L’archeoparassitologia è in grado di riportarci indietro nel tempo nei modi più inaspettati. Durante uno scavo archeologico nel quartiere Arman Hanatziv, nel sud est di Gerusalemme, alcuni ricercatori hanno ritrovato un bagno dotato di pietra forata per la seduta (Fig.1), appartenente ad un’antica villa costruita 2700 anni fa. Gli studi condotti sui campioni prelevati in quest’area hanno permesso di risalire alle condizioni di vita degli abitanti dell’edificio, nonché ai parassiti che li infestavano.
La scoperta
Lo scavo archeologico condotto da Ya’akov Billing, membro dell’Autorità Israeliana per le Antichità, ha portato alla luce una villa con elementi architettonici straordinari. Nel giardino adiacente, con una vista sulla Città di David e sul Monte del Tempio, sono state ritrovate alcune installazioni tra cui un serbatoio di acqua e un oggetto cubico realizzato in pietra, con un foro, identificato come il servizio igienico della tenuta. La presenza di polline aereo-disperso nei sedimenti del pozzo nero suggerisce che la stanza del bagno avesse delle finestre o non avesse una copertura e che la presenza di alberi da frutto e pini servisse a coprire gli odori.
La ricerca condotta dall’Università di Tel Aviv e l’Autorità per le Antichità Israeliane, mediante le analisi del sedimento del pozzo nero, ha raccolto informazioni sull’alimentazione della Gerusalemme in tarda età del ferro. La dr.ssa Dafna Langgut, direttrice del laboratorio di archeobotanica e ambienti antichi presso l’Istituto di Archeologia e il Museo di storia naturale Stheinhardt, ha riscontrato la presenza di una grande quantità di resti di uova di parassiti intestinali sopravvissuti per 2700 anni. I risultati ottenuti hanno sottolineato quanto può essere utile l’archeoparassitologia. Infatti, identificando microscopicamente i resti dei parassiti, è possibile ripercorrere il passato e conoscere lo stile di vita dei nostri predecessori, nonché le epidemie avvenute durante la loro vita. Ciò è possibile poiché i parassiti intestinali depongono moltissime uova e, nel momento in cui passano nuovamente all’ambiente esterno, permettendo la creazione di una vera e propria documentazione archeologica sulle infezioni.
Le analisi
Con l’utilizzo di materiale sterile sono stati prelevati quindici campioni di sedimenti del pozzo nero. Undici campioni sono poi stati prelevati in diversi punti lungo l’installazione del servizio igienico e quattro di controllo (di cui tre vicino al bagno e uno a 100 metri dal sito). I campioni sono stati pre-trattati con HCL al 10% per rimuovere i carbonati di calcio presenti e infine risciacquati più volte con acqua distillata. Dopo sonicazione e centrifugazione, i campioni sono stati analizzati al microscopio ottico ad ingrandimenti 200x, 400x e 1000x per immersione.
Per ogni campione, sono state estratte le uova e riportato il relativo numero di uova, le quali, mediante un micrometro, sono state misurate e identificate.
I risultati
In sei campioni, ben quattro taxa (Fig.2) sono stati individuati. In particolare, sono stati riscontrati Ascaris lumbricoides (nematode), Trichuris trichiura (tricocefalo), Tenia sp. e Enterobius vermicularis (ossiuro).
La concentrazione massima di uova di parassiti è stata riscontrata nel campione appena sotto la pietra. Nei campioni di controllo non sono state individuate uova, escludendo così la possibilità di una contaminazione di parassiti dall’esterno.
I nematodi e tricocefali (Fig.3) ritrovati si trasmettono per via oro-fecale all’uomo attraverso l’uso di acqua e cibo contaminato e sono spesso causa di malnutrizione e arresto di crescita infantile nei casi più gravi. La tenia si trasmette invece tramite il consumo di carne infetta (bovina o suina) e può indurre dolori addominali, nausea e diarrea. L’ossiuro è il parassita che è stato rinvenuto in una concentrazione minore nei campioni analizzati, probabilmente per un problema relativo alla conservazione in quanto le uova si presentano più delicate delle altre.
All’epoca le fonti d’infezione potevano essere molteplici, come la carenza d’igiene o l’utilizzo di feci umane come fertilizzante e l’utilizzo di carni crude in alimentazione. La mancanza di cure adeguate avrà, inoltre, sicuramente reso la “permanenza” facile ai parassiti e di conseguenza avrà provocato dolori e fastidi per tutta la vita della popolazione.
Conclusioni
Solitamente, queste strutture architettoniche complesse si trovavano vicino o all’interno di abitazioni appartenenti a gruppi socialmente elevati. Il pozzo nero era un bene di lusso, quindi tale scoperta indica che anche la popolazione benestante non era immune dalle infezioni causate dalla scarsa igiene.
I risultati di questo studio sono tra i primi osservati in Israele e ci permettono di aggiungere un tassello nella ricostruzione della storia delle malattie infettive. Molto interessanti sono i progressi compiuti negli ultimi anni dall’archeologia e dall’archeoparassitologia; studi in questo campo continuano quindi per poter indagare più a fondo le abitudini, l’alimentazione e addirittura le erbe mediche utilizzate dalle culture che ci hanno preceduti.
Veronica Nerino