Mal Bianco della Vite

Il vino è una delle bevande alcoliche più consumate in Europa dove gran parte dei paesi ne sono produttori su larga scala. Solo in Italia, nel biennio 2021/2022, la produzione di vino è arrivata a 50.231.566 ettolitri, comprendenti vini classici, vini con indicazione di varietà, vini IGP e vini DOP. 

Il vino è ottenuto dalla fermentazione (totale o parziale) del frutto della vite, l’uva (sia essa pigiata o meno), o del mosto. L’uva viene utilizzata per il consumo umano da oltre 7000 anni e si stima sia coltivata in oltre 7,6 milioni di ettari in tutto il mondo. 

Vitis vinifera

In Europa la maggior parte dell’uva coltivata è prodotta dalla specie Vitis vinifera originaria dell’Eurasia, ma la sua alta suscettibilità agli agenti patogeni e ai parassiti è derivata dalla sua origine da specie selvatiche importate dal Nord America. 

Oltre ad essere suscettibile a grandine, gelo o pioggia battente, la vite può essere attaccata da numerosi agenti patogeni nelle varie fasi di crescita e sviluppo, che si differenziano in: 

1. Germinazione: con la primavera, le gemme della vite cominciano ad aprirsi, le foglie e i viticci si sviluppano in fretta, rendendo verde la vigna che nel periodo invernale sembrava secca. Le viti che sbocciano prima rischiano le gelate;

2. Fioritura: avviene a fine primavera/inizio estate, 6-12 settimane dopo la germinazione e dura fino a 10 giorni. Affinché la fioritura si svolga regolarmente, il clima dev’essere caldo, secco e non troppo ventoso; 

3. Fruttificazione: dai fiori impollinati cominciano a svilupparsi i grappoli;

4. Maturazione: in piena estate i grappoli cominciano a maturare e il loro contenuto zuccherino aumenta favorendo il cambio del colore e l’ammorbidimento dell’uva (processo denominato véraison). Nell’ultimo periodo di maturazione (da fine estate ad inizio autunno) è fondamentale che il tempo sia stabile e mite, senza eccessi ventosi o di pioggia. Purtroppo negli ultimi 10 anni il cambiamento climatico ha avuto un impatto significativo su tutto il pianeta, e la coltivazione della vite non fa eccezione. L’innalzamento delle temperature terrestre e delle acque marine, lo scioglimento graduale dei ghiacciai definiti perenni, gli episodi più frequenti di precipitazioni anomale hanno portato a danni considerevoli in tutto il settore agricolo e di conseguenza al favorire l’attacco più invasivo e frequente degli agenti patogeni e dei parassiti.

Mal Bianco della Vite

Una delle fitopatologie più frequenti e più invasive della vite è l’Oidio (powdery mildew) definita in gergo come il Mal Bianco della Vite

L’agente eziologico responsabile è un fungo, denominato Erysiphe necator, che fu introdotto inavvertitamente in Europa dal Nord America nel 1850 circa, comparso prima in Inghilterra e in seguito in Francia per poi svilupparsi fino a tutto il bacino del Mediterraneo, causando significanti perdite nelle produzioni vitivinicole. 

il Mal Bianco della Vite
Figura 1 – il Mal Bianco della Vite

Erysiphe necator

L’Erysiphe necator è un fungo ascomicete parassita obbligato che utilizza l’apparato riproduttivo e  metabolico della cellula ospite per poter sopravvivere e svilupparsi.

Come la maggior parte degli ascomiceti, ha come carattere fondamentale la formazione delle spore definitive (ascospore) dentro particolari sporangi, detti aschi. L’apparato vegetativo o micelio è ben sviluppato e costituito da ife più o meno abbondantemente ramificate, pluricellulari, con cellule uni o binucleate. Tale micelio si sviluppa dentro il substrato su cui il fungo cresce, o in parte anche alla   superficie. Prima di dare origine agli aschi, il micelio, nella maggior parte dei casi, produce delle spore esogene o conidî portate da particolari ife fertili chiamate conidiofori

Forme di spore e appendici di Erysiphaceae a: Erysiphe polygoni; b: Podosphaera Oxyacanthae ; c:  Microsphara Alni; e: Phyllactinia Corylea ; d: Erysiphe necator (Mal Bianco della Vite)
Figura 2 – Forme di spore e appendici di Erysiphaceae a: Erysiphe polygoni; b: Podosphaera Oxyacanthae ; c: Microsphara Alni; d: Erysiphe necator 
Erysiphe necator durante l'infezione (Mal Bianco della Vite)
Figura 3 – Erysiphe necator durante l’infezione

L’infezione

In specifico, nel caso della Vitis vinifera, l’ascomicete infetta le cellule adibite alla fotosintesi per completare il proprio ciclo vitale. Una volta che le colonie di conidiospore infettano i tessuti epidermici con attività fotosintetica, queste germinano formando un appressorium lobato, un organo “pressante” appiattito, ifale, dalla cui superficie inferiore emerge un piolo di penetrazione che attacca l’epidermide e invade la cellula ospite per formare una struttura intracellulare specializzata denominata haustorium.

 Il ruolo dell’appressorium e dell’haustorium

L’haustorium funge da collegamento tra il fungo e la cellula ospite che facilita uno scambio dinamico di numerose molecole tra le due parti. Il fungo recupera esosi, aminoacidi, vitamine ed altri nutrienti dalla cellula ospite (grazie all’haustorium) e allo stesso tempo secerne proteine che  inibiscono le difese della cellula ospite, in particolare enzimi litici come lipasi, esterasi e cutinasi che inducono la rottura delle lunghe catene degli acidi grassi polinsaturi con conseguente aumento della germinazione fungina e del suo sviluppo.

Se l’impianto dell’haustorium e il “furto” di nutrienti avviene con successo, il fungo continua a diffondersi attraverso le ife sopra la superficie, producendo tanti appressoria ed haustoria ad intervalli regolari. Dopo 5-25 giorni, la sporulazione si presenta sotto forma di conidiospore perpendicolari all’epidermide sotto forma di numerose catene di conidia assesuali e le spore sono rilasciate per iniziare un nuovo ciclo d’infezione.

Ciclo vitale (fase produzione spore e fase vegetativa) di Erysiphe necator nella specie Vitis vinifera (Mal Bianco della Vite)
Figura 4 – Ciclo vitale (fase produzione spore e fase vegetativa) di Erysiphe necator nella specie Vitis vinifera

Macroscopia del Mal Bianco della Vite

La conseguenza macroscopica del comportamento generale dal parassitismo dell’Erysiphe necator è la formazione di un feltro, di colore biancastro e di aspetto polverulento, sulla superficie degli organi colpiti, dovuta all’intreccio di ife e all’emissione di un numero elevato di spore. 

Gli organi colpiti più frequentemente sono quelli assimilanti o con intensa attività vegetativa, quali:  

  • foglie 
  • germogli erbacei 
  • frutti in accrescimento 

Nel corso dell’attacco, le aree colpite subiscono dapprima una decolorazione, visibile rimuovendo il feltro micelico, poi la necrosi dei tessuti. In seguito alla necrosi si verificano disseccamenti o spaccature, queste ultime soprattutto in organi carnosi.

Tipico colore biancastro polverulento su foglia di Vitis vinifera da infezione di Erysiphe necator
Figura 5 – Tipico colore biancastro polverulento su foglia di Vitis vinifera da infezione di Erysiphe necator
Un'altra immagine del mal bianco della vite
Figura 6 – Un’altra immagine del mal bianco della vite

Le spore

Le colonie di spore sono più comunemente trovate nella superficie inferiore delle prime foglie formate vicino alla corteccia e sono accompagnate da una forma simile ad una macchia clorotica nella parte superiore. Le giovani colonie appaiono biancastre e quelle che non hanno ancora liberato le spore mostrano un colore traslucido metallico.

La morte delle cellule epidermiche avviene sotto l’area colonizzata. Le foglie gravemente infette sviluppano delle macchie necrotiche e cadono velocemente.

L’infezione dei tronchi

L’infezione dei tronchi inizialmente produce sintomi simili alle foglie ma colonie sui germogli determinano la necrosi del tessuto sottostante, producendo una nera cicatrice simile ad una ragnatela.

L’infezione dei fiori e frutti

I fiori e i frutti sono molto suscettibili quando giovani e possono essere completamente ricoperti dalla muffa biancastra, infatti i grappoli sono maggiormente suscettibili al micete nella fase della fioritura, mentre a partire dal raggiungimento delle dimensioni di 4-6 mm tale suscettibilità tende a ridursi col proseguire della stagione vegetativa.

Gli acini colonizzati precocemente rimangono di piccole dimensioni e vengono ricoperti dalla caratteristica efflorescenza bianco grigiastra che emana un forte odore di muffa. Il blocco dell’accrescimento dell’epidermide e il contemporaneo sviluppo della polpa causano spaccature longitudinali che spesso mettono in evidenza i vinaccioli, favorendo indirettamente gli attacchi di muffa grigia e di altri funghi e batteri saprofiti. Gli acini successivamente possono raggrinzire, disseccare e cadere.

Azioni di difesa contro il Mal Bianco della Vite

Meccanismi citologici

Come tutte le piante, anche la vite adotta dei sistemi di difesa intrinseci per contrastare l’attacco e lo sviluppo dell’infezione fungina. 

Ci sono due strategie che la pianta usa per contenere l’invasione e la crescita del patogeno: resistenza alla penetrazione e morte cellullare programmata (PCD)-resistenza mediata. 

La resistenza alla penetrazione blocca la violazione della parete cellulare e della membrana data dalle spore germinate prevedendo così la formazione dell’haustorium. La PCD-resistenza mediata è esercitata all’interno dello strato cellulare epidermico e induce la morte delle cellule invase, bloccando così l’apporto dei nutrienti al fungo necessari per la sua  crescita ed il suo sviluppo. 

In specifico, la risposta immunitaria innata delle cellule della vite si mostra in due forme basiche: l’immunità indotta (PTI) dalla produzione di molecole patogene (PAMP) e l’immunità indotta da effettori (ETI). 

L’immunità indotta (PTI) è attivata dall’interazione tra i recettori sentinella extracellulari posti sulla membrana plasmatica delle cellule ospiti e le specifiche molecole prodotte dal patogeno. In particolare, la chitina, che è la proteina maggiormente prodotta dall’Erysiphe necator, viene rilasciata durante l’infezione e viene captata dai recettori specifici per la chinasi sulle cellule epidermiche della vite, attivando la cascata della protein-chinasi che a sua volta innesca risposte immunitarie multiple, come:

  • la produzione di specie reattive dell’ossigeno,  
  • attivazione di geni difensori,  
  • biosintesi di ormoni in difesa,  
  • biosintesi di fitoalexina  
  • rafforzamento della parete cellullare.  

Sistemi di difesa

Quindi il PTI è la prima linea di difesa contro la maggior parte degli attacchi dei microrganismi patogeni. Purtroppo attraverso l’evoluzione, il fungo è riuscito ad adattarsi a questo tipo di meccanismo difensivo. Ha sviluppato proteine in grado di inibire il sistema primario di difesa della cellula vegetale della vite. Quando il PTI è compromesso e non è sufficiente a contrastare l’introduzione di proteine del patogeno, vengono sintetizzati nuovi recettori (denominati R) che specificatamente riconoscono le proteine patogene, e costituiscono il sistema ETI.

Quindi l’interazione tra i recettori R e le proteine patogene innescano un’ulteriore cascata di risposte difensive che si sovrappone alle azioni del sistema PTI. Il tutto per contrastare il furto da parte del patogeno dei nutrienti dalla cellula vegetale necessari per completare il suo ciclo vitale. I geni responsabili della sintesi del sistema di difesa della cellula vegetale della vite sono molteplici e per semplificare li raggrupperemo in geni del gruppo PEN (penetration-genes) e gruppo R (R genes) in particolare Run1 e Ren1. Lo studio della genetica delle cellule della vite è importante perché può fornire ai ricercatori dei target sperimentali per sviluppare dei metodi di contrasto contro l’infezione da parte dell’Erysiphe necator.

Azioni di difesa dell’uomo

In Italia, il controllo di Erysiphe necator nelle coltivazioni viticole segue i principi di difesa integrata contro i parassiti. Questo combina l’uso di sostanze chimiche insieme a pratiche agronomiche.  

Tuttavia l’uso dei fungicidi (anticrittogamici) rimane il mezzo più efficace e utilizzato nel controllo dell’epidemia da Oidio. 

Il ruolo degli anticrittogamici

Gli anticrittogamici vengono utilizzati attraverso programmi di prevenzione dove i trattamenti iniziano a partire dalla nascita dei germogli. Se il rischio epidemico è alto ed è associato a condizioni climatiche sfavorevoli, come le gelate invernali, e le condizioni favoriscono l’infezione delle ascosopore, il trattamento continua fino alla maturazione estiva dell’uva con un minimo range che va dai 4 agli 8 trattamenti nel periodo di crescita dei grappoli. 

Il FRAC (fungicide resistance action committee) classifica gli anticrittogamici commerciali in differenti gruppi in base al loro meccanismo d’azione. La maggior parte degli anticrittogamici moderni comporta uno o pochi meccanismi d’azione con la conseguente crescita del rischio di sviluppo di resistenza da parte della popolazione dei patogeni. Perciò il loro uso è limitato a 2-3 applicazioni per stagione. In Italia i fungicidi presenti sul mercato contro l’Oidio nella vite appartengono a 10 differenti gruppi classificati dal FRAC e vengono utilizzati nell’agricoltura convenzionale. 

Il Metrafenone

Uno degli anticrittogamici più utilizzati, in associazione con altre sostanze chimiche (soluzioni a  base di rame e soluzioni a base di zolfo), è il Metrafenone (3-bromo-2ˊ,3ˊ,4ˊ,6-tetrametossi 2,6ˊ dimetil benzofenone). Il suo esatto meccanismo d’azione contro l’oidio non è conosciuto ma alcuni studi suggeriscono che interferisca con la morfogenesi delle ife e la loro crescita.

Purtroppo è stato dimostrato che l’Erysiphe necator ha sviluppato una resistenza contro l’attacco del Metrafenone, in particolare uno studio italiano del 2015 ha messo in evidenza come l’Oidio, nonostante i trattamenti a varie concentrazioni con Metrafenone, si sia comunque sviluppato nelle piante di vitigni del Nord Italia, sia nelle foglie che nei grappoli d’uva. 

Nuovi metodi di difesa contro il Mal Bianco della Vite

Con l’aumento della capacità di resistenza agli anticrittogamici e con la crescita del numero di aziende che scelgono di praticare agricoltura biologica piuttosto che agricoltura convenzionale, la ricerca negli ultimi anni si è concentrata sul trovare metodi e meccanismi alternativi in grado di combattere l’Oidio senza l’uso di sostanze chimiche.  

Lo studio del 2022

In un recentissimo studio del 2022, durante l’infezione da parte di Erysiphe necator nella specie Vitis vinifera, si è monitorata la risposta immunitaria contro il patogeno in seguito all’inclusione nelle cellule vegetali di due geni, Run1 e Ren1, la cui codifica e trascrizione produce una risposta immunitaria che previene lo sviluppo della malattia. 

L’esperimento ha previsto l’uso di piante di vite con genotipo resistente, cioè il cui genoma consta della presenza di Run1 e Ren1, e piante di vite della specie Carménère, altamente suscettibile all’attacco dell’E. necator, che non hanno i loci Run1 e Ren1 nel loro genoma. La ricerca si è concentrata nel monitorare gli effetti in presenza o in assenza di Run1 e Ren1 nelle piante infettate dall’Erysiphe necator e come le cellule hanno risposto alle due condizioni.

Il ruolo dei ROS

Le piante generano, durante il metabolismo primario, le specie reattive dell’ossigeno (ROS), in condizioni normali riescono comunque a neutralizzarle tranquillamente. Quando invece la pianta è sottoposta a stress, ad esempio in seguito all’attacco di un patogeno, avviene una produzione sbilanciata di ROS, causando il fenomeno dello stress ossidativo. L’indicatore del disequilibrio è la perossidazione lipidica che produce malondialdeide (MDA) e acidi grassi polinsaturi. La cellula vegetale ha un meccanismo innato per la detossificazione dall’eccesso di ROS che è la via ascorbato-glutatione con l’azione della deidroascorbato reductasi (DHAR) che riduce il deidroascorbato (DHA) in ascorbato (AsA). Per questa ragione l’eccesso di DHA e AsA è un indicatore di stress ossidativo. 

Attraverso l’analisi di una lunga serie di parametri genetici e molecolari, i risultati hanno dimostrato che la presenza dei due geni e la loro trascrizione prevede la sintesi di molecole capaci di contrastare la perossidazione lipidica e quindi la condizione di stress ossidativo (cioè determinare  n’azione antiossidante). Al contrario nelle piante suscettibili dove i due loci erano mancanti, i sintomi dell’Oidio si manifestavano in tempi brevi e particolarmente aggressivi.  

Conclusioni

Quindi una futura strategia nel contrastare il Mal Bianco della Vite potrebbe comportare l’inoculazione di geni in specie di Vitis vinifera, attraverso l’uso di specifiche tecniche di biologia molecolare e genetica, capaci di innescare una risposta difensiva antiossidante fisiologica evitando così l’uso ormai spropositato di anticrittogamici chimici. 

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.