Intro
Il Cervello Sociale è un testo scritto da Louis Cozolino. La formazione dell’autore appare appieno negli argomenti trattati che spaziano dal territorio delle neuroscienze a quello della psicoterapia. Cozolino ci mostra cosa succede a livello neuronale quando interagiamo con gli altri, svelandoci, attraverso una attenta analisi, quella molteplicità di elementi di interazione e le successive ripercussioni sul nostro cervello di cui, solitamente, siamo inconsapevoli.
«Dalla nascita alla morte, tutti noi abbiamo bisogno di altri che ci scovino, siano interessati a scoprire chi siamo e ci aiutino a sentirci al sicuro. Le relazioni sono il nostro habitat naturale».
Trama e nuclei tematici
Gli argomenti trattati sono molteplici ma il concetto centrale che il lettore ritroverà durante tutto il percorso di lettura è quello di “sinapsi sociale”:
«La sinapsi sociale è lo spazio che ci separa. È anche il mezzo che ci lega insieme in organismi più ampi come la famiglia, i gruppi, le società e la specie umana come un tutto unico. […] Le persone, come i neuroni, si eccitano, si mettono in connessione reciproca e si collegano insieme per creare delle relazioni […].
I neuroni che si accendono contemporaneamente si legano insieme. Le persone che sono capaci di occuparsi l’una dell’altra, di intenerirsi, di parlare e di collegarsi si accendono anche insieme e sopravvivono insieme».
Cervello «vecchio» o cervello «saggio»?
Interessante notare all’interno del testo, nella sezione relativa al tema della plasticità sociale neurale, le osservazioni relative all’invecchiamento del cervello.
La nostra cultura tende a considerare come “imbarazzante” il declino del nostro cervello durante la senilità. Cozolino, però, sembra essere controcorrente e ci spinge a chiederci se questo sia effettivamente un male ricordandoci che «la morte programmata della cellula è un aspetto vitale dello sviluppo cerebrale: in questo modo i sistemi vengono modellati dall’esperienza diventando più efficienti funzionalmente».
Ricordando una storia, le persone anziane tendono a sfruttare entrambi gli emisferi, rispetto alle persone giovani che tendono ad affidarsi a un unico emisfero preferenziale. Questa diversa strategia può «offrire agli adulti più anziani una partecipazione emisferica più intensa che può portare a una migliore integrazione di affetto e conoscenza ampliando così la prospettiva».
Inoltre, si è notato come «adulti più anziani mostrano pattern di onde cerebrali più complessi durante l’elaborazione dell’informazione, il che indica che una quantità maggiore di reti neurali, meglio organizzate, sta partecipando a processi mentali di ordine più elevato (Anokhin et al., 1996)».
La perdita di informazioni potrebbe quindi essere nient’altro che una riorganizzazione in termini di eliminare l’inutile al fine di preservare l’utile e la struttura del cervello anziano potrebbe essere dovuta alla necessità di un maggiore ordine delle informazioni al fine di trasmettere saggiamente la cultura da una generazione all’altra.
Per cui, Cozolino, di fronte alla tendenza di considerare l’invecchiamento come un tragico declino, sostiene che, «in realtà, l’invecchiamento correla con una crescente riserva di conoscenza, un miglioramento della comprensione del significato e una conservazione e anche un miglioramento delle nostre capacità narrative (Levine, 2004)».
Per riuscire a essere detentori di quello che viene definito nel testo un «cervello saggio», sembrano essere rilevanti fattori quali «creatività matura, apertura a sentimenti e pensieri divergenti, e senso di connessione con gli altri e con il mondo (Kaasinen et al., 2005)».
Parere personale
Diversi sono gli aspetti interessanti del testo, ma l’argomento che più mi ha colpita riguarda la potenza delle narrative e la loro ripercussione sul nostro cervello. Visti i miei studi di psicologia, spesso mi si chiede un consiglio riguardante la lettura relativa alla crescita personale, e trovo sempre utile consigliare genericamente la categoria dei romanzi. Questa scelta molto spesso stupisce, ma la motivazione non è altro che quella che, a mio avviso, viene esaustivamente spiegata da Cozolino:
«Identificandoci con i protagonisti delle storie […], entriamo nel conflitto insieme a loro, ci scontriamo con diversi sentimenti e conosciamo noi stessi. […] le storie stesse diventano parte della nostra esperienza emotiva interna e vengono attivate quando ci imbattiamo in situazioni simili. […] Le narrative ci permettono di esercitarci a fronteggiare nella nostra immaginazione esperienze difficili, mentre il nostro cervello impara a far fronte alle emozioni che queste esperienze stimolano».
Dunque, immedesimarci nei panni dei nostri eroi, permette al nostro cervello di porsi d’innanzi a una prova che viene immagazzinata quale esperienza, poi riutilizzabile nel caso in cui ci si ponga realmente davanti a un tal problema.
Perché suggerire questo testo a esperti o appassionati di biologia?
Perché offre sia una visione prettamente biologica del cervello sociale nelle sue strutture e funzioni, sia un’interessante presentazione in chiave psicologica della sinapsi sociale indagando aspetti quali il linguaggio dei volti, i disturbi del cervello sociale e la plasticità sociale neurale.
Finiamo questa recensione con una citazione dello stesso libro di Cozolino:
«Anche se ci piace pensare di non essere così superficiali da valutare gli altri sulla base del loro aspetto, la ricerca indica che per quanto riguarda il cervello sociale il libro viene giudicato dalla copertina».
Per cui, non vi resta che giudicare …
Biografia
Louis Cozolino è professore di Psicologia alla Pepperdine University (LA, California) ed esercita privatamente la professione di psicologo clinico. Ha conseguito la laurea in filosofia presso la State University di New York a Stony Brook, di teologia presso la Harvard University e un dottorato di ricerca in psicologia clinica alla UCLA. Cozolino ha pubblicato numerosi articoli e sette libri, tra cui Il cervello sociale, Neuroscienze delle relazioni umane e Oltre il tempo, La formula naturale per la salute e la longevità.
Si ringrazia Valeria Nucera, studentessa in Psicologia e Neuroscienze Cognitive, autrice del presente articolo, per la Sua disponibilità.