“A tutta birra!” – Non solo Saccharomyces: le fermentazioni alternative

Se è vero che la birra non è solo alcol etilico (come dicevamo nell’articolo sui composti aromatici), è altrettanto vero che la birra non è solo Saccharomyces. Questa tappa della rubrica “A tutta birra!” vi porta infatti alla scoperta delle fermentazioni alternative per la produzione della birra, processi che fanno uso di specie di lieviti non-Saccharomyces.

E’ un settore in forte espansione quello delle fermentazioni alternative: sono molti infatti i birrifici (soprattutto i microbirrifici) dediti alla ricerca di nuove strategie fermentative per migliorare la qualità delle loro birre. L’obiettivo è quello di ottenere prodotti con note aromatiche particolari e stili originali che soddisfino le esigenze del mercato e il palato degli appassionati bevitori.

ceppi utilizzati per la fermentazione della birra
Figura 1 – Ceppi utilizzati per la fermentazione della birra

Tra le strategie più comuni per ottenere aromi originali rientrano infatti innanzitutto l’utilizzo di materie prime (malti, cereali e luppoli) particolari, ricercate e di elevata qualità. Ma l’utilizzo di specie microbiche alternative (Figura 1) in co-fermentazione tra loro è di certo la proposta più innovativa e promettente in termini di resa del prodotto finale.

Nell’articolo che segue conosceremo meglio i principali ceppi di lieviti appartenenti a specie non-Saccharomyces che sono sempre più oggetto di interesse dei birrifici alla ricerca di metodi di fermentazione alternativa.

Le specie non-Saccharomyces e le fermentazioni alternative

La maggior parte dei ceppi NON appartenenti al genere Saccharomyces (anche detti non-convenzionali) che mostrano interessanti potenzialità per la produzione della birra derivano del settore enologico. Sono, cioè, in genere, ceppi naturalmente presenti nei consorzi microbici per la fermentazione del vino.

A qualcuno potrà sembrare scontato (in fin dei conti pur sempre di fermentazione si tratta!), ma non lo è affatto. Bisogna infatti considerare che per produrre i due tipi di bevande si parte da materie prime (malto e uva) con composizioni zuccherine diverse e condizioni di processo (temperatura, pH, ossigeno) diverse. Tutti questi parametri influenzano il metabolismo dei microrganismi e permettono di ottenere prodotti con notevoli differenze organolettiche e aromatiche (Figura 2).

differenza tra ceppi convenzionali e non convenzionali nella fermentazione della birra
Figura 2 – Differenza tra ceppi convenzionali e non-convenzionali nella fermentazione della birra (Capece et al., 2018)

Ma è proprio questa la chiave delle potenzialità dei lieviti: la loro flessibilità metabolica fa sì che possano produrre composti aromatici diversi in varie condizioni e di contribuire quindi alla produzione di aromi originali ed unici!

Le specie non-Saccharomyces per la birra

L’utilizzo di ceppi non-Saccharomyces non è del tutto nuovo nel mondo della birra. Ad esempio, alcuni ceppi alternativi sono già naturalmente presenti nel microbiota responsabile della fermentazione spontanea nelle birre in stile lambic. Grazie al loro isolamento poi, diversi studi hanno messo in evidenza le loro peculiarità metaboliche e le numerose potenzialità applicative nel settore.

Parliamo principalmente di 5 specie di lieviti: Torulaspora delbrueckii, Brettanomyces bruxellensis, Pichia kluyverii, Wickerhamomyces anomalus e Lachancea fermentati. Sono tutti accomunati da una ridotta capacità fermentativa e sono quindi potenzialmente utili per la produzione di birre a basso contenuto di alcol, ma dal gusto deciso (caratteristiche sempre più ricercate). Conosciamoli uno per uno.

Torulaspora delbrueckii

T. delbrueckii è un lievito appartenente al genere Torulaspora ed è noto per essere uno dei principali lieviti responsabili della fermentazione del vino.

osservazione al microscopio di t. delbrueckii
Figura 3 – Osservazione al microscopio di T. delbrueckii

Per quanto riguarda la morfologia, le cellule di T. delbrueckii sono sferiche o ovoidali, del diametro di 2-6 x 3-7 μm e quindi più piccole di S. cerevisiae (Figura 3). Raramente possono formare pseudoife, ma non producono mai delle ife in senso stretto.

T. delbrueckii è rinomato per il suo ruolo fondamentale nella co-fermentazione del vino insieme a S. cerevisiae. Grazie alle sue caratteristiche metaboliche è infatti in grado di ridurre il contenuto di composti aromatici indesiderati quali acetaldeide, acetoina ed acido acetico, e di contribuire piuttosto alla creazione di profili aromatici intensi e piacevoli. Numerosi gruppi di ricerca nel settore pubblico e privato sono stati attratti dalla possibilità di sfruttare queste caratteristiche metaboliche per la produzione di birra.

Le caratteristiche metaboliche di T. delbrueckii

Tra le tante specie alternative, T. delbrueckii è molto simile a S. cerevisiae in termini di fisiologia. Alcune differenze metaboliche tra le due specie però sono notevoli:

  • T. delbrueckii è caratterizzato da elevati tassi di produzione di CO2 e consumo di O2 rispetto a S. cerevisiae e questo comporta una minore efficienza fermentativa e crescita in termini di biomassa;
  • a dispetto di S. cerevisiae, T. delbrueckii è in grado di sintetizzare enzimi utili come esterasi, β-glicosidasi, lipasi e proteasi e di produrre elevate quantità di aromi, in particolare esteri (isoamil acetato ed etil esanoato);
  • T. delbrueckii è in grado di consumare maltosio più lentamente, dando maggior intensità e complessità alla bevanda finale, anche se con un ridotto contenuto di alcol etilico.

Ed è per questi motivi che molti studi si focalizzano sulla co-fermentazione e sulle diverse possibili combinazioni di ceppi (Figura 4) per ottenere un’ampia varietà di prodotti finali con caratteristiche organolettiche e aromatiche tra loro diverse ed uniche.

Tiny pillows esperimento di co-fermentazione con T. delbrueckii
Figura 4 – Tiny pillows è una delle prima birre sperimentali prodotta mediante co-fermentazione con T. delbrueckii

Un’altra interessante caratteristica è la termotolleranza e la buona adattabilità alla crescita a basse temperature.

Brettanomyces bruxellensis

B. bruxellensis è una specie di lievito non-convenzionale appartenente al genere Brettanomyces (Figura 5). E’ anche denominata Dekkera bruxellensis, dal nome della micologa olandese Nellie Dekker che contribuì al quadro della tassonomia dei lieviti. Questa specie recentemente sta destando molti interessi nel mondo della fermentazione per le sue caratteristiche uniche.

myces bruxellensis al microscopio
Figura 5 – Osservazione al microscopio di B. bruxellensis

Varie sono le fonti da cui è possibile isolarlo naturalmente: la superficie di diversi frutti, bevande e cibi fermentati come il kefir, il kombucha e le olive. B. bruxellensis è inoltre uno dei componenti principali del microbiota delle birre in stile lambic.

Le caratteristiche metaboliche di B. bruxellensis

La sua peculiarità è quella di un’ampia versatilità nella produzione di metaboliti secondari che, inizialmente, venivano considerati indesiderati e che invece, se gestiti e combinati tra loro in maniera corretta, danno origine ad aromi ricercati dagli esperti del settore (come aromi esotici, papaya, mango, ananas, ecc). B. bruxellensis può infatti contribuire alla creazione di diversi profili aromatici, caratteristici di birre molto note, che sicuramente vi sarà già capitato di gustare (Figura 6). Se non lo avete fatto, meritano davvero un sorso!

stili di birre e aromi ottenuti con B. bruxellensis
Figura 6 – Stili di birra e relativi aromi che si possono ottenere mediante fermentazione con B. bruxellensis (Serra Colomer et al., 2019)

Le principali caratteristiche metaboliche di B. bruxellensis sono:

  • la capacità di consumare tantissime fonti di carbonio, tra cui anche cellobiosio e destrine. Quest’ultima capacità lo rende utile per la produzione di birre a basso contenuto calorico (sì, una questione quasi eretica, ma sono le richieste del mercato);
  • la capacità di sintetizzare bassissime quantità di glicerolo;
  • un’elevata resistenza all’etanolo (fino al 15% v/v) e a bassi pH (fino a 3) in condizioni di anaerobiosi, caratteristiche che lo rendono adatto a fermentazioni in condizioni estreme;
  • è infine un ottimo produttore di composti aromatici come fenoli (4-etilfenolo e 4-etilguaiacolo) ed esteri (isoamil acetato e 2-fenilacetato responsabili rispettivamente dell’aroma di banana e miele).

Pichia kluyveri

P. kluyveri (Figura 7) è una specie appartenente al genere Pichia e viene utilizzato a livello industriale come inoculo per la produzione di vini particolarmente dolciastri. E’ possibile isolarlo in natura sulle parti carnose di piante esotiche e tropicali come i cactus e su frutti in stato di marcescenza.

al microscopio di P. kluyveri
Figura 7 – Osservazione al microscopio di P. kluyveri

Recentemente, questa specie ha trovato applicazione nella produzione di birre alcol-free o a basso contenuto di alcol, grazie ad alcune caratteristiche metaboliche:

  • la ridotta capacità di fermentare il glucosio unita alla capacità di metabolizzare composti presenti nei luppoli in composti volatili desiderabili, che donano aromi peculiari alla birra pur essendo priva di etanolo (max 0.2-0.6%);
  • la capacità di sintetizzare composti tiolici come il 3-mercapto-esil acetato (aroma di frutto della passione) e il 3-mercaptoesanolo (aroma di pompelmo);
  • l’elevata velocità di fermentazione, comparabile a S. cerevisiae;
  • la capacità di sintetizzare in grande quantità esteri e alcoli superiori.
birra priva di alcol etilico prodotta con P. kluyveri
Figura 8 – Brooklyn Brewery è un microbirrificio americano che produce birre alcol-free utilizzando P. kluyveri

Tutte queste caratteristiche rendono questo ceppo particolarmente interessante e dalle elevate potenzialità per la produzione di birre a basso contenuto alcolico (Figura 8). A livello industriale, però, il processo ha ancora bisogno di essere implementato su larga scala.

Wickerhamomyces anomalus

W. anomalus (Figura 9), precedente classificata come Pichia anomala, è una specie appartenente al genere Wickerhamomyces. Viene frequentemente isolato sulla superficie di frutti maturi (uva) e in varie tipologie di vini.

osservazione al microscopio di w. anomalus
Figura 9 – Osservazione al microscopio di W. anomalus

Infatti, questa specie microbica viene impiegata nella fermentazione per la produzione di vini perché apporta alcuni importanti vantaggi. Da un lato produce composti aromatici peculiari, dall’altro svolge un’azione di contrasto a microrganismi indesiderati che possono prendere il sopravvento nella fermentazione.

E’ stato recentemente preso in considerazione per la produzione della birra in quanto è in grado di:

  • produrre elevate quantità di etil propanoato ed etilacetato: quest’ultimo composto, in particolare, ha note proprietà antifungine e contribuisce a tenere sotto controllo altre specie microbiche indesiderate;
  • consumare efficacemente il maltosio, secondo alcuni studi anche meglio di altre specie.

Queste caratteristiche rendono W. anomalus un ottimo candidato per la produzione di tipologie di birre innovative in co-fermentazione con altre specie (Figura 10).

Birra dell'eremo birrificio italiano che produce birra con W. anomalus
Figura 10 – Birra dell’eremo produce We2, birra co-fermentata con W. anomalus

Lachancea fermentati

L. fermentati è un lievito non-convenzionale (Figura 11) appartenente al genere Lachancea, isolato dal kombucha.

Osservazione di L. fermentati al microscopio
Figura 11 – Osservazione al microscopio di L. fermentati

Ha recentemente ottenuto notevoli attenzioni per la sua peculiare capacità di produrre elevate quantità di acido lattico durante la fermentazione alcolica.

L’acido lattico nel metabolismo microbico viene prodotto a partire dal piruvato, il prodotto finale della glicolisi. Il ruolo fisiologico della produzione di acido lattico non è ancora del tutto chiaro, ma ha sollevato un grande interesse industriale per conferire aromi particolari a bevande fermentate come vino e birra. Diversi studi recenti hanno infatti proposto l’utilizzo di L. fermentati per la produzione di birre cosiddette acide. Questo permetterebbe di evitare l’utilizzo di batteri lattici o l’aggiunta manuale di acido lattico sintetico.

Tra le altre caratteristiche di questa specie rientra l’incapacità di metabolizzare il maltotriosio (zucchero libero presente nel mosto) che rende poco efficace la capacità fermentativa di L. fermentati (fino a 2.6% di etanolo).

Nuove strategie per nuovi obiettivi

Queste sono le principali specie non convenzionali, alternative ai ceppi del genere Saccharomyces che mostrano caratteristiche promettenti per la produzione di innovative tipologie di birre. Oggigiorno, queste specie vengono utilizzate in co-fermentazione con altre specie microbiche per sfruttare solo alcune delle loro caratteristiche microbiche. Nulla esclude però che in futuro potremo ritrovarci a bere una birra interamente prodotta con T. delbrueckii o altri ceppi particolari.

Chissà.. per ora, brindiamoci su! Alla prossima puntata di “A tutta birra!”

Cheers!

Bibliografia e sitografia

  • Bellut, K., et al (2019). Investigation into the Potential of Lachancea fermentati Strain KBI 12.1 for Low Alcohol Beer Brewing. Journal of the American Society of Brewing Chemists, 1–13. doi:10.1080/03610470.2019.1629227 
  • Canonico, L., et al. (2016). Torulaspora delbrueckii in the brewing process: A new approach to enhance bioflavour and to reduce ethanol content. Food Microbiology, 56, 45–51. doi:10.1016/j.fm.2015.12.005
  • Capece, A., et al. (2018) Conventional and Non-Conventional Yeasts in Beer Production. Fermentation 4: 38
  • Michel, M., et al. ( 2016) Review: Pure non‐Saccharomyces starter cultures for beer fermentation with a focus on secondary metabolites and practical applications. J. Inst. Brew., 122: 569– 587. doi: 10.1002/jib.381.
  • Ramirez, M. and Velazquez, R. (2018) The Yeast Torulaspora delbrueckii: An Interesting But Difficult-To-Use Tool for Winemaking. Fermentation 4(4) 94 doi:10.3390/fermentation4040094
  • Serra Colomer, M., et al. (2019) The raise of Brettanomyces yeast species for beer production. Current Opinion in Biotechnology 56: 30-35
  • Zhang, B., et al. (2018) Use of Torulaspora delbrueckii Co-fermentation With Two Saccharomyces cerevisiae Strains With Different Aromatic Characteristic to Improve the Diversity of Red Wine Aroma Profile. Front Microbiol 9: 606 doi: 10.3389/fmicb.2018.00606
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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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