Secondo uno dei motti più celebri di Friedrich Nietzsche, quel che non uccide, fortifica. Ma nel mondo della microbiologia molti dogmi vengono impietosamente infranti. Ogni battaglia affrontata e superata dalle nostre linee di difesa immunitaria viene, di solito, archiviata come preziosa memoria: competenza acquisita per una futura e più sicura sopravvivenza. Finchè non si incontra il virus del morbillo.
I due volti del morbillo
Giunto fino a noi con il diminutivo latino medievale morbìllus-morbulus, piccolo morbo rispetto al morbus per eccellenza, il vaiolo, il virus miete ancora 100’000 morti all’anno. Incardinato su un singolo filamento di RNA, che abbraccia centinaia di copie di nucleoproteine virali, formando un nucleocapside elicoidale, il Morbillivirus appartiene alla famiglia dei Paramyxoviridae. Nel nucleocapside che protegge, come uno scrigno, il suo solo bene, il filamento di RNA, è serbato anche il modello di trascrizione e replicazione dello stesso patrimonio genetico. La virulenza è tutta lì, si direbbe, allora.
L’elevata contagiosità del retrovirus è favorita dalla trasmissione aerea e si concreta in una patologia sistemica che porta con sè febbre, tosse e, naturalmente, il celeberrimo esantema (rash cutaneo). Può colpire esseri umani ed animali, tra cui i primati. Prima che fossero messi a punto i primi vaccini, quasi ogni bambino sperimentava l’infezione da virus del morbillo e questo comportava milioni di piccole morti. Da allora, gli sforzi mondiali profusi nelle campagne vaccinali hanno, nel tempo, garantito una riduzione imponente dell’incidenza infettiva. Nel 2018, però, come risultante del nuovo calo di vaccinazioni, la resurrezione del morbillo ha sfiorato il 300% nel mondo.
Eppure, la sua pericolosità non si ferma alla semplice infezione primaria. Il vero marchio di riconoscimento, infatti, consiste in una immunosoppressione transitoria dell’ospite, che può, comprensibilmente, aprire la strada alle cosìddette “complicazioni”: infezioni batteriche, tutt’altro che secondarie. In presenza di infezioni aggiuntive, infatti, ai classici sintomi esantematici possono sommarsi quelli da polmoniti batteriche, otiti dell’orecchio medio e sindromi diarroiche.
Immunità: tutta questione di memoria
Come in altri contesti macroscopici della vita umana, chiunque non faccia memoria delle proprie esperienze passate è destinato a riviverle, parafrasando il chimico e scrittore Primo Levi, e la ripetizione è sempre più gravosa dell’evento primario.
Le risposte immunitarie umane, mirate alla eliminazione di un microganismo, possono classificarsi in base alla modalità di svolgimento come:
- risposta umorale
- risposta cellulo-mediata
La risposta umorale si basa sulla produzione di molecole solubili, una volta dette “umori“, oggi anticorpi. La reazione cellulo-mediata si compie, invece, mediante azione diretta delle cellule effettrici immunitarie contro l’agente invasore. Queste due modalità di intervento del Sistema Immunitario si sono sviluppate per reagire efficacemente sia ad antigeni (porzioni di agente esogeno) esposti agli anticorpi nel liquido intestiziale, sia per colpire antigeni intra-cellulari. Gli anticorpi, infatti, non sono in grado di attraversare le membrane plasmatiche e “rincorrere il nemico” all’interno delle cellule in cui si rifugia, prima di distruggerle. Le cellule effettrici immunitarie, invece, possono eccome colpire anche antigeni microbici intra-cellulari, annientando l’intera cellula che li contiene.
La memoria linfocitaria
L’esposizione del nostro Sistema Immunitario ad un antigene estraneo stimola l’acquisizione di una competenza specifica e duratura nei confronti di quel particolare agente microbico: la memoria. Le risposte “secondarie“, rispetto al primo incontro/scontro con l’antigene esogeno, inoltre, risultano più intense, rapide ed efficaci, ma anche strutturalmente differenti. I linfociti B, responsabili della risposta di tipo umorale, proliferano in seguito ad una specifica stimolazione antigenica e la loro progenie sarà dotata degli stessi recettori idonei a quel particolare “nemico”.
Inoltre, i linfociti B che esprimeranno anticorpi a più alta affinità per l’antigene invasore si moltiplicheranno più degli altri, all’interno di quella fase immunologica che va sotto il nome di maturazione dell’affinità. Subito dopo questa, i linfociti B si differenziano in cellule che producono anticorpi specifici ed in longeve cellule memoria. Per costituire un patrimonio individuale e porsi al sicuro, alcune plasmacellule migrano dagli organi linfoidi secondari al midollo osseo. Qui, come in una banca dati, rimangono attive per diversi anni, continuando a produrre bassi livelli di anticorpi. Così, una protezione ready-made mantiene l’organismo costantemente preparato a nuovi attacchi di vecchi nemici.
Il guastatore morbillo all’attacco dei ricordi cellulari
Il virus del morbillo è un agente linfotropico altamente infettivo, responsabile di un prolungato periodo di immunosopressione delle difese umane, anche a diffusione ematica del virus (viremìa) ormai conclusa.
Virus linfotropici umani sono definiti alcuni retrovirus, cioè virus ad RNA, esogeni delle cellule T (HTLV-I e HTLV-II), ad azione oncogena. Da veri oncovirus, attaccano le cellule T CD4+, bersaglio elettivo della trasformazione neoplastica.
Velislava N. Petrova e colleghi, hanno recentemente valutato che le conte linfocitarie rientrino di poco nella norma dopo la scomparsa dell’esantema cutaneo virale. L’immunosoppressione, infatti, può durare mesi ed anche anni, conclusa l’infezione primaria, rendendo l’ospite prono a nuove infezioni secondarie. Tanto i modelli animali in vivo, quanto gli studi in vitro, hanno poi suggerito diverse spiegazioni per questo abbattimento delle difese immunitarie così duraturo. Ma, nonostante ciò, il meccanismo citologico è ancora in gran parte oscuro.
Utilizzando il sequenziamento del recettore per le cellule B (BCR) del sangue periferico, prima e dopo l’infezione virale da morbillo, i ricercatori hanno potuto registrare le principali conseguenze immunologiche. Innanzitutto, la incompleta ricostruzione del corredo originario di cellule B naive, nel post-infezione, instaura una neo-immaturità immunologica. Ma, soprattutto, quanto di più sorprendente per i ricercatori, il virus compromette la memoria immunitaria contro patogeni già affrontati in passato, distruggendo i preziosi cloni di cellule B “memoria“.
Amnesia immunitaria da morbillo: l’ultimo studio
Molte cellule della memoria del nostro Sistema Immunitario sono custodite, si è detto, nel tessuto linfoide e nel midollo osseo. Le cellule ematiche mononucleate periferiche sono, invece, quelle che vengono monitorate per valutare lo stato della memoria cellulare. Esse, in realtà, si trovano in circolo subito dopo l’infezione virale (segno d’infezione recente), quindi, la loro utilità diagnostica sembrerebbe relativa. In effetti, la maggior parte degli anticorpi anti-virali sono immessi nel circolo ematico da plasmacellule longeve, protette nel midollo spinale. Risulta, quindi, difficile per qualsivoglia agente microbico distruggere una memoria custodita in cellule tanto remote. Eppure, i cambiamenti specifici di anticorpi nel sangue periferico, pare riflettano alterazioni speculari nel repertorio mnemonico immunitario permanente.
Il gruppo di ricerca di Michael J. Mina e colleghi ha ottenuto evidenze epidemiologiche che collegano l’infezione virale da morbillo con l’incremento di mortalità e morbilità per ben 5 anni, dopo contatto primario con Morbillivirus. Ciò suggerisce anche che, probabilmente, in tempi pre-vaccinali, il virus fosse in grado di causare il 50% delle morti infantili anche per patologie ad esso correlate, quindi per immunosoppressione inapparente. Al fine di verificare dati ed ipotesi, i ricercatori, impegnati in questo articolato lavoro immuno-microbiologico, hanno condotto studi per coppie di campioni ematici, raccolti prima e dopo infezione da morbillo. Essi hanno potuto contare su un nuovo strumento analitico per la sieroprofilazione, che ha consentito di identificare centinaia di anticorpi patogeno-specifici: il VirScan.
VirScan e viroma umano
L’insieme dei ceppi virali capaci di infettare l’uomo, detto viroma umano, può produrre profondi effetti sulla nostra salute. Ma non basta. Insieme agli esiti patologici acuti e cronici, un’infezione virale, oggi sappiamo, può alterare permanentemente le nostre competenze immunitarie, in modo spesso subdolo.
Le infezioni virali possono essere rivelate da metodi sierologici o genetici, entrambi con limiti ed incongruenze. Il VirScan si è dimostrato, invece, un affidabile metodo programmabile per analizzare contemporaneamente più anticorpi anti-virali, mediante immunoprecipitazione e sequenziamento del DNA massivo parallelo (MPS). Quest’ultimo metodo utile, soprattutto, per l’analisi di milioni di frammenti di DNA in parallelo.
Grazie ad un simile approccio ad elevata portata analitica, i ricercatori hanno tracciato un profilo del corredo mnemonico anticorpale, prima e dopo infezione virale da morbillo. I risultati hanno restituito un quadro di ridotta diversificazione immunitaria, insieme ad una vera e propria trasformazione tipologica, dopo l’infezione virale. Nei soggetti con netta rimozione della memoria immunitaria sono stati, inoltre, riscontrati due ceppi microbici aggiuntivi, rispetto al virus del morbillo: Streptocuccus pnaeumoniae (Fig.1) e Staphylococcus aureus (Fig.2).
Le infezioni virali respiratorie acute, dunque, incrementano la suscettibilità ad altre infezioni respiratorie batteriche. In questi casi, nuove esposizioni a ceppi batterici potrebbero anche stimolare una nuova diversità anticorpale, a fronte di quella perduta. Però, nonostante il potenziale beneficio di rigenerazione immunitaria, l’incontro con nuovi patogeni, dopo infezione da morbillo, può portare a gravi conseguenze patogenetiche.
Contro il morbillo: “vaccinate gente, vaccinate!“
In base ai risultati emersi da questo complesso lavoro sperimentale, dopo recupero dall’infezione da morbillo, i soggetti convalescenti entrano lentamente in uno stato di riavvio del Sistema Immunitario, ma la perdita dello “storico”, del nucleo più antico della loro memoria immunitaria è perduto per sempre. Non resta, allora, che ridurre al minimo l’occasione di incontro con questo subdolo “bug” virale, vestito da piccolo morbo infantile.
Riferimenti bibliografici
- https://science.sciencemag.org/content/366/6465/599
- https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2214109X18305370
- https://jvi.asm.org/content/92/8/e00131-18?ijkey=8bcadfe85e176f187a1bdf87d99cc552dedf8cf6&keytype2=tf_ipsecsha#ref-6
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3431343/
- https://www.nature.com/articles/s41467-018-07515-0
- https://immunology.sciencemag.org/content/4/41/eaay6125?_ga=2.125036744.354305195.1572898675-2057257504.1571444921