In controtendenza alla dittatura culturale in Cina negli anni ’60, Youyou Tu venne posta a capo di uno dei gruppi di ricerca per la malaria. Donna, farmacista e, in seguito, premio Nobel per la medicina, questa ricercatrice scoprì uno dei principi attivi fitoterapici più utilizzati nel trattamento dei plasmodi multiresistenti: l’artemisinina.
‘Il lavoro era la priorità, ero pronta a sacrificare senza tentennamenti la mia vita privata’, ‘Ho visto molti bambini ormai allo stadio finale della malaria’. ‘Quei bambini morivano velocemente’
Youyou Tu
Dalla medicina cinese alla medicina occidentale: l’artemisinina
Il “qinghao” , nome cinese della pianta Artemisia annua (Fig.1), è una pianta erbacea stagionale originaria dell’Asia, presente in Europa meridionale e centrale e in Nord America. Da secoli questa pianta è utilizzata nella tradizione della medicina cinese per curare stati febbrili intermittenti e la malaria.
Inizialmente Youyou Tu intervistò la popolazione della Cina rurale, prelevando i campioni di artemisia utilizzati nella cura di febbre da malaria e riuscì a identificare 380 estratti che furono testati in studi in vivo su roditori.
In seguito, la ricercatrice riuscì a estrarre dalla pianta l’artemisinina come principio attivo ad attività farmacologica. La sintesi chimica dell’artemisinina portò notevoli risultati. Infatti, i suoi derivati sintetici avevano un’attività farmacologica molto maggiore rispetto al principio attivo fitoterapico iniziale.
Artemisinina e i suoi derivati
In generale, le medicine alternative stanno suscitando sempre maggiore interesse, talvolta più mediatico che scientifico. In questo panorama, bisogna porre l’accento sull’importanza della chimica nella medicina fitoterapica che ha da sempre ricoperto un ruolo fondamentale per la cura di molti malanni. Da qui, molecole ad estrazione fitoterapica sono state impiegate per la sintesi di molti farmaci utilizzati nella medicina convenzionale.
Un buon esempio è propro l’artemisinina (Fig.2), un lattone sesquiterpenico ossigenato, con struttura ad anello 1-2-4-triossano e un legame perossidico, fondamentale per l’attività antimalarica. La sua tossicità non è nota, anche se somministrazioni prolungate portano ad alterazioni degli organi emuntori. Ultimi studi riguardano una neurotossicità del farmaco e, soprattutto, ematotossicità, probabilmente relativa al suo meccanismo d’azione.
Per migliorare l’emivita ed aumentare la selettività sono state effettuate delle modifiche sulla molecola iniziale. La prima modifica fu al gruppo chetonico in 10 dell’artemisinina per avere l’emiacetale diidroartemisinina, meno solubile in acqua.
Successivamente, ulteriori modifiche della molecola portarono ad ottenere composti idrosolubili (Fig.3). In primis l’artesunato, estere dell’acido succinico, somministrabile per bocca e per via endovenosa. Per contro l’artemether, estere lipofilo, è più solubile nei solventi lipofili e può essere assunto per via orale.
Considerando l’elevata idrosolubilità, questi composti agiscono rapidamente sul plasmodio ma altrettanto rapidamente vengono eliminati. Da qui, la crescente necessità di trovare forme farmaceutiche o derivati che riducessero la velocità di escrezione del principio attivo.
Malaria: artemisinina e plasmodi
Nel mondo esistono più di 600 zanzare Anopheles, le stesse che fanno da vettore per i principali plasmodi che sviluppano la malattia endemica della malaria.
Queste zanzare sono organismi eterotermi, ciò significa che non riescono a riprodursi a temperature più basse dei 15°C ed hanno bisogno di elevati tassi di umidità. La zanzara Anopheles femmina è il vettore principale del plasmodio della malaria e riesce ad infettare solo al crepuscolo e nelle ore notturne.
Ciclo di trasmissione dei plasmodi
Sebbene le femmine di Anopheles si cibino di sangue, solo la presenza dei gametociti dei plasmodi può essere veicolo per lo sviluppo della malattia. Infatti, i gametociti si riproducono in sporozoiti nel corpo della zanzara e, arrivando alle ghiandole salivari, possono infettare un individuo attraverso la puntura.
Gli sporozoiti possono così iniziare il ciclo riproduttivo nell’ospite. Dapprima, questi ultimi invadono il fegato e si riproducono negli epatociti. Successivamente, la malattia si amplifica per schizogonia. In questo modo, gli sporozoiti invadono i globuli rossi del sangue e qui riescono a parassitare e riprodursi ogni 48h o 72h.
I plasmodi imputati dello sviluppo della malaria sono quattro, il Plasmodium vivax, ovale, malariae e il falciparum. Quest’ultimo è responsabile della più grave forma di malaria nell’uomo.
Attività farmacologica dell’artemisinina
Proprio P. falciparum (Fig. 5) ha ceppi chinino-resistenti ai quali l’artemisinina riesce a far fronte. Il suo meccanismo d’azione è molto semplice e selettivo e varia a seconda della quantità di ferro presente a livello intracellulare.
Il plasmodio ingerisce circa il 25% dell’emoglobina dei globuli rossi e, non potendo eliminare il ferro, lo accumula al suo interno. In questo modo, lo ione ferroso immagazzinato con il gruppo eme dal plasmodio, riduce il legame perossidico dell’artemisinina e sviluppa radicali liberi. D’altra parte sono proprio questi radicali liberi ad attaccare siti bersaglio del parassita causando tossicità.
In realtà, il bersaglio è un enzima del plasmodio (sarcoplasmic-endoplasmic reticulum ATPase -SERCA) deputato al trasporto dello ione calcio a livello di membrana, che non potendo più essere eliminato, si accumula nella cellula.
Lo stesso meccanismo vale per le cellule tumorali. Recenti studi, tuttavia da confermare, hanno mostrato una buona attività dell’artemisinina nel causare apoptosi delle cellule tumorali, le quali hanno elevati livelli endogeni di ione ferroso.
Nanotecnologia: i cerotti trasdermici di artemisinina
Un grande limite dell’artemisinina è la sua capacità di cristallizzare in soluzione acquosa, sebbene abbia un’ottima permeabilità intestinale. Allo scopo di mantenere la molecola nel suo stato amorfo solubile, i ricercatori del CNR di Napoli, guidati dal Direttore Cosimo Carfagna, hanno studiato nuove tecnologie di rilascio del principio attivo.
I cerotti trasdermici di artemisinina hanno dato notevoli risultati sia per l’attività farmacologica sul P. falciparum sia per il trattamento di cellule cancerose della prostata.
In particolare, il polimero iper-ramificato di polietilene adipato mantiene l’artemisinina nel suo stato amorfo in una struttura “core-shell“. In questo caso lo “shell”, il rivestimento, è il polimero idrosolubile polivinilpirrolidone (PVP) che aiuta il rilascio transdermico della molecola e la protegge da agenti esterni.
Per contro, le nanofibre interne sono saldate mediante elettrofilatura, riducono la probabilità di cristallizzazione del principio attivo e mantengono inalterato il legame perossidico, responsabile dell’attività farmacologica.
Potenzialità dell’artemisinina transdermica
Nonostante la poca solubilità di molti farmaci, la via transdermica e l’impiego di polimeri, consentono il miglioramento della solubilità di molecole cristalline, la riduzione di effetti collaterali e, soprattutto, i rischi da sovradosaggio.
A dispetto di altri farmaci, l’artemisinina risulta un ottimo candidato per il rilascio controllato attraverso lo strato corneo e per un conseguente miglioramento dell’efficacia terapeutica di molecole fitoterapiche.
Agnese Ciardi
Bibliografia
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- Daniela Boccolini, Luigi Gradoni, Carlo Severini, Istituto Superiore di Sanità, 2019, Malaria, https://www.epicentro.iss.it/malaria/
- Carfagna Cosimo, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Napoli, 2015 https://www.cnr.it/it/news/6336/dal-cnr-cerotti-transdermici-a-base-di-artemisinina
- Roberto Poeti, 2018, La scoperta dell’ Artemisinina, un antimalarico, della chimica Cinese Youyou Tu, https://www.robertopoetichimica.it/la-scoperta-dell-artemisinina-un-antimalarico-della-chimica-cinese-youyou-tu/
- Marco Corsi, Pino Donghi, Le Scienze, La lezione dell’ artemisinina
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- Paolo Monti, Giordana Marcozzi, http://www.fimaconlus.org/azioni-e-programmi/progetto-artemisia/