Come gli altri esseri viventi, anche i microrganismi invecchiano. Alcune specie, tuttavia, possono vivere fino a centinaia, o addirittura migliaia di anni. Lo studio di questi microrganismi potrebbe essere rilevante per trattare alcune malattie umane.
Perché i microrganismi (di solito) invecchiano
L’invecchiamento riguarda tutti gli esseri viventi, sia gli organismi unicellulari, come batteri, funghi, e protozoi, sia gli organismi pluricellulari. Esistono determinate modifiche nella cellula che causano l’invecchiamento.
DNA
Il DNA contiene le istruzioni che regolano la sintesi della proteine. E’ inevitabile che una cellula vada incontro ad alterazioni del DNA nel corso della sua vita. Alcuni esempi di alterazioni del DNA sono le mutazioni puntiformi, le rotture a doppio filamento e le traslocazioni. Per ripristinare la struttura corretta del DNA, la cellula utilizza dei sistemi di riparazione. L’aumento di alterazioni del DNA, oppure il ridotto funzionamento dei sistemi di riparazione, accelerano la senescenza, una condizione caratterizzata dall’arresto del ciclo cellulare dovuta all’accumulo di danni.
Il DNA dei microrganismi eucarioti, tra i quali protozoi e lieviti, contiene i telomeri alle sue estremità. I telomeri mantengono integro il DNA ad ogni divisione cellulare. L’accorciamento dei telomeri rappresenta un’altra possibile causa di invecchiamento.
Proteine
Dopo la traduzione del DNA avviene il ripiegamento, che consente alle proteine di svolgere le loro funzioni. Per questo, i microrganismi e gli esseri pluricellulari hanno sviluppato dei meccanismi per garantire il corretto ripiegamento delle proteine, così come la rimozione delle proteine con struttura errata. In assenza di questi sistemi, si formano degli aggregati di proteine disfunzionali. In effetti, è stato osservato in batteri e lieviti coltivati in laboratorio che l’accumulo di depositi proteici contribuisce alla senescenza.
Stress ossidativo
Numerosi fattori interni ed esterni alla cellula possono provocare l’accumulo di specie reattive dell’ossigeno (ROS), molecole che degradano la membrana cellulare e intaccano il DNA, compresi i telomeri. I microrganismi sono in grado contrastare lo stress ossidativo entro certi limiti. Alcune condizioni, come un ambiente ricco di ossigeno, aumentano la concentrazione di ROS, rendendo difficile la loro neutralizzazione. I microrganismi eucarioti possiedono inoltre i mitocondri, che generano ROS con la respirazione cellulare.
Strategie anti-invecchiamento dei microrganismi
I microrganismi possono far fronte ai danni che conducono all’invecchiamento con diverse modalità.
Partizione dei componenti danneggiati
Molti microrganismi vanno in senescenza e poi riescono a ringiovanire riducendo la quantità di componenti cellulari danneggiati (DCC) presenti al loro interno. I DCC includono aggregati proteici e mitocondri difettosi. Con i cicli di divisione, i microrganismi possono diminuire i DCC. Se si dividono in modo simmetrico, entrambe le cellule figlie ereditano quantità simili di DCC. Se invece si dividono in modo asimmetrico, una cellula eredita la maggior parte di DCC, mentre l’altra ringiovanisce, perchè diminuisce la quantità di DCC al suo interno.
La divisione asimmetrica si verifica anche durante lo sviluppo embrionale degli organismi pluricellulari ed è utilizzata dalle cellule staminali per auto-rinnovarsi, formando al tempo stesso dei progenitori di cellule specializzate.
Riparazione del DNA e delle proteine
I microrganismi possiedono delle risorse per riparare DNA e proteine. Ad esempio, il batterio Escherichia coli produce una quantità di enzimi di riparazione del DNA per escissione di basi tale da riuscire ad intercettare questo tipo di danno una volta ogni 10 minuti. La ricombinazione omologa e l’unione delle estremità non omologhe sono invece processi di riparazione di rotture a doppio filamento del DNA.
Negli eucarioti, gli enzimi telomerasi ripristinano la lunghezza dei telomeri. Le proteine chaperone intervengono invece per riparare o rimuovere le proteine danneggiate.
Prevenzione dei danni
Il normale metabolismo della cellula conduce inevitabilmente all’invecchiamento, ad esempio a causa della produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). I microrganismi accumulano meno danni quando sospendono temporaneamente il metabolismo mediante l’arresto del ciclo cellulare, entrando in uno stato reversibile di dormienza. Questa condizione, oltre a rallentare l’invecchiamento, è utile ai microrganismi in condizioni avverse, come in ambienti con poche sostanze nutritive.
Risposta allo stress ossidativo
I principali ROS che danneggiano le cellule sono lo ione superossido (O2−), il perossido di idrogeno (H2O2) e il radicale idrossile (·OH), che possono derivare dal normale metabolismo aerobico oppure dall’ambiente esterno. I microrganismi tollerano solo una certa quantità di ROS, mentre livelli eccessivi diventano tossici. In genere, i microrganismi possono produrre degli enzimi che reagiscono con i ROS per neutralizzarli.
Microrganismi immortali
Nonostante siano state documentate diverse strategie anti-invecchiamento, non è ancora chiaro come alcuni microrganismi possano vivere per migliaia di anni, addirittura in ambienti difficili.
Bacillus cereus, ceppo F
Bacillus cereus è un batterio diffuso nel suolo, che passa alla forma di spora in condizioni ambientali critiche. Alcuni ceppi di B.cereus sono responsabili di intossicazioni alimentari.
Un ceppo di B. cereus, nominato “F”, è stato isolato in Russia, nella Siberia Orientale, da un campione di permafrost di età pari a circa 3 milioni di anni. I ricercatori sono in seguito riusciti ad indurre la crescita di B. cereus, ceppo F, in condizioni standard di laboratorio.
Anche se B. cereus può formare spore, è sorprendente come il ceppo F sia riuscito a sopravvivere per milioni di anni a temperature sottozero, con pochissime sostanze nutritive e resistendo a molte altre condizioni avverse, tra cui le radiazioni emesse dal suolo.
Archaea alofili
Gli Archaea sono microrganismi procarioti simili ai batteri, che possiedono caratteristiche uniche. Infatti, diverse specie di Archaea vivono in ambienti estremi, ad esempio a pressione, concentrazione di sale o temperature elevate.
Alcuni ricercatori hanno isolato degli Archaea alofili da depositi salini di 22.000 – 34.000 anni. I generi di Archaea identificati (Halorubrum, Natronomonas e Haloterrigena) sono stati poi coltivati in laboratorio, dimostrando la loro capacità di mantenersi in vita per migliaia di anni.
Protozoi
I protozoi sono microrganismi eucarioti unicellulari. Alcune specie di protozoi sono parassite e infettano animali e uomo, in modo asintomatico o causando sintomi gravi.
La letteratura scientifica riporta dei casi di protozoi coltivati in laboratorio per decenni. Una coltura del protozoo Paramecium aurelia, iniziata nel 1907, è stata mantenuta per 36 anni, durante i quali il microrganismo ha attraversato circa 21.800 generazioni. In modo simile, una coltura di Tetrahymena pyriformis del 1923 è risultata vitale dopo 51 anni.
Virus giganti
I virus non sono esseri viventi, in quanto non posseggono un metabolismo e possono replicarsi solo all’interno di cellule. Nonostante questo, sono stati scoperti dei virus giganti in grado di sopravvivere per migliaia di anni.
I virus giganti contengono DNA e sono visibili al microscopio ottico. Da un campione di permafrost di circa 30.000 anni presente in Siberia, è stato scoperto il virus Pithovirus sibericum, utilizzando l’ameba Acanthamoeba come esca. Di fatto, questo virus gigante dal diametro di circa 0.5 μm (dimensioni paragonabili al batterio Escherichia coli) è riuscito ad infettare un’ameba dopo migliaia di anni. Dal medesimo campione di permafrost, e applicando lo stesso metodo, è stato inoltre isolato il virus gigante Mollivirus sibericum, anch’esso in grado di infettare Acanthamoeba dopo esser rimasto nel permafrost per 30.000 anni.
Non è ancora noto il meccanismo che ha permesso a questi virus giganti di sopravvivere così a lungo, anche se una possibile spiegazione potrebbe riguardare la struttura del capside virale.
Prospettive future
Approfondire le modalità con cui i microrganismi evitano l’invecchiamento potrebbe permettere di trattare alcune malattie umane, come le malattie neurodegenerative. Infatti, come avviene nei microrganismi, le cellule degli esseri viventi pluricellulari accumulano danni nel corso del tempo. Un caso noto è la malattia di Alzheimer, caratterizzata dall’accumulo di aggregati proteici nei neuroni.
In conclusione, le conoscenze acquisite dallo studio dei microrganismi immortali potrebbero rivelarsi utili per migliorare la salute e l’aspettativa di vita dell’uomo.
Fonti
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Crediti immagini
- Immagine in evidenza: https://www.flickr.com/photos/zeissmicro/9132342077
- Figura 1: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Telomeres.png
- Figura 2: A) https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Schizosaccharomyces_pombe_division.JPG; B) https://www.zeiss.com/microscopy/en/resources/insights-hub/life-sciences/c-elegans-embryo-cell-division-tracking-2.html
- Figura 3: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bacillus_cereus_SEM-cr.jpg