Aspergillus flavus è un fungo appartenente agli Ascomiceti ed il maggior agente patogeno responsabile degli attacchi alla spiga; esso è presente in tutte quelle aree del pianeta che hanno un clima temperato o caldo-umido (90-98% di umidità relativa). Essendo un fungo soil-borne, ovvero terricolo, esso è in grado di vivere in maniera saprofitica sui residui vegetali. In essi si conserva sotto forma di propaguli, sclerozi o ife, strutture che rappresentano le fonti di inoculo primario. I terreni ricchi di sostanza organica e di sostanze nutritive rappresentano un substrato ideale per l’incubazione del fungo e, se lavorati con tecniche che prevedono uno scarso rimescolamento ed interramento della sostanza organica come il minimum tillage od il no-tillage, possono essere considerati estremamente pericolosi in quanto fonti di una fortissima presenza di inoculo fungino.
Possiamo suddividere il ciclo vitale di A. flavus in due stadi (Fig.1) : nel primo il patogeno colonizza i residui colturali che si trovano nel suolo in modo tale di rimanervi anche negli anni successivi, mentre nel secondo stadio, che solitamente inizia in primavera, le strutture di conservazione iniziano a germinare, producendo un inoculo conidiale dal quale si origina l’infezione che interesserà i tessuti della pianta.
Eventuali situazioni di stress idrici e/o termici rendono la pianta ospite più esposta, facilitando e aggravando la colonizzazione da parte del patogeno. Qualora questi eventi si verifichino durante la fase di riproduzione, nella pianta le sete diventano più deboli; questo rende molto più facile l’ingresso del patogeno attraverso le sete stesse, da dove successivamente l’infezione si propaga sino alle cariossidi che sono in fase di formazione, in un arco temporale di 4-13 giorni. Un’altra via d’accesso che il patogeno può utilizzare per infettare la pianta è quella rappresentata dalle ferite.
La piralide (Ostrinia nubilalis, Fig.2), insieme ad altri insetti minatori di minore importanza, ricopre un ruolo fondamentale in quanto le larve, attraverso le rosure che arrecano a danno della pianta (nelle cariossidi ed in altri tessuti), facilitano l’ingresso del patogeno in quanto fungono da vettore per i conidi che si trovano sul loro corpo.
La generazione di Ostrinia nubilalis che arreca i danni di maggiore entità è la seconda, quella cioè che compare nel periodo della prima decade di luglio, momento in cui la possibilità che la pianta vada incontro a stress idrici e termici (per eccessivo calore), sono più alti. Come già accennato, stress fisiologici, associati a stress di natura fisica rendono la pianta più debole ed esposta agli attacchi del patogeno.
Generalmente le cariossidi non vengono immediatamente colonizzate all’interno prima che si verifichi l’inizio della fase della maturazione fisiologica; nonostante questo, trascorsi una quindicina di giorni, il fungo può aver colonizzato anche il 30% delle cariossidi. L’avanzamento del patogeno è molto contenuto finché perdura una situazione di umidità superiore al 32%, ma cresce velocemente dal momento in cui il tasso d’umidità si porta al di sotto del 28%. Si ritiene che questo evento sia dovuto al fatto che le cariossidi, data l’attività fisiologica ridotta dovuta alla fase di maturazione in cui si trovano, non siano in grado di esprimere le difese attive di cui dispongono.
Qui il patogeno inizia a metabolizzare enzimi in grado di idrolizzare il pericarpo delle cariossidi, superando così questa barriera fisica e spostandosi nelle cellule vegetali.
Le circostanze di maggior criticità, nelle quali si verificano gli accumuli di micotossine ad opera di A. flavus, si manifestano quando si verifica un ritardo nella raccolta, in quanto la coltura, permanendo in campo per un periodo eccessivo, va incontro a situazioni che riportano le condizioni ideali affinché il fungo manifesti il suo massimo potenziale tossigeno, causando così il problema di presenza di aflatossine nel prodotto stoccato. Tale problema si manifesta anche nel caso in cui la raccolta sia eccessivamente anticipata, in quanto il prodotto presenterà un’elevata umidità, non compatibile con i parametri richiesti. Infatti in fase di stoccaggio, in casi del genere, il patogeno si trova nelle condizioni ideali per il suo sviluppo e l’ulteriore sintesi di micotossine, causando così uno scadimento qualitativo. La raccolta del mais avviene quando la granella ha un tasso d’umidità pari al 18% circa (aw circa 0,85), che viene poi portato a valori inferiori negli stabilimenti di stoccaggio. Qualora in campo si verifichino le condizioni per l’accumulo di tossine, la raccolta è anticipata a quando la granella ha un’umidità inferiore od uguale al 24%.
Ci sono diversi metodi e pratiche che aiutano a contenere la presenza dei patogeni in campo ed a controllare la contaminazione della granella da micotossine; ognuno di questi metodi apporta però solo un contributo parziale.
Luana Bignozzi