Ad oggi ancora non abbiamo un farmaco specifico che possa aiutarci a trattare le ulcere diabetiche non cicatrizzanti. O meglio, nessun farmaco ha ottenuto l’approvazione delle autorità per più di dieci anni, sia negli USA che nella UE. Uno studio pubblicato su Plos One ci mostra un nuovo trattamento a base di Lactoccoccus lactis geneticamente modificato, ancora in fase di sperimentazione, che però lascia ben sperare.
Cos’è Lactococcus lactis?
Lactococcus lactis è un batterio Gram-positivo non patogeno, utilizzato spesso nell’industria casearia per la produzione di formaggi e yogurt. È stato il primo organismo geneticamente modificato ad essere utilizzato vivo per il trattamento delle malattie umane. Inoltre, gli viene riconosciuto un effetto benefico per l’essere umano, in quanto assicura l’equilibrio della flora intestinale.
Le cellule di L. lactis sono cocchi che si raggruppano in coppie e in catene corte e, a seconda delle condizioni di crescita, appaiono ovoidali con una lunghezza tipica di 0,5-1,5 micrometri. Sono asporigeni, immobili, e il loro metabolismo è omofermentante, ovvero capace di produrre acido lattico.
Il diabete
Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue, dovuta ad una ridotta disponibilità di insulina, un ormone prodotto dalle cellule beta delle insule di Langerhans del pancreas. Esistono due tipologie di diabete, ovvero mellito e insipido. Il diabete mellito, a sua volta, si divide in diabete mellito di tipo 1 e diabete mellito di tipo 2. La grande differenza tra i due è che il primo si manifesta generalmente in età giovanile, di solito è dovuto alla distruzione delle cellule beta da parte del sistema immunitario (autoimmune), ma può avere anche altre cause (disfunzione dei mitocondri delle cellule beta, mutazioni del gene dell’insulina). L’altro, invece, insorge sopra i 40 anni a seguito di patologie pregresse o di uno stile di vita errato, come ad esempio il sovrappeso, la sedentarietà, l’alimentazione ricca di grassi e zuccheri. Esiste poi una condizione più rara che insorge in giovane età, cioè il diabete M.O.D.Y (Maturity-Onset Diabetes of the Young), ed una forma di diabete che compare durante la gravidanza, chiamato appunto diabete gestazionale.
A livello epidemiologico il diabete si sta diffondendo sempre di più, si pensi che mentre nel 1980 i malati di diabete nel mondo erano 108 milioni, nel 2014 il numero è salito a 422 milioni. Questo problema non interessa solo le persone anziane, ma anche i giovani. I dati ISTAT del 2020 riportano che in Italia, 3,5 milioni di persone soffrono di questa patologia e si nota un lento aumento. Ogni anno al mondo, 1,5 milioni di morti sono attribuite proprio al diabete.
Il diabete è una patologie sistemica, ovvero interessa tutto l’organismo, quindi se non trattata efficacemente, può comportare diverse e gravi complicanze: retinopatie, nefropatie, neuropatie, vasculopatie, cardiopatie, lesioni cutanee e tessutali. In aggiunta a ciò, raffigura la principale causa di cecità, insufficienza renale, infarto acuto del miocardio, stroke e amputazione non traumatica di un arto.
Le ulcere diabetiche non cicatrizzanti
Una delle complicanze peggiori del diabete è l’ulcerazione del piede, che, se non curata nel modo corretto, conduce all’amputazione non traumatica del piede o dell’arto.
Quando si parla di “piede diabetico” è fondamentale distinguere: piede diabetico neuropatico e piede diabetico ischemico. Queste due tipologie, seppur profondamente diverse tra loro, tendono, soprattutto nell’età avanzata, a coesistere: avremo quindi sia una neuropatia che una vasculopatia, quindi parleremo di piede diabetico neuroischemico. Le ulcere neuroischemiche, se non trattate repentinamente, progrediscono sino a diventare ulcere croniche non cicatrizzanti, ossia che non guariscono. E in caso di ulcera aperta, aumenta il rischio di infezione, che è la causa primaria di amputazione dell’arto. Purtroppo, però, spesso ci si accorge troppo tardi del problema, perché una persona con diabete, specialmente se anziana, a causa della neuropatia, non avvertirà dolore al polpaccio e al piede (la cosiddetta claudicatio) neanche durante la deambulazione. La claudicatio è il principale sintomo di arteriopatia periferica. Spesso il piede diabetico richiede un intervento chirurgico d’urgenza.
Fisiologia della cicatrizzazione
Cerchiamo ora di spiegare, brevemente e in modo semplice, un processo estremamente complesso, la cicatrizzazione. Prima di tutto, per “cicatrizzazione” intendiamo il ripristino dell’integrità cutanea. Questa si distingue dalla rigenerazione, dal momento che con questo termine si intende il completo ripristino della condizione originaria della cute.
Il processo di cicatrizzazione è composto da tempi estremamente precisi che si descrivono in tre fasi, che, come vi dirà qualsiasi vulnologo, esistono solo a livello didattico: infatti, queste tre fasi sono totalmente intrecciate tra loro. La prima fase è quella di emostasi, infiammatoria e vasculodetergente; il coagulo di fibrina formato permette la chiusura della ferita e serve da matrice provvisoria. Le piastrine liberano il loro contenuto e attraggono i neutrofili e i macrofagi, che vanno ad eliminare i batteri e i detriti. Le citochine e i fattori di crescita vengono quindi rilasciati a cascata. La seconda fase è quella proliferativa, prima di tutto dermica, con un’angiogenesi che determina la formazione di tessuto di granulazione e l’acquisizione di specialità morfologiche e biochimiche delle cellule muscolari lisce, grazie ai fibroblasti, detti quindi “microblasti”. Anche questa fase è epidermica, con riepitelizzazione e ripristino delle funzione barriera della pelle. Queste due fasi avvengono nelle prime due o tre settimane del processo di cicatrizzazione. Nei successivi diciotto mesi, infine, avremo la terza fase, quella di rimodellamento. Questa fase permetterà alla pelle di riacquisire tutte le sue proprietà funzionali e meccaniche. Il processo cicatriziale è fortemente influenzato sia dai fattori fisiologici che da quelli ambientali.
L’esperimento
L’azienda finlandese, Aurealis Theraputics, ha portato aventi un esperimento, utilizzando come ceppo batterico per la costruzione del prodotto farmacologico chiamato AUP1602-C per il trattamento dell’ulcera diabetica non cicatrizzante, un derivato di Lactococcus cremonis geneticamente modificato. Questo, dopo essere stato coltivato, è stato sperimentato su topi. Successivamente all’asportazione chirurgica della ferita iniziale sui fianchi di ciascun topo, è stato somministrato il farmaco per una settimana, che si è dimostrato molto efficace soprattutto nelle ulcere estese. L. lactis è stato modificato a livello genetico per produrre il fattore di crescita dei fibroblasti umani 2 (FGF2), l’interleuchina 4 (IL-4) e il colony-stimulating factor (CSF). Permetterà la proliferazione dei fibroblasti, l’angiogenesi e l’attivazione delle cellule immunitarie. Dunque è progettato per affrontare i diversi aspetti della guarigione della ferite. Lo studio è ancora alla fase 1, ma lascia davvero ben sperare. Aspettiamo dunque che la scienza faccia il suo corso.
Fonti
- https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1776031309702448
- https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0264775
- https://www.nurse24.it/dossier/diabete/complicanze-acute-croniche.html
- https://www.dimensioneinfermiere.it/processo-guarigione-delle-ferite-cutanee-le-sue-fasi/