Biografia
Dmitri Iosifovich Ivanovski (1864 – 1920, Fig. 1) è stato un botanico russo ed uno tra gli scienziati che per primi mossero i primi passi nello studio della virologia.
Dmitri Ivanovski nacque a Gdov, una cittadina che si erge sulle sponde del lago Peipus, le cui acque dividono la Russia Occidentale dall’Estonia. Proveniva da una famiglia numerosa e di modesta condizione sociale. Frequentò il liceo Ginnasio brillantemente poi, dopo la morte del padre, la famiglia si trasferì a San Pietroburgo.
Nell’Agosto del 1883 si iscrisse all’università, scegliendo la facoltà di Scienze Naturali.
Erano anni di grande fermento per l’attività scientifica nell’Impero russo. Tra i docenti dell’epoca figuravano persone del calibro di Ivan Michajlovič Sečenov e Dmitrij Ivanovič Mendeleev. Il suo principale mentore era però Andrei Faminstyn, uno dei massimi esperti di fisiologia vegetale dell’epoca.
Studente brillante ed apprezzato, Ivanovsky divenne presto istruttore nel laboratorio di fisiologia ed anatomia delle piante. A partire dal 1887 si occupò di studiare una malattia particolare che colpiva le piante di tabacco e che divenne oggetto della sua tesi di dottorato, discussa con profitto a Kiev nel 1901. Ottenne una cattedra all’università di Varsavia, dove proseguì con gli studi sulla botanica, insieme ad un altro studioso sveglio e preparato: Michael Tsvett.
La sua carriera proseguì con qualche difficoltà, per via della frequente mancanza di fondi. Sposò la figlia di un rifugiato politico ed ebbe un figlio, che morì molto giovane. Segnato anche lui dagli sconvolgimenti della prima guerra mondiale, durante la Grande Ritirata Russa nel 1915 dovette abbandonare Varsavia per trasferirsi a Rostov, dove concluse la sua carriera e si spense nel 1920, all’età di 55 anni.
Contributo scientifico
Ivnovsky fu uno studioso attivo in diversi campi, sebbene rivolse le proprie attenzioni in particolar modo alla botanica. Compì degli studi sulla fermentazione alcolica, scoprendo l’importanza delle sostanze contenenti azoto in questo processo e che, a diversi ceppi di lievito, corrisponde una diversa tipologia di fermentazione.
Durante gli anni di Varsavia, insieme a Tsvett indagò gli effetti della luce solare sul pigmento nelle piante e il loro ruolo nella fotosintesi.
Divenne ovviamente più noto per le ricerche sulla Malattia del tabacco, oggetto della sua tesi di dottorato e che lo portò a concludere che la causa era un agente patogeno particolare, più piccolo dei soliti batteri, sebbene non riuscì mai a dimostrarlo direttamente.
Focus: la Malattia mosaico del tabacco
Nel 1887, mentre era ancora studente, Famynstin e il decano Beketov lo incaricarono di compiere delle indagini su una malattia delle piante di tabacco che stava interessando alcunee aree in Ucraina e nella Bessarabia, regione che comprende territori dell’Ucraina e Moldavia, fino alle sponde del mar Nero.
Adolf Mayer, scienziato olandese, studiò e descrisse per primo questa patologia che portava alla formazione di macchie. Ivanovsky descrisse attentamente l’aspetto delle piante ma non riuscì mai ad isolare il patogeno responsabile, motivo per cui le conclusioni della sua tesi di dottorato tradarono ad arrivare.
Ormai in qualità di esperto, lo richiamarono per lo stesso motivo tre anni più tardi, stavolta in Crimea. Fu a questo punto che Ivanovsky si accorse che questa malattia era causata da un agente eziologico particolare; un batterio “elusivo” che riusciva a sfuggire persino ad un sofisticato sistema di filtrazione diffuso da poco: il filtro Chamberland. Parlava nei suoi scritti di contagium fixum, sottointendendo la presenza un microbo che non riusciva tuttavia ad identificare, come testimoniato dai suoi diari dove scriveva di “indagini future necessarie”.
Fu solo più tardi che Martinus Beijerinck, accettando invece la teoria del contagium vivum fluidum, si rese conto dell’esistenza di qualcosa di più piccolo di un batterio, che prese il nome di virus.
Riconoscimenti
Ivanovsky nella sua carriera venne particolarmente stimato come insegnante, sia per le sue idee liberali sia per la sua impostazione didattica, fatta di dibattiti. Non viaggiò molto nella sua vita e questo gli impedì di farsi conoscere dai colleghi che operavano più ad Ovest; tuttavia, sapeva scrivere in tedesco, pertanto riuscì a diffondere le proprie scoperte in tutta Europa. Beijerinck lo accreditò per le sue scoperte sulla malattia del tabacco.
Gli è stato dedicato un francobollo.
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