La parola “vaccino” deriva da “vacca”, proprio come l’aggettivo usato per riferirsi al latte di mucca o al formaggio che ne deriva. Le prime testimonianze riguardo l’utilizzo di ciò che causa una malattia contro la malattia stessa risalgono all’India del VII secolo, dove i monaci buddhisti bevevano veleno di serpente per sviluppare l’immunità in caso di morso. La storia delle vaccinazioni nasce proprio da qui.
Il vaiolo e la pratica della variolizzazione
Nella Cina del X secolo cominciò la prevenzione del vaiolo. Il vaiolo (dal latino “variolum”, derivato di “varius”, nel senso di “vario, chiazzato”) è una grave malattia di natura virale caratterizzata da pustole diffuse e da una mortalità superiore al 30%. In Cina si somministrava al soggetto da immunizzare un prodotto ottenuto dalle croste di un soggetto in via di guarigione. Si hanno testimonianze di tecniche analoghe, consistenti nell’iniezione in un soggetto sano di materiale proveniente dalle pustole di un malato al fine di indurre l’immunità, in India, Medio Oriente, Africa e, più tardi, in Europa. Questa operazione viene chiamata variolizzazione.
Il primo medico a fornire un resoconto di queste pratiche popolari fu l’anatomista danese Thomas Bartholin (1616-1680) in un articolo del 1675. La variolizzazione si diffuse in Europa soprattutto grazie a Jacopo Pilarino (1659-1718), medico e diplomatico al servizio della Repubblica di Venezia, che ha osservato tali procedure in Turchia, le ha utilizzate nella sua pratica medica e le ha divulgate in vari scritti, tra cui una dettagliata analisi pubblicata sulla rivista Philosophical Transaction della Royal Society.
La variolizzazione tuttavia era pericolosa: accadeva infatti che i variolizzati contraessero la malattia in forma grave, anche fino alla morte, inoltre rappresentavano potenziali fonti di contagio durante il periodo della malattia. Il primo fondamentale passo avanti venne fatto dal medico inglese Edward Jenner (1749-1823). Come altri medici dell’epoca, Jenner praticava la variolizzazione e poté accorgersi che, quando applicava tale tecnica alle donne addette alla mungitura delle vacche, queste spesso non mostravano alcun sintomo
Durante le gravi epidemie di vaiolo, quando morivano anche intere famiglie, coloro che lavoravano a stretto contatto con le vacche non si ammalavano. Jenner sapeva che le donne addette alla mungitura contraevano spesso il vaiolo bovino, una forma più lieve rispetto al vaiolo umano e non mortale e in venticinque anni osservò ripetutamente che chi aveva contratto il vaiolo bovino risultava immune anche al vaiolo umano. Nel 1796 Edward Jenner ebbe l’intuizione definitiva.
L’intuizione geniale
In una fattoria vicino a Berkeley era in corso un’epidemia di vaiolo vaccino e Jenner pensò di prelevare il contenuto di una pustola dal braccio della lattaia Sarah Nelmes, infettata da questa forma di vaiolo, e di iniettarlo nel braccio di un bambino di 8 anni, James Phipps. Dopo una settimana il piccolo James mostrò lievi sintomi (una piccola eruzione, un po’ di febbre, mal di testa) ma si riprese rapidamente. Successivamente Jenner espose il bambino al contatto con una sostanza contenente la variante più pericolosa del vaiolo: se il bambino si fosse ammalato Jenner avrebbe avuto torto, ma fortunatamente per lui e per l’umanità la malattia non si sviluppò. Edward Jenner aveva appena inventato il primo vaccino ed è oggi considerato il padre dell’immunizzazione.
Grazie alla sua scoperta era stata dimostrata la possibilità di proteggere le persone dal vaiolo riducendo enormemente i rischi. I termini “vaccino” e “vaccinazione” furono coniati dallo stesso Jenner per riferirsi alla somministrazione ai pazienti di materiale proveniente da soggetti contagiati dal vaiolo bovino. La capacità del sistema immunitario di proteggere l’organismo anche da sostanze (antigeni) simili a quelle utilizzate per generare la memoria immunitaria è detta crossreattività.
La nascita dei vaccini e delle vaccinazioni
Il chimico e microbiologo francese Louis Pasteur (1822-1895) ha applicato il concetto di vaccinazione ad altre malattie, quali il colera dei polli, il carbonchio bovino, ovino ed equino e la rabbia. In particolare Pasteur creò dei vaccini senza utilizzare antigeni crossreagenti bensì gli stessi antigeni della malattia attenuati mediante trattamenti fisici o chimici.
Per creare il vaccino contro la rabbia utilizzò parte del midollo di un coniglio infetto da rabbia e lo espose al sole per settimane: in questo modo il virus della rabbia non è più in grado di provocare la malattia ma riesce ancora a generare memoria immunitaria. Altri vaccini, come quello contro la poliomielite sviluppato dal medico polacco Albert Bruce Sabin (1906-1993) sono stati resi possibili grazie alle colture cellulari, ovvero la tecnica che permette di far proliferare cellule in un ambiente artificiale controllato.
In sostanza, il passaggio dei virus nelle colture cellulari porta ad un adattamento alla crescita in tale ambiente e spesso a mutare o perdere i geni che consentono loro di diffondersi all’interno di un ospite umano. Verso la fine del secolo scorso, sono stati sviluppati nuovi metodi di produzione di vaccini, come le tecniche del DNA ricombinante, la coniugazione di polisaccaridi e proteine carrier (vaccini coniugati) e l’assemblaggio di particelle simili al virus ma non infettive (virus-like particles, VLP).
Rimangono tuttora questioni irrisolte, quali il prolungamento della memoria immunitaria, l’influenza della variabilità genetica sulla sicurezza e sull’efficacia dei vaccini e la diversa risposta immunitaria nell’arco della vita di una persona, tuttavia l’impatto dei vaccini sulla salute e la longevità umana è uno dei capitoli fondamentali della storia della medicina.
Si ringrazia Stefano Fortini per l’articolo “Breve storia delle Vaccinazioni“.
Fonti
- Luciano Sterpellone, I grandi della medicina: le scoperte che hanno cambiato la qualità della vita, Donzelli, 2004;
- Stanley Plotkin, History of vaccination, PNAS, 2014;
- AA. VV., Vaccine Fact Book 2012, Pharma, 2012 (http://www.phrma-jp.org/…/vaccine_factbook_2012_en.pdf).