Può l’amore per la botanica coincidere con l’amore per la microbiologia? Queste due discipline, così apparentemente distanti, possono intrecciarsi e plasmare il mondo così come lo conosciamo? Per rispondere a queste domande intervistiamo il dott. Paride Russo.
“Buongiorno, la ringraziamo per questa intervista con Microbiologia Italia. Prima di introdurre gli argomenti di oggi ci farebbe piacere sapere chi è e perché ama queste due bellissime discipline, la Botanica e la Microbiologia.”
Buongiorno, sono il dott. Paride Russo. Ho conseguito la laurea in Scienze Biologiche all’Università degli Studi di Bari, discutendo la tesi dal titolo: “Caratterizzazione di piante transgeniche di Solanum tuberosum che sottoesprimono il gene per la mannosio pirofosforilasi“. Quest’ultimo è un enzima importante nella via biosintetica dell’acido ascorbico, scopo della tesi è stato verificare gli effetti da carenza di vitamina C nelle piante. Nello stesso anno ho preparato un abstract: “Altered growth and development in ascorbate-deficent plants of Solanum tuberosum L.” per un congresso internazionale: embryogenesis and development regulation in plants, il 6 e il 7 marzo 2003 a Torino.
Ho lavorato presso la Metapontum Agrobios, per un progetto basato sulla trasformazione genetica di piante di pomodoro utilizzando un ceppo di Agrobacterium tumefaciens, precedentemente modificato con un plasmide ricombinante, usato come vettore d’espressione, con l’obiettivo di conferire, alle piante trasformate, resistenza agli stress abiotici, quali lo stress da carenza di acqua.
Nel 2006 ho seguito un corso per “Tecnico specialista nella gestione e l’applicazione del biorisanamento dei suoli contaminati”.
Attualmente lavoro nei laboratori di microbiologia dell’area Quality Control di un’azienda farmaceutica dove, tra le diverse attività, controllo la qualità microbiologica delle acque utilizzate nelle varie fasi del processo produttivo, verifico l’eventuale contaminazione microbica dei prodotti durante la loro lavorazione e prima del loro rilascio.
Sin da piccolo ho adorato la Natura che ci circonda, la Biologia dei microrganismi e in particolare la Botanica e, grazie agli studi universitari ho potuto approfondire tali materie e in particolare specializzarmi in quelle relative al regno vegetale, facendo esami di botanica generale, fisiologia vegetale, anatomia vegetale, citologia vegetale e botanica sistematica.
A partire dal 2016 l’amore per le piante superiori mi ha spinto a ricercare nei diversi habitat e biotopi del territorio di Pisticci (MT) le piante che lo caratterizzano, annotando tutte le specie osservate, descrivendole, fotografandone i loro caratteri diacritici, necessari per il loro riconoscimento e determinazione, catalogandole secondo l’attuale sistema di classificazione basato sulla filogenetica molecolare.
Dal 2018 sono socio del Forum Acta Plantarum e faccio parte del gruppo botanici. Grazie al sito Acta Plantarum ed ai Soci del Forum ho potuto migliorare le conoscenze di botanica sistematica e la capacità di determinazione delle specie vegetali attraverso l’osservazione morfologica delle piante superiori e il confronto tra di esse.
Attualmente sono arrivato a descrivere oltre 640 piante osservate nel territorio di Pisticci, con particolare attenzione alle piante commestibili, tossiche e officinali. Mi ha sempre affascinato la stretta collaborazione che si instaura tra i microrganismi e le piante, entrambi indispensabili per l’equilibrio della biosfera, nella quale sono individuabili un Flusso di energia ed un Ciclo della materia.
Le piante, attraverso la fotosintesi clorofilliana, utilizzando l’energia della radiazione solare, sintetizzano materia organica a partire dalla CO2 atmosferica e dall’acqua presente nel sottosuolo. I microrganismi decompositori svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo della materia, ed in particolare sono gli unici organismi in grado di chiudere l’anello del ciclo tra materia organica ed inorganica, permettendo il flusso continuo degli elementi.
Noi uomini dipendiamo dal corretto funzionamento di questo complesso sistema e dobbiamo avere maggiore rispetto per la Natura. Credo che i microrganismi e le piante possano svolgere un ruolo determinante nelle nuove politiche di Green Economy, Eco-sostenibilità e Biorisanamento.
“Da quello che possiamo capire la Botanica e la Microbiologia, materie all’apparenza così distanti, in realtà sono fortemente interconnesse. Un esempio possiamo vederlo quando parliamo di Rizosfera, può spiegare ai lettori di cosa stiamo parlando?”
La rizosfera è la porzione di suolo che circonda le radici delle piante, in cui vive una grande varietà di microrganismi, che possono essere utili o dannosi. É stato dimostrato che il microbiota della rizosfera è fisiologicamente più attivo di quello del suolo che ne è privo. La presenza nel sottosuolo di microrganismi è di fondamentale importanza per le piante, in quanto questi degradano la sostanza organica, che è la loro principale fonte di energia, di nutrienti ed è indispensabile per l’attivazione dei loro processi vitali.
La sostanza organica presente nel terreno, subisce da parte dei microrganismi la trasformazione in sostanze minerali, che possono essere facilmente assorbite dalle radici. L’Intensità dei processi di mineralizzazione è più evidente nella rizosfera, dove l’attività dei microrganismi, stimolati dagli essudati organici radicali, permette il rilascio di azoto, fosforo e zolfo sotto forma di nitrati, fosfati e solfati, fondamentali per la crescita e lo sviluppo delle piante.
Oggi sappiamo che oltre a questi microrganismi esistono funghi che possono entrare in simbiosi con le radici formando le cosiddette micorrize, grazie alle quali le piante possono nutrirsi e proteggersi meglio dai parassiti. La maggior parte delle piante sono micorrizate. La presenza del micelio simbionte associato alla pianta è anche in grado di attenuare gli stress idrici e la tossicità degli inquinanti e di limitare l’attacco dei patogeni radicali.
Infine, i funghi simbionti micorrizici grazie alla presenza di una rete di filamenti, il cosiddetto Wood-Wide-Web, creano interconnessioni tra diverse piante anche molto distanti tra loro. Questa rete permette agli zuccheri e alle sostanze minerali presenti in una data pianta di essere trasportati e ridistribuiti all’interno della comunità vegetale e di raggiungere, pertanto, le piante che non hanno un’attività fotosintetica sufficiente, tale da soddisfare il fabbisogno di zuccheri. Queste collaborazioni tra funghi e piante sono di capitale importanza per lo stato di salute delle foreste, e va sottolineato che molte specie di piante subirebbero un drastico declino in assenza dei loro partner fungini. Oltre ai funghi simbionti, nella rizosfera vi sono anche molti batteri che vivono in simbiosi mutualistica con le piante. In cambio le piante forniscono ai funghi e ai batteri zuccheri sotto forma di glucosio.
I microrganismi quindi, che rappresentano la parte microbica della sostanza organica, svolgono diverse funzioni fisiologiche mutualistiche e sinergiche positive per la crescita delle piante.
Funghi micorrizici e radici formano un sistema di assorbimento e trasporto fondamentale per la crescita sana delle piante. Le radici assorbenti possono crescere solo nei macropori del suolo. Le ife fungine sono ancora più sottili della maggior parte dei batteri e ciò le fa crescere facilmente anche nei micropori del suolo, dove si trovano la maggior parte dei nutrienti e dell’acqua. Senza aiuto la pianta non sarebbe mai in grado di raggiungere tali zone. Lo scambio prevede che la pianta fornisca ai partner acqua, minerali e glucosio. Non sono quindi solo le radici ma anche le ife fungine ad essere responsabili dell’assorbimento di minerali e acqua. I funghi micorrizici aumentano in media di sette volte la capacità di assorbimento della pianta.
“Da quello che descrive ci troviamo in un ecosistema assolutamente intrecciato, dove il destino delle piante e dei batteri sono assolutamente influenzati tra loro.”
Sì, esiste una stretta relazione tra le piante ed i microrganismi, relazione che in alcuni casi può essere indispensabile per la sopravvivenza di alcune specie. I semi delle orchidee, per esempio, non germinano prima di essere colonizzati da un basidiomicete, che rappresenterà il partner dell’associazione micorrizica con la pianta. I funghi in questione sono organismi microscopici filiformi le cui ife vivono all’interno delle cellule vegetali dell’apparato radicale delle orchidee e, se osservate al microscopio, ricordano l’aspetto di gomitoli.
Figura 5 – simbiosi tra orchidea e funghi Figura 6 – esempio di Ife fungine che formano un gomitolo miceliare all’interno di cellule radicali di Spiranthes spiralis
In natura tutte le orchidee si presentano micorrizate fin dai primi stadi di sviluppo. La dimensione dei semi delle orchidee (0.3-14 microgrammi) favorisce la loro disseminazione anemocora a grandi distanze ma, al contempo, questi hanno un embrione rudimentale, indifferenziato o incompleto e sono privi o quasi di tessuti di riserva, quindi, per poter germinare, devono necessariamente subire una infezione primaria da parte del fungo simbionte endomicorrizico il quale rifornisce la pianta di carbonio organico e sali minerali per lo sviluppo del protocormo (stadio iniziale eterotrofo di tutte le orchidee), dal quale si differenzia poi la plantula, in cui inizia la fase autotrofa.
Il rapporto di simbiosi apporta un vantaggio sia al fungo che all’orchidea e in particolare i filamenti del fungo intaccano la materia organica per scomporla ed apportare le sostanze nutritive alla pianta, viceversa la pianta cede al fungo zuccheri elaborati attraverso la fotosintesi. Queste osservazioni sembrano giustificare l’assunzione che orchidea e fungo siano simbionti obbligati nei primi stadi di sviluppo della plantula. In realtà recenti esperimenti indicano che il passaggio di zuccheri elaborati dalla pianta al fungo non avviene, o avviene in quantità trascurabili.
Attualmente sembra più attendibile pensare che il fungo tragga beneficio dall’orchidea in quanto questa gli permette di vivere in un ambiente protetto, ovvero nelle cellule radicali. L’associazione micorrizica nelle orchidee è fondamentale anche per la ripresa vegetativa della pianta dalla fase di dormienza. le Orchidacee saprofite tuttavia necessitano del partner simbiotico per tutta la loro vita, in quanto ottengono da questo tutte le sostanze nutritive necessarie al proprio fabbisogno.
Oltre ai funghi anche molti batteri vivono in simbiosi con alcune piante che si adattano a vivere in terreni poveri di sostanze nutritive, come per esempio i batteri azotofissatori che, tramite la nitrogenasi riducono l’azoto molecolare presente nell’atmosfera in ione ammonio e nitrati, che la pianta può assorbire direttamente. Rhizobium leguminosarum, per esempio, vive in simbiosi mutualistica con le leguminose, inducendo in queste piante la formazione di tipici noduli radicali, sottraendo diversi composti organici e sali minerali all’ospite stesso e cedendo in cambio composti azotati alle piante.
Figura 7 – Processo della fissazione dell’azoto Figura 8 – Batteri azotofissatori che formano i noduli radicali
Questo rapporto mutualistico tra piante e batteri viene sfruttato anche dall’uomo che, per una fertilizzazione naturale del suolo esegue la pratica agronomica del sovescio di leguminose, che consiste nella coltivazione di specie appartenenti a questa famiglia e successiva aratura o vangatura, così da trasferire azoto dall’atmosfera al terreno attraverso le piante. Frankia alni è un batterio gram + azotofissatore, appartenente agli actinomiceti, che vive in simbiosi con alcune specie di Ontano, sviluppando noduli nelle radici laterali di questi alberi, radici chiamate actinorrize. Anche l’olivello spinoso (Hippophae rhamnoides) ospita attinomiceti nei propri noduli radicali, dove organicano l’azoto molecolare sotto forma di nitrati o sali ammoniacali.
Le specie del genere Cycas invece vivono in simbiosi con cianobatteri azotofissatori presenti sulle loro radici coralloidi. Un altro esempio di simbiosi è quello tra le felci del genere Azolla e il cianobatterio Anabaena azollae, che vive all’interno di una cavità basale della fronda, in grado di fissare l’azoto atmosferico rendendolo così biodisponibile. Con tali cavità la felce fornisce in cambio al simbionte un ambiente protetto per la sua crescita e il suo sviluppo.
Oltre ai microrganismi che entrano in simbiosi con le piante vi sono anche molti altri, funghi, batteri o virus che parassitano la pianta provocandone diverse patologie e a volte persino la morte. Tra questi voglio ricordare il Rhizobium radiobacter, nome scientifico aggiornato della specie Agrobacterium tumefaciens. Questo è un batterio gram – che parassita le piante provocandone un tumore, la galla del colletto.
Figura 9 – A: Agrobacterium tumefaciens; B: genoma di Agrobacterium; C: Plasmide Ti (Tumor inducing); a: T-DNA, b: Geni vir, c: Origine di replicazione, d: Geni che codificano le opine; D: Cellula vegetale; E: Mitocondrio; F: Cloroplasto; G: Nucleo Figura 10 – Fitopatologia causata da Agrobacterium tumefaciens
Come schematizzato nella figura in alto a sinistra l’infezione di una pianta da parte di questo batterio è un processo che consta di diversi eventi consecutivi:
- inizialmente avviene l’attacco dei batteri ai tessuti della pianta, generalmente a livello delle radici, attraverso delle lesioni preesistenti;
- successivamente, attraverso la coniugazione avviene il trasferimento di materiale genetico dalle cellule batteriche a quelle vegetali;
- dopo che il DNA batterico (il T-DNA) si è integrato nel genoma della cellula della pianta, questa viene indotta a produrre enzimi ed ormoni che aiutano la crescita e la proliferazione del batterio, provocando al contempo la formazione della escrescenza tumorale nella pianta infetta, come si può osservare nella figura in alto a destra.
Questo batterio è stato sfruttato dall’ingegneria genetica per la sua capacità di integrare un segmento di DNA nel genoma della pianta, utilizzandolo come vettore di espressione, per fornire alla pianta trasformata nuovi caratteri fisiologici o fenotipici indotti dai geni integrati.
Un buon esempio di connessione tra due mondi apparentemente molto diversi. Ottima intervista!