Chi di voi non ha sentito parlare almeno una volta di cellule staminali? Beh, la maggioranza risponderà di sì! Ecco perché oggi in questo breve articolo si parlerà di queste piccole, microscopiche, impassibili ma importanti cellule! Pertanto vi auguriamo una buona lettura e lasciatevi tranquillamente sopraffare dal meraviglioso (e perfetto) mondo del corpo umano!
Cellule staminali: cosa sono, a cosa servono, perché sono importanti
Definizione di cellule staminali: Le cellule staminali sono cellule indifferenziate progenitrici di altre cellule, il che significa che da una cellula staminale (non differenziata) si originano altre cellule (differenziate) ognuna delle quali avrà un compito specifico.
Esempio: La cellula staminale ematopoietica (dal greco emo= sangue e poiesis= processo) dà origine a tutti gli elementi corpuscolati (o figurati) del sangue come gli eritrociti (globuli rossi), i leucociti (globuli bianchi), le piastrine e gli elementi del sistema immunitario (granulociti eosinofili, basofili, neutrofili).
In linea generale questo processo di differenziazione avviene nel midollo osseo rosso.
Le cellule staminali possono essere classificate in cellule staminali totipotenti, unipotenti, pluripotenti e multipotenti.
- Cellule staminali totipotenti: sono in grado di originare l’intero organismo perché capaci di generare tutte le linee cellulari che andranno poi a costituire il nuovo individuo a 360°;
- Cellule staminali multipotenti: sono in grado di dare origine a diverse linee cellulari di un tessuto;
- Cellule staminali unipotenti: danno origine ad un solo tipo di linea cellulare. (ad esempio la cellula staminale epidemica da origine soltanto ai cheratinociti dello strato più superficiale della cute).
Come abbiamo già accennato le cellule staminali sono importantissime poiché servono ad accrescere e formare l’individuo (che altro non è un ammasso di cellule) in tutti i suoi aspetti.
Pertanto in alcune emopatie maligne (patologie gravi del sangue) viene attuata la strategia terapeutica del trapianto di cellule staminali emopoietiche (terapia CES).
La strategia terapeutica può essere focalizzata su patologie specifiche del sangue come la leucemia linfoblastica acuta e le leucemie mieloidi o linfoidi, oppure su patologie ereditarie di certa importanza come la Thalassemia Major. Le terapie convenzionali non danno risultati efficaci contro queste malattie e pertanto si ricorre al trapianto delle cellule staminali che attraverso una serie di procedure contribuiscono alla guarigione del paziente.
Focus sul trapianto delle cellule staminali
Il trapianto di cellule staminali può essere di tipologia autologa (trattamento CES dello stesso paziente dopo opportuno trattamento medico) oppure di tipologia allogenica (trapianto di cellule staminali ematopoietiche da parte di un donatore).
Nel trapianto di tipo autologo le cellule staminali vengono prelevate direttamente dal midollo osseo rosso del paziente stesso, che dopo essere stato sottoposto a chemioterapia ad alto dosaggio (allo scopo di distruggere tutte le cellule tumorali) riceve nuovamente le proprie cellule.
Pro e contro del trapianto autologo:
- Uno dei pro più importanti del trapianto autologo è che le cellule vengono accettate dall’organismo senza particolari complicazioni.
- Uno dei contro del trapianto di tipo autologo è dovuto soprattutto all’alto dosaggio di farmaci chemioterapici che ovviamente hanno i propri effetti collaterali non di poca importanza.
Invece, nel trapianto di tipo allogenico il donatore e il ricevente sono persone diverse. I donatori che vengono maggiormente indicati più opportuni per questo trapianto sono fratelli o sorelle con le più alte percentuali di compatibilità tissutale indicato come HLA (Human Leucocyte Antigen) o complesso maggiore di istocompatibilitá.
Con il trapianto di tipo allogenico le cellule malate vengono rimpiazzate dalle cellule sane del donatore. Pertanto le cellule staminali del sangue e quelle immunitarie, possono eliminare le cellule malate rimaste nell’organismo del paziente.
Le nuove frontiere della ricerca: Le cellule iPS
Una delle scoperte più grandi, recenti e importanti delle cellule staminali riguarda la possibilità di ottenere cellule staminali simili a quelle embrionali a partire da cellule adulte dell’organismo.
È il 2006 quando il ricercatore giapponese Shinya Yamanaka scopre un nuovo metodo per far “ringiovanire” delle cellule prelevate dal tessuto sottocutaneo di un topo, ottenendo cellule simili alle staminali pluripotenti presenti generalmente nell’embrione. Queste cellule staminali prodotte in laboratorio (artificialmente) sono state definite con il nome cellule staminali pluripotenti indotte o cellule iPS .
Questa metodica permette di ringiovanire i fibroblasti e farli tornare ad essere cellule staminali riprogrammate, ossia cellule che possiedono tutte le potenzialità delle cellule staminali embrionali pluripotenti.
Come si può far ringiovanire una cellula adulta?
La tecnica utilizzata da Yamanaka e Thomson (altro ricercatore che lavorò sulle cellule staminali) consiste nell’aggiungere all’interno di cellule adulte un mix di materiale genetico caratteristico, appunto, delle cellule staminali.
Il mix di materiale genetico in questo caso è formato da quattro geni specifici.
Per introdurre i quattro geni all’interno della cellula vengono utilizzati virus modificati che fungono da “serbatoio” per contenere il prezioso, fondamentale e importante materiale che servirà ad attivare l’intero meccanismo. Questi virus, messi a contatto con le cellule, le infettano fungendo così da vettori per i geni in questione.
Detto questo verrà di seguito illustrato brevemente e schematicamente i passaggi fondamentali della tecnica iPS:
- 1) isolare e coltivare le cellule adulte (es. fibroblasti);
- 2) aggiungere i virus contenenti i geni “staminali”;
- 3) porre le cellule in condizioni strettamente ideali in modo da favorire la crescita delle cellule staminali embrionali;
- 4) le cellule che hanno inglobato i geni veicolati dai virus crescono formando colonie estese di cellule iPS.
Cellule staminali iPS tra grandi speranze e innovazione medica
La scoperta di queste meravigliose cellule ha portato grandi speranze tra gli scienziati, anche perché quest’ultime presenterebbero il vantaggio di eliminare il rischio del rigetto da parte del sistema immunitario del paziente.
Il rigetto per chi non lo sapesse è un fenomeno dovuto al sistema immunitario che, in presenza di cellule riconosciute come estranee all’organismo (non self) scatena una reazione avversa che porta alla distruzione delle cellule stesse.
Parlando sempre di iPS il rischio di rigetto è praticamente nullo in quanto si tratta di cellule riprogrammate a partire da quelle adulte dello stesso paziente, quindi con lo stesso kit distintivo.
Cellule iPS, i primi aspetti negativi e risoluzione delle controversie
Una delle controversie su l’utilizzo delle cellule iPS a scopo terapeutico riguarda l’uso di c-MYC, uno dei quattro geni utilizzati dal dott. Yamanaka e Jones Thomson per riprogrammare le cellule adulte. Infatti questo particolare gene è in grado di trasformare una cellula normale in cellula tumorale. Questo implica un vero e proprio fattore di rischio, ovvero quello di sviluppare un tumore nel paziente.
Per trovare un piano risolutivo i ricercatori giapponesi hanno provato a riprogrammare le cellule adulte con un “cocktail” di geni privato di c-MYC. I risultati ottenuti sono stati veramente positivi: nessuno dei topi generati a partire da cellule iPS ottenute in questo modo ha sviluppato una neoplasia dopo 100 giorni di vita.
Ben presto, dopo la scoperta fatta da Yamanaka e Thomson, emerge una seconda controversia relativa alla sicurezza delle iPS derivante dall’utilizzo di virus per guidare e indirizzare i geni all’interno delle cellule. Infatti il metodo dei vettori virali comporta il grosso rischio che le cellule bersaglio possano diventare cancerose e quindi non utilizzabili dal punto di vista terapeutico. Così nel 2008 il gruppo di ricercatori guidati dal dott. Yamanaka dimostrano che è possibile introdurre le sequenze geni senza ricorrere ai vettori virali.
Ancora oggi è in atto un piano di ricerca riguardante le iPS nei vari laboratori di ricerca.
Cellule staminali del cordone: perché sono importanti e a cosa servono
In passato il cordone ombelicale veniva considerato come materiale di rifiuto, oggi, invece, rappresenta una grandissima risorsa di cellule staminali del sangue. Ormai dal 1988 il sangue del cordone ombelicale viene usato nel trattamento di alcune malattie in età pediatrica, ed oggi si sta prendendo in considerazione anche una possibile implicazione nell’adulto. Nella seguente tabella saranno illustrate per quali patologie gravi non si può ricorrere al trattamento di cellule staminali del sangue del cordone ombelicale.
Patologia | Trapianto allogenico | Trapianto autologo |
Leucemia linfocitica acuta ad alto rischio | Sì | No |
Leucemia mieloide acuta ad alto rischio | Sì | No |
Leucemia mielomonocitica giovanile | Sì | No |
Leucemia mieloide cronica recidiva | Sì | No |
Leucemia linfocitica cronica | Sì | No |
Linfoma di Hodgkin | Sì | No |
Linfoma di Hodgkin avanzato o recidivo | Sì | Sì* |
Linfoma non Hodgkin non recidivo | Sì | Sì* |
Sindromi mielodisplastiche | Sì | No |
Altre patologie mieloproliferative | Sì | No |
Mieloma multiplo | Sì | Sì* |
Medulloblastoma ad alto rischio | Sì | No |
Neuroblastoma stadio 3-4° | Sì | No |
Malattie ereditarie del metabolismo | Sì | No |
Emoglobinopatie (talassemia) | Sì | No |
Anemia falciforme | Sì | No |
Anemia aplastica congenita | Sì | No |
Anemia aplastica severa | Sì | Sì** |
- * Il trapianto autologo di cellule staminali del cordone ombelicale può essere effettuato ma non ha alcun vantaggio rispetto a un trapianto di staminali prelevate dal midollo o dal sangue circolante del paziente stesso.
- ** Il trapianto autologo di cellule staminali del cordone ombelicale è indicato solo se non si trova un donatore estraneo compatibile per il trapianto allogenico.
Cosa sono le cellule staminali del cordone ombelicale?
Le cellule staminali del cordone ombelicale sono cellule del sangue prelevate dal neonato e contenute principalmente nel cordone che viene staccato dopo la nascita. Tuttavia rispetto alle cellule staminali adulte, quest’ultime hanno dei vantaggi non di poca importanza:
- Sono più giovani e pertanto più veloci a produrre cellule del sangue;
- Sono più neutre dal punto di vista immunitario, pertanto il rischio di rigetto è più attenuato.
La controversia principale del cordone ombelicale sta nella scarsa quantità di cellule staminali. Questo fa sì che possano essere utilizzate per il trapianto nei bambini. Molto recentemente si è cominciato a diffondere il doppio trapianto di cordone che da la possibilità di usare cellule staminali provenienti da due cordoni ombelicali.
Il cordone ombelicale contiene anche una piccola quantità di cellule staminali mesenchimali, che possono dare origine ad altri tipi di tessuto specializzato come l’osso, il grasso e la cartilagine.
La donazione di cellule dal sangue dal cordone, non comporta alcun rischio e non è assolutamente invasiva poiché vengono prelevate dal cordone già staccato e opportunamente trattato e conservato.
Le cellule staminali del cordone ombelicale possono essere conservate in opportune condizioni per ben oltre 15 anni. Se in questo arco di tempo un paziente ne avrà bisogno, le cellule verranno impiegate per mettere in atto un piano terapeutico in modo da salvare la vita a molte persone, pazienti e bambini!
In Italia nel 2010 erano presenti più di 18 banche pubbliche per la conservazione di cellule staminali del cordone ombelicale. Oggi le banche italiane fanno parte di una rete mondiale in cui sono conservati migliaia di campioni di sangue cordonale.
In queste banche è possibile donare il cordone ombelicale per un trapianto di tipo allogenico.
Per concludere (in dulcis in fundo) l’articolo qui di seguito una immagine con i dati di donazione 2019.
Simone Mazzaglia
Bibliografia: Il corpo umano Zanichelli 2018
Sitografia: