Caratteristiche generali
La flavescenza dorata è un giallume della vite causato da fitoplasmi trasmessi principalmente dall’insetto vettore Scaphoideus titanus. In Italia (come in altri paesi della comunità europea) i fitoplasmi responsabili di questa malattia sono classificati come organismi da quarantena, secondo il decreto legislativo 214/2005 (recepimento della Direttiva CE 2000/2009). Vengono definiti come “organismi che recano gravi danni ai vegetali e danni economici, che non sono presenti in una data area o sono presenti in piccole aree circoscritte in cui viene operata una forte lotta per debellarlo” e per questo la legislazione impone la lotta obbligatoria a questo parassita.
Agente patogeno
Gli agenti patogeni responsabili della flavescenza dorata della vite sono stati identificati più recentemente rispetto ad altri microrganismi patogeni per le piante. La causa è da imputare alle loro caratteristiche di sviluppo, che si pongono a metà tra quelle virali e quelle batteriche.
I fitoplasmi infatti sono organismi procarioti unicellulari con dimensioni comprese tra 50 e 500 µm e privi di parete cellulare, per questo privi forma propria. Prima inseriti all’interno dei micoplasmi, sono stati poi grazie all’analisi del genoma classificati in modo dettagliato in un loro genere specifico:
- Regno: Bacteria
- Phylum: Tenericutes
- Classe: Mollicutes (pelle molle)
- Ordine: Aechopalsmatales
- Famiglia: Aecholeplasmataceae
- Genere: Archoleplasma o Candidatus phytoplasma
Vari ceppi all’interno di questo genere sono responsabili di danni alle colture, in particolar modo a scapito della vite.
Vari studi hanno evidenziato come la flavescenza dorata sia spesso causata da ceppi di fitoplasmi diversi a seconda della regione climatica in cui la si rileva, probabilmente questo è dovuto alla differenza di adattamento dei vari ceppi alle condizioni climatiche.
Secondo la classificazione accettata dalla comunità scientifica in base alla sequenza del rRNA 16S, il ceppo più diffuso nel territorio italiano è 16SrV-C appartenente alla specie Candidatus phytoplasma vitis.
Piante ospiti
Le principali piante ospiti del Candidatus phytoplasma vitis sono appartenenti al genere Vitis, nello specifico le specie V. riparia e V. vinifera. La prima di origine nord-americana viene spesso utilizzata per l’ottenimento dei portainnesti mentre la seconda di derivazione europea viene comunemente coltivata per la produzione del vino.
Il fitoplasma può colonizzare anche altre piante dalle quali si è poi trasferito sulla vite grazie alla mediazione del cicadellide Scaphoideus titanus.
Tra le altre specie ospiti troviamo Clematis vitalba nota comunemente come vitalba, Alnus glutinosa o Ontano nero e Ailanthus altissima detto anche albero del paradiso. Le prime infezioni della vite sembrano aver avuto origine dopo l’introduzione del vettore, nel 1950 in Francia, proprio a partire dall’Ontano.
Sintomatologia e danni della flavescenza dorata
I sintomi tipici si manifestano in genere un anno dopo l’inoculo del patogeno principalmente nel periodo primaverile-estivo a causa del forte sviluppo vegetativo. Infatti il fitoplasma, colonizzando il floema della pianta, interrompe il flusso linfatico mettendo in crisi la pianta proprio durante i periodi di maggior produzione e traslocazione dei fotosintetati.
La flavescenza dorata causa danni inizialmente sulle foglie che diventano spesse, con bolle, fragili e arrotolate verso il basso fino ad assumere la tipica forma triangolare. A questi sintomi si accompagnano delle decolorazioni della lamina (rosse nelle varietà a bacca rossa e gialle in quelle a bacca bianca) che interessano anche le nervature.
I tralci diventano flessuosi, gommosi, con nulla o scarsa lignificazione; il portamento è ricadente con internodi corti e andamento a zig-zag con tipiche pustole di colore nero.

Sui grappoli si possono avere aborti fiorali e disseccamento parziale o completo.
L’ostruzione dei vasi per l’effetto parassitico del fitoplasma porta a forti riduzioni della produttività della pianta e in molti casi alla morte.

Vettori e diffusione
Il Candidatus phytoplasma vitis come tutti gli altri fitoplasmi è un parassita obbligato, di conseguenza per essere trasferito da una pianta all’altra necessita di un vettore.
I vettori in grado di trasferire il fitoplasma sono insetti appartenenti all’ordine dei Rincoti, caratterizzati da apparato boccale pungente-succhiante che utilizzano per succhiare linfa floematica.
Il principale responsabile della diffusione della flavescenza dorata è lo Scaphoideus titanus noto anche come cicalina della vite. La particolare attenzione per questo vettore è legata al fatto che è l’unico in grado di assumere il fitoplasma da viti infette. L’acquisizione avviene durante le prime forme giovanili per poi diffondere il parassita da adulto, mentre si nutre di altre piante. Questa caratteristica rende possibile la diffusione della malattia in modo epidemico con un rischio molto alto per la coltivazione della vite.

Una grossa preoccupazione legata a questo vettore è dovuta al suo comportamento da xilemomizo con potenzialità di diffusione anche della Xylella fastidiosa sub. stidiosa.
Gli altri insetti vettori del fitoplasma sono Orientus ishidae e Dyctiophara viticola. Questi sono in grado di assumere il fitoplasma solo da altre piante ospiti e quindi il loro potenziale di diffusione della malattia risulta ridotto.
L’elasticità del fitoplasma nell’instaurazione di rapporti con i vettori diversi sembra sia legata ad una lipoproteina di adesione. Questa prende il nome di spiralina, e riesce a legare in modo efficiente le glicoproteine degli insetti vettori permettendo lo sviluppo del parassita.
Una volta avvenuta l’interazione il fitoplasma colonizza l’epitelio dell’insetto vettore per poi raggiungere altri tessuti interni e le ghiandole salivari. Durante la suzione dell’insetto, proprio il secreto di queste ghiandole ne permette la diffusione nella pianta.
Mezzi di controllo della flavescenza dorata
La gestione della malattia risulta essere molto complicata nel continente europeo. I fitoplasmi essendo cellule procariotiche hanno come unico mezzo efficace per il loro contrasto l’utilizzo di antibiotici (vietati nella difesa delle colture). L’altro grosso ostacolo è il raggiungimento del patogeno che si trova ben protetto all’interno dei vasi della pianta, difficilmente raggiungibili da un trattamento tradizionale.
Per queste ragioni i metodi tradizionali per il contrasto della flavescenza dorata sono di tipo preventivo e si basano sulla limitazione della diffusione del patogeno. Questi approcci nonostante siano “tradizionali” restano gli unici la cui efficacia si sia dimostrata rilevante anche in termini statistici.
Già a livello vivaistico, l’applicazione di trattamenti termici sui portainnesti e sui nesti sembra essere una misura efficace. La termoterapia in acqua a 45-50°C per circa 45 minuti comporta la morte del fitoplasma e delle sue spore, ma con effetti negativi sull’attecchimento e sulla ripresa vegetativa della pianta.
A livello di coltivazione è obbligatoria (secondo il D.Lgs. 2014/2005) la rimozione e distruzione delle piante infette una volta identificate, per evitare che possano fungere da fonte d’inoculo per altre infezioni. La sostituzione delle varie piante porta nel lungo periodo a vigneti molto disomogenei per quanto riguarda l’età, rendendo molto complicata la gestione agronomica.
Questa pratica deve essere associata con l’asportazione del legno di potatura, in quanto sotto il ritidoma sono presenti le uova svernanti del vettore.
Lotta al vettore
Il metodo che principalmente viene utilizzato per il controllo della diffusione è la lotta al principale vettore, lo Scaphoideus titanus. La lotta inizia mediante il monitoraggio dello sviluppo degli stadi giovanili nei polloni, per poi intervenire dal manifestarsi del 4° stadio di neanide in genere tra metà e fine giugno.
Per gli interventi insetticidi non sono disponibili molti principi attivi, i più utilizzati sono acetamiprid, etofenprox, tau-fluvalinate, flupyradifurone, mentre le piretrine naturali e caolino sono gli unici prodotti consentiti in viticoltura biologica.
Dopo il primo trattamento si inseriscono le trappole per il monitoraggio di colore giallo per monitorare l’efficacia del trattamento effettuato. Alla cattura di 3-4 adulti risulta necessario eseguire un nuovo intervento, in quanto o la lotta non ha funzionato o vi sono state colonizzazioni provenienti da altri vigneti o da zone boschive incolte.
I problemi legati all’utilizzo degli insetticidi sono la tossicità per l’ambiente e i fenomeni di resistenza sviluppati dagli insetti. Nel caso di conduzione biologica invece è evidente che i prodotti consentiti non sono sufficientemente efficaci per il controllo.
Per aumentare l’efficacia degli interventi è importante collocarli temporalmente nel momento giusto. Per far questo sono stati sviluppati dei modelli di crescita della cicalina basati sulla temperatura, applicabili per ora solo come supporto ad un monitoraggio tradizionale.
Non è ancora applicabile la confusione sessuale, in quanto non sono ancora stati identificati ormoni specifici.
Il fenomeno della recovery
Le piante infette, in alcuni casi, possono spontaneamente regredire dallo stato di malattia ripristinando le proprie rese. Il fenomeno di regressione della malattia è noto come recovery. Questo fenomeno inizialmente identificato nella vite è stato poi caratterizzato anche in altre specie arboree come melo e albicocco.
Cosa realmente induca il fenomeno della recovery non è ancora del tutto noto. Nonostante non sia stata evidenziata una resistenza genetica, alcune varietà sembrano essere particolarmente tolleranti al patogeno e sembrano evidenziare dei tassi di recovery molto alti. Tra le varietà più sensibili troviamo Chardonnay, Pinot, Perera, Garganega mentre tra le più tolleranti sono Riesling, Ribolla, Merlot e Barbera.
Tra i meccanismi che sembrano caratterizzare sia la fase di recovery sia buona parte della vita successiva della pianta, vi è la produzione e l’accumulo di alcuni metaboliti di difesa. L’accumulo di protossido di idrogeno (H2O2) viene indotto contemporaneamente da sovraespressione dei geni gix e glp, una sottoespressione del gene apx2 (che codifica per un sensore dell’accumulo di questo composto) e da una minore trascrizione degli enzimi deputati alla sua degradazione, catalasi e ascorbato perossidasi. Anche un accumulo di fitoalessine, in particolare di di flavonoli sembra essere caratteristico della regressione della pianta.
Una peculiarità della recovery dalla flavescenza dorata è che, a differenza di quasi tutte le regressioni dalle malattie, viene fortemente stimolata da stress abiotici. Probabilmente è dovuto alla capacità di questi di indurre nella pianta l’accumulo di H2O2 e fitoalessine.
Nuove possibilità per il controllo della Flavescenza dorata
La scoperta della recovery e la pressione della malattia in aumento hanno orientato molti studi nell’identificazione di nuovi metodi per il controllo della flavescenza dorata.
Trattamenti con elicitori che fungano da induttori di resistenza sono una pratica già utilizzata in viticoltura contro altre malattie. Per i loro effetti di induzione della produzione di composti tossici per il fitoplasma sono stati applicati anche nei test di lotta alla flavescenza.
Tra gli elicitori più utilizzati, hanno dimostrato un’efficacia nel controllo del Candidatus phytoplasma vitis il Metil-Jasmonato (Me-JA) e salicilato (SA). Entrambi sono ormoni coinvolti nei sistemi di attivazione traslocazione dei segnali di difesa.
Una possibilità riportata in alcuni studi è utilizzare come elicitori dei microrganismi endofiti, stimolando una loro attività di biocompetizione. I batteri Pseudomonas migulae ed Epicoccum nigrum e i funghi Bulleromyces albus and Dioszegia spp. sembra riescano a controllare il patogeno.
La lotta microbiologica è una possibilità concreta anche contro il vettore. Infatti sono stati identificati alcuni batteri in grado di vivere da parassiti nello Scaphoideus titanus riducendo il suo tasso di riproduzione.
Fonti
- Malembic-Maher, S., Desqué, D., Khalil, D., Salar, P., Bergey, B., Danet, J.-L., Duret, S., Dubrana-Ourabah, M.-P., Beven, L., Ember, I., 2020. When a Palearctic bacterium meets a Nearctic insect vector: Genetic and ecological insights into the emergence of the grapevine Flavescence dorée epidemics in Europe. PLoS Pathog. 16, e1007967.
- Oliveira, M., Roriz, M., Vasconcelos, M.W., Bertaccini, A., Carvalho, S.M.P., 2019. Conventional and novel approaches for managing “flavescence dorée” in grapevine: knowledge gaps and future prospects. Plant Pathol. 68, 3–17.
- Ripamonti, M., Pacifico, D., Roggia, C., Palmano, S., Rossi, M., Bodino, N., Marzachì, C., Bosco, D., Galetto, L., 2020. Recovery from Grapevine Flavescence Dorée in Areas of High Infection Pressure. Agronomy 10, 1479.