Dato lo sconcerto internazionale dovuto al diffondersi di questo nuovo Coronavirus [2019-nCov, detto anche Wuhan CoV], noi di Microbiologia Italia per fare chiarezza abbiamo pubblicato vari articoli. Potete approfondire la tematica conoscendone di più sul tipo di virus e alla sua epidemiologia.
Con questo articolo parleremo, invece, della risposta immunitaria contro il nuovo virus dalla Cina. Si vorrà chiarire l’interazione di questo patogeno con le nostre cellule. Più nello specifico di come le sentinelle del nostro organismo, le cellule del Sistema immunitario, ci difendono da virus così letali.
Coronavirus famosi
Prima di capire come la risposta immunitaria agisce contro il nuovo virus dalla Cina, bisogna capire che questo virus appartiene alla stessa famiglia dei Coronavirus (figura 1), cui appartengono altri ben più noti agenti eziologici. Quello della SARS (“Severe Acute Respiratory Syndrome”), identificata tra il 2002 e il 2003 e quello della MERS (“Middle East Respiratory Sindrome”), identificata nel 2012 e che ha registrato un tasso di mortalità più alto della SARS stessa.
Sistema immunitario
È doveroso premettere che sono disponibili informazioni limitate sul ruolo della risposta immunitaria specifica contro il nuovo virus dalla Cina o, in generale, contro questi tipi di virus.
Le informazioni raccolte dagli scienziati finora ci permettono comunque di delinearne un profilo immunitario.
I coronavirus meno aggressivi vengono facilmente debellati dalle nostre risposte immunitarie, quelli molto più aggressivi [causa di SARS, MERS e il nuovo dalla Cina], invece, causano malattie letali soprattutto in soggetti anziani o immunocompromessi e questo evidenzia l’importanza del sistema immunitario nello sviluppo più o meno aggressivo della patologia.
Immunità innata
La maggior parte degli studi condotti su umani e animali con infezione da SARS attribuisce la progressione e l’aggravamento della patologia ad una risposta innata disfunzionale. La sua iperattività uno dei principali responsabili della patologia causata dai coronavirus.
In pazienti affetti da Coronavirus i livelli delle citochine pro-infiammatorie (risultato di sistemiche e severe patologie a carico del tessuto polmonare) sono disfunzionali e contribuiscono ad una cattiva prognosi.
Una risposta innata disfunzionale è da attribuire proprio all’iperattivazione di macrofagi e monociti, causa di severe infiammazioni nel focolaio d’infezione.
Come dimostrato da vari modelli animali, la disfunzione della componente innata, soprattutto in individui anziani, è dovuta all’assenza di una potente risposta anti-virale da parte delle cellule T (immunità acquisita).
Immunità adattativa o acquisita
–Cellulo mediata
Le cellule T virus-specifiche svolgono un ruolo fondamentale nella rimozione del virus, andando a bersagliare direttamente la cellula infetta.
È interessante notare che la fase acuta della SARS nell’uomo è associata a una grave riduzione del numero di cellule T nel sangue.
–Umorale
Durante l’infezione da coronavirus il nostro organismo produce anticorpi [ immunoglobuline (Ig) di tipo A, G ed M], che pero si sono mostrate di breve durata. In questi pazienti è stata registrata anche la mancanza di risposta da parte delle cellule B della memoria Coronavirus-specifica.
Schema della risposta immunitaria al virus
L’inizio della risposta immunitaria contro il nuovo virus dalla Cina, come per i tutti i patogeni respiratori, inizia con l’infezione diretta dell’epitelio delle vie aeree.
Come schematizzato in figura 2, dopo l’infezione iniziale, le cellule dendritiche respiratorie residenti (polmoni) acquisiscono l’agente patogeno o gli antigeni invasori dalle cellule epiteliali infette, si attivano, processano l’antigene e migrano verso i linfonodi.
Una volta nei linfonodi, le cellule dendritiche presentano l’antigene ai linfociti T, mediante il riconoscimento da parte del TCR (recettore espresso sui linfociti T).
Il TCR, insieme anche alla presenza di recettori costimolatori, attiva il linfocita, che ora migra nel sito d’infezione.
Una volta nel sito dell’infezione, le cellule T effettrici specifiche contro il virus producono vari tipi di molecole: citochine antivirali, chemochine e molecole citotossiche.
Le citochine inibiscono direttamente la replicazione virale e migliorano la presentazione dell’antigene. Le chemochine prodotte dalle cellule T attivate reclutano cellule più innate e adattive per controllare il carico patogeno. Le molecole citotossiche uccidono direttamente le cellule epiteliali infette e aiutano ad eliminare il patogeno.
La memoria immunitaria
Dopo questa fase effettrice le cellule T specifiche per quell’antigene (circa il 90-95% delle cellule T specifiche) muoiono andando incontro ad apoptosi. Questa fase è seguita da una fase di memoria in cui viene mantenuto un pool stabile di cellule T di memoria per un periodo di tempo prolungato.
Tali cellule T di memoria sono programmate per contrastare la successiva infezione con lo stesso o patogeno correlato, montando risposte rapide alla nuova infezione del patogeno in questione.
Come abbiamo già spiegato per le cellule effettrici, anche quelle della memoria, residenti nel tessuto precedentemente infettato, secernono citochine e chemochine) che attivano le cellule innate e attirano più cellule T di memoria. A seguito di un’infezione del tratto respiratorio, le cellule T di memoria risiedono sia nelle vie respiratorie polmonari che nel tessuto interstiziale polmonare.
Al differenza dei virus più’ comuni che infettano l’apparato respiratorio, la risposta delle cellule T specifica del virus ai coronavirus respiratori e la loro capacità di eliminare il virus dipende dal tipo di agente patogeno in questione e dall’ospite.
la memoria anticorpale e delle cellule B è scarsa. Invece, le cellule T della memoria specifiche della SARS persistono nei pazienti con recupero SARS fino a 6 anni dopo l’infezione.
Interventi futuri sui vaccini dovrebbero anche prendere in considerazione strategie per migliorare la risposta delle cellule T per fornire una solida memoria a lungo termine.
Dal momento che le cellule T della memoria residenti nei tessuti forniscono una migliore protezione, aumentare la risposta delle cellule T della memoria locale e sistemica sarebbe una strategia utile rispetto a uno di questi interventi da solo.
Tutti i dati finora collezionati si riferiscono ad una risposta immunitaria anti-SARS. Mentre per quanto riguarda la MERS è stato più complesso, a causa del numero limitato di casi.
Terapia?
Un centro di ricerca di Pechino, come pubblicato sul sito della rivista scientifica Nature è al lavoro da tempo per sviluppare terapie che riescano a bloccare i Coronavirus [2019-nCoV, SARS o MERS]. L’idea è di trovare il modo di bloccare i recettori virali, che vengono sfruttati dai virus come porta d’ingresso per colonizzare le nostre cellule. Cambiando la serratura, i virus non potrebbero iniettare il loro codice genetico nelle cellule, trovando l’ingresso chiuso per il contagio.
Questi recettori, come pubblicato il 16 gennaio, hanno sequenze comuni [figura 3], per cui e’ facile pensare che i meccanismi anti-virali possano essere gli stessi. sia per potenziare la risposta immunitaria contro il nuovo virus dalla Cina, sia per poterne sviluppare una terapia.
Maria Teresa Bilotta
Bibliografia
- T-cell-mediated immune response to respiratory coronaviruses. Rudragouda Channappanavar, Jincun Zhao, and Stanley Perlman*. Immunol Res. 2015 Aug 1.
- Evolution of the novel coronavirus from the ongoing Whuan outbreak and modeling of its spike protein for risk of human transmission. Xintian Xu et al., Science China Life Sciences, Jan 2020.
- Nature website: https://www.nature.com/articles/d41586-020-00166-6