Si tratta di coloranti spesso utilizzati per osservare il parassita anche in campioni ambientali.
Acanthamoeba può essere coltivata in laboratorio su terreni specifici a partire da campioni ambientali o clinici e la microscopia confocale e l’immunofluorescenza diretta vegono usate per identificarla. Test molecolari basati sulla PCR sono disponibili per l’amplificazione del DNA dei parassiti dai vari campioni. L’encefalite amebica granulomatosa può essere diagnosticata visualizzando le lesioni nei lobi cerebrali parietali e temporali tramite tomografia computerizzata con mezzo di contrasto o risonanza magnetica. Nonostante la conta leucocitaria nel liquido cerebrospinale possa aiutare nella diagnosi, sono indispensabili anche altri test, dato che i trofozoiti sono raramente presenti.
Non è chiaro quale sia il trattamento migliore per l’encefalite granulomatosa. Si consiglia spesso l’utilizzo sistemico di miltefosina con uno o più dei seguenti farmaci: sulfadiazina, pentamidina, trimetoprim / sulfametossazolo, un azolico (fluconazolo, itraconazolo, voriconazolo), flucitosina, amfotericina B o rifampicina.
Conclusione sull’infezione da Acanthamoeba
Si parla di microrganismi molto pericolosi. Essi lo sono soprattutto perché presenti in ambienti con cui facilmente si può venire a contatto. È fondamentale prendere le giuste precauzioni durante, sia le attività condotte in ambienti più a rischio, sia durante quelle che sono le attività quotidiane. La ricerca scientifica continua a migliorare la comprensione di questi microrganismi. Di fondamentale importanza è il continuo passo avanti nello sviluppo di sempre nuove strategie per la diagnosi e il trattamento delle infezioni causate da questi dannosi patogeni.
Fonti