Le aflatossine (o afflatossine) sono micotossine prodotte da specie fungine appartenenti alla classe degli Ascomiceti (genere Aspergillus, Fusarium), oppure da altre muffe; altamente tossiche, sono tra le sostanze più cancerogene esistenti. In condizioni ambientali favorevoli le spore degli Aspergillus germinano e successivamente colonizzano le granaglie (cereali, legumi, semi oleosi) e la frutta secca, da queste possono trasferirsi ai carboidrati derivati (farine).
Scoperta e caratterizzazione delle aflatossine
Il termine aflatossina deriva dall’ Aspergillus flavus, responsabile della prima epidemia da micotossine, documentata nel 1961, scatenata da una partita di farina di arachidi contaminata che causò la morte di più di 10.000 tacchini; ignorandone le cause, fu in un primo momento chiamata Malattia X del tacchino. I prodotti coltivati secondo pratiche di agricoltura biologica, che non prevedono trattamenti fungicidi, sono più suscettibili alla contaminazione da aflatossine poiché non vi si trovano impedimenti chimici per lo sviluppo. Anche se non è automatico considerarlo un prodotto a rischio, il latte può contenere aflatossine, nel caso in cui le vacche dal quale viene munto siano state nutrite con mangimi contaminati. Queste micotossine, di conseguenze, possono trasmettersi all’essere umano, anche attraverso il consumo di formaggi e yogurt; per le stesse ragioni, la presenza di aflatossine negli alimenti coinvolge anche le carni, fortunatamente in quantità modeste.
I fattori fisici, nutrizionali e biologici influiscono sulla produzione di aflatossine, le condizioni ottimali di crescita sono:
- pH acido e O2
- temperatura: 36–38°C
- umidità ambientale: 83- 88%
Struttura molecolare
In base alla caratteristica fluorescenza, le aflatossine possono essere divise in B1 e B2 (fluorescenza blu), G1 e G2 (fluorescenza verde)
Chimicamente esse rappresentano:
• aflatossina B1: metossi-difuro-cumarone
• aflatossina G1: metossi-difuro-cumaro-lattone
Le B2 e G2 sono i diidroderivati rispettivamente della B1 e G1.
Sono basso peso molecolare, alto punto di fusione (269°C per aflatossina B1) ed elevata termostabilita (fino a 250°C). Fra le 18 aflatossine finora isolate cinque sono considerate rilevanti sia per diffusione che per tossicità e sono l’ aflatossina: B1, B2, G1, G2 e l’aflatossina M1. Quest’ ultima deriva dall’ idrossilazione metabolica della B1.
Effetti sull’organismo delle aflatossine
L’impatto delle aflatossine sulla salute umana può risultare seriamente dannoso e provocare eventi di tossicità acuta sia a breve che a lungo termine.
Effetti a breve termine si verificano subito dopo l’ingestione e possono provocare:
- distruzione delle cellule epatiche e aumento del volume epatico
- emorragie intestinali
- inappetenza, apatia e febbre alta
- problemi renali
- anemia
- edema polmonare
L’azione a lungo termine è genotossica e cancerogena, provocando un alterazione del DNA e favorendo l’insorgenza di tumori, in particolare al fegato. Oltre che a livello epatico queste sostanze agiscono negativamente sul sistema immunitario e favoriscono la comparsa di tumori anche in sedi extraepatiche (cistifellea, colon, ghiandole salivari, polmoni, rene, stomaco). Sono inoltre estremamente rischiose sia per gli animali che per gli esseri umani in gravidanza poiché possono provocare malformazione nel feto e difetti anche letali.
Prevenzione
L’attacco e la crescita fungina in campo prima del raccolto possono essere evitati in qualche misura mediante appropriate tecniche agronomiche, che includono:
- scelta della varietà adatta per la località
- appropriata coltivazione del terreno e rotazione delle colture
- fertilizzazione bilanciata
- semina non eccessivamente intensiva
- raccolta al momento opportuno (in condizioni meteorologiche instabili la raccolta precoce con granella ad umidità superiore al 30% è da preferire)
- adozione di misure atte a minimizzare l’attacco di insetti
Durante la raccolta è importante non danneggiare il prodotto, per evitare la diffusione delle aflatossine, non far sostare il prodotto troppo a lungo prima dell’essiccazione ed effettuare una vagliatura corretta. Dopo il raccolto, in fase di stoccaggio, sono da adottare:
- una rapida essiccazione del prodotto dopo la mietitura fino ad umidità commerciale
- buone pratiche di gestione delle materie prime e dei mangimi
- sistematica pulizia delle linee di trasporto e delle coclee
- conservazione nei sili a valori di umidità sicuri
- ispezione dei prodotti per evidenziare aumenti di temperatura
In stalla invece la prevenzione inizia con un monitoraggio costante del latte per la presenza di aflatossina M1, soprattutto ad ogni modifica della razione o all’apertura di un nuovo insilato/pastone. Altrettanto importante risulta essere il monitoraggio degli alimenti aziendali il cui contenuto in aflatossine deve rispettare i limiti di legge (5 ppb per i mangimi e 20 per il mais).
Inattivazione delle aflatossine
Metodi fisici
I metodi fisici atti a ridurre la contaminazione da aflatossine comprendono la pulizia e il lavaggio, la separazione dei semi contaminati da quelli sani e il trattamento con calore; si è visto ad esempio che la setacciatura con un vaglio da 5 mm ha ridotto la contaminazione da aflatossine del 70%. Vi sono alcune tecniche che separano le cariossidi contaminate dalle sane sfruttando la differenza di densità e quindi il galleggiamento delle prime in soluzioni concentrate di zuccheri o di sale. La sensibilità al calore dipende dal tipo di micotossina, dalla temperatura, dalla durata del trattamento termico e dall’umidità del substrato.
Metodi chimici
Diverse sostanze chimiche sono state analizzate al fine di valutare la loro capacità di decontaminare prodotti contaminati da aflatossine. Tra queste sono state considerate interessanti:
- bisolfito di sodio
- ammoniaca
- urea + ureasi
- idrossido di calcio (4%) e paraformaldeide (0,5%).
Metodi biologici
In alternativa ai metodi chimici e fisici adottati per la decontaminazione di vegetali esistono metodi biologici che prevedono la minimizzazione dell’effetto nocivo delle tossine mediante la modificazione della dieta, ad esempio:
- aggiunta sostanze che influenzano il metabolismo delle tossine (BHA, BHT, etossichina, oltipraz)
- inoculi microbici dei vegetali
- somministrazione di anticorpi monoclonali contro le tossine
- aggiunta di agenti leganti per ridurre l’assorbimento di tossine (argille, zeoliti, silicati, carbone vegetale).
Il quadro UE
L’EFSA fornisce consulenza scientifica ed esegue valutazioni dei rischi da aflatossine per i responsabili UE della gestione del rischio, aiutandoli a valutare la necessità di misure di regolamentazione per la sicurezza dii alimenti e mangimi contaminati. In particolare all’ EFSA viene chiesto di:
- valutare la tossicità delle aflatossine per gli esseri umani e gli animali in considerazione di tutte le informazioni tossicologiche pertinenti a disposizione
- valutare l’esposizione umana e animale utilizzando i dati di presenza ricavati, in particolare, dalle attività di monitoraggio svolte negli Stati membri dell’ UE
- considerare l’esposizione di gruppi specifici della popolazione, ad esempio lattanti e bambini, e persone che seguono diete particolari
- considerare l’esposizione di diverse specie animali come gli animali d’allevamento, i pesci e gli animali da compagnia (animali domestici e cavalli)
- formulare raccomandazioni sulla ricerca relativa alla raccolta di ulteriori dati sulle micotossine per migliorare le valutazioni del rischio.
La normativa UE tutela i consumatori:
- fissando i livelli massimi di aflatossine in alimenti e mangimi per garantire che non nuocciano alla salute umana o animale;
- mantenendo i tenori di aflatossina al livello più basso ragionevolmente conseguibile, seguendo le buone pratiche raccomandate in materia di agricoltura, stoccaggio e lavorazione.
I tenori massimi di aflatossine e di altri contaminanti negli alimenti sono stabiliti nel regolamento (CE) 1881/2006 e successive modifiche. Le disposizioni relative ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine sono state introdotte con il regolamento (CE) n. 401/2006.
- Regolamento (CE) 1881/2006 che stabilisce i livelli massimi di taluni contaminanti nei prodotti alimentari
- Regolamento (CE) 401/2006 sul controllo ufficiale dei livelli di aflatossine nei prodotti alimentari
La direttiva 2002/32/CE stabilisce i livelli massimi di contaminanti, comprese le aflatossine, ammessi nei mangimi. Alla luce delle forti variazioni osservate nella presenza di tali micotossine da un anno all’altro e del limitato trasferimento delle fusariotossine e dell’ ocratossina A dagli alimenti ai mangimi, nella raccomandazione 2006/576/CE è stato adottato per tali micotossine un approccio in due tempi.
- Direttiva 2002/32/CE relativa alle sostanze indesiderabili nell’alimentazione degli animali
- Raccomandazione 2006/576/EC su talune aflatossine nei mangimi
Dr. Giosuè Ruggiano
Fonti
- Aflatossine: cosa sono e che rischi per la salute comportano (tuttogreen.it)
- PowerPoint Presentation (unite.it) PowerPoint Presentation (unite.it)
- Aflatossine nei prodotti alimentari | EFSA (europa.eu)
- Microsoft Word – Aflatossina_m1 da pubblicarer doc.doc (sanita.marche.it)
- Aflatossina – Wikipedia
- Immagine iniziale: Aflatossine negli alimenti (cucinare.it)
- Figura 1: Micotossine – Analisi Control Srl
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