Le specie aliene invasive (IAS)

Le specie aliene invasive sono organismi introdotti dall’uomo, in modo accidentale o volontario, al di fuori della loro area di origine, che si insediano in natura e causano impatti sull’ambiente e sulla vita dell’uomo. Le specie aliene invasive minacciano l’esistenza di moltissime specie ed ecosistemi nativi, al pari della distruzione degli habitat, hanno un impatto sociale ed economico stimato in diverse decine di miliardi di euro ogni anno nella sola Unione europea. In Italia le specie aliene sono più di 3.000, di cui circa il 15% invasive, con un aumento del 96% negli ultimi 30 anni.

Per rispondere a questa grave e crescente minaccia è stato adottato il Regolamento Europeo n. 1143/2014 “recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive”. Perché questo Regolamento possa essere efficace, è necessario che tutta la società sia informata circa le problematiche causate dalle specie aliene invasive, supporti le azioni necessarie per mitigarne gli impatti, e – soprattutto – adotti comportamenti più responsabili, perché solo modificando i nostri comportamenti possiamo contenere gli effetti di questa minaccia.

Diffusione specie aliene monitorate nel’ambito del progetto europeo Life Asap (Alien Species Awareness Program)
Figura 1 – Aumento della diffusione specie aliene monitorate nel’ambito del progetto europeo Life Asap (Alien Species Awareness Program) [Fonte: Life Asap]

La biologia delle invasioni

Alcune specie aliene stabilizzate o comunemente coltivate producono effetti neutrali agli ecosistemi e apportano benefici all’uomo. Come avviene, ad esempio, con molte specie agricole aliene che vengono coltivate. Oltre il 70% di cibo nel mondo, infatti, deriva da un limitato numero di specie vegetali (grano, granturco, riso, patata, orzo, soia, cassava, canna da zucchero e avena), ciascuna delle quali è il prodotto di lunghi e complessi processi di domesticazione spesso avvenuti anche al di fuori del loro areale naturale (Ewel et al. 1999; Pyšek et al. 2005).
Altre specie aliene stabilizzate, invece, possono diventare invasive.

Secondo una definizione puramente ecologica, una specie aliena invasiva è una specie che si diffonde dal punto di introduzione, con una certa velocità, e diventa prevalente all’interno della nuova area (Kolar e Lodge 2001). Tuttavia, questa definizione risulta di difficile applicazione nell’ambito comunicativo con il grande pubblico e soprattutto in quello gestionale. Ecco, quindi, che nell’accezione pratica e normativa le specie aliene invasive sono quelle specie aliene che minacciano la biodiversità e i servizi ecosistemici collegati, con effetti negativi su di essi (CBD 2000, 2002; IUCN 2002), modificandoli, e che causano impatti negativi sulla salute umana e sulle attività economiche.

Il processo di invasione di una specie introdotta al di fuori del suo areale naturale.
Figura 2 – Il processo di invasione di una specie introdotta al di fuori del suo areale naturale.
[Fonte: Life ASAP]

Secondo “la regola dei tre dieci” (Williamson 1996), in media il 10% delle specie aliene introdotte compare in natura (sopravvive quindi al trasporto) e il 10% delle specie aliene comparse in natura si stabilizza. Sempre secondo questa regola (che va considerata come una regola di valenza generale, con notevoli variazioni a seconda del gruppo animale o vegetale considerato. Ma è comunque storicamente molto importante nel bagaglio di conoscenze della biologia delle invasioni), il 10% delle specie aliene stabilizzate può diventare invasivo.
Le specie aliene invasive che sono dannose in campo agricolo o forestale possono anche essere definite specie aliene invasive con carattere infestante (piante infestanti o pesti, in inglese weeds, agricultural pests). Tuttavia, il termine “piante infestanti” viene usato nella pratica molto spesso senza alcuna distinzione tra infestanti aliene ed infestanti native, potendo quindi frequentemente generare confusione.

Similmente, il termine “invasivo” in ambito zoologico viene sempre più spesso accostato a specie native “problematiche”. In particolare ungulati (come il cinghiale) o uccelli (come lo storno), in quanto in grado di creare danni alle attività umane. È opportuno, quindi, specificare bene che l’aggettivo “invasivo” solitamente si usa in riferimento alle specie aliene che causano impatti, utilizzando la dicitura completa “specie aliena invasiva”.

I principali processi attraverso i quali le specie invasive colpiscono gli anfibi. (a) Esempi di impatti diretti. (b) Esempi di impatti complessi, spesso mediati da effetti interattivi. (c) Esempi dei gruppi tassonomici più frequenti coinvolti in ciascun processo.
Figura 3 – I principali processi attraverso i quali le specie invasive colpiscono gli anfibi. (a) Esempi di impatti diretti. (b) Esempi di impatti complessi, spesso mediati da effetti interattivi. (c) Esempi dei gruppi tassonomici più frequenti coinvolti in ciascun processo. [Fonte Researchgate]

Perché solo alcune specie aliene diventano invasive?

Il processo di invasione nasce dalla combinazione di almeno tre fattori:

  • Storia dell’introduzione delle specie (specie particolarmente “amate” e utilizzate dall’uomo che le ha introdotte ripetutamente),
  • Invasività intrinseca delle specie
  • Suscettibilità di un dato ambiente ad essere invaso (invasività).

Quando si parla di invasività di una specie, si intende la capacità della specie di conquistare rapidamente nuovi spazi, diffondersi e generare vari impatti. Tutto questo è possibile grazie ad una serie di caratteristiche intrinseche che la specie possiede e che la possono rendere particolarmente competitiva nel nuovo ambiente.
Anche se l’invasività di una specie è anche legata alle caratteristiche e alla suscettibilità dell’ambiente invaso, una stessa specie aliena può risultare invasiva in un contesto e non in un altro, proprio per le diverse caratteristiche dell’ambiente che nel primo caso può favorirne l’invasività a causa della sua particolare vulnerabilità ad un certo tipo di impatti, mentre nel secondo no.

Una stessa specie può diventare invasiva con il tempo, al cambiare di alcune condizioni nell’ambiente in cui si trova, ma anche in funzione del contesto socio-economico di riferimento. Il concetto di invasività è, quindi, un concetto dinamico e deve essere sempre contestualizzato al contesto di riferimento e all’effettiva presenza di impatti negativi.

Numero di specie alloctone italiane, attualmente presenti in Italia, appartenenti ai principali gruppi tassonomici e percentuale di alloctone sul totale complessivo di specie, calcolata per ciascun gruppo.
Figura 4 – Numero di specie alloctone italiane, attualmente presenti in Italia, appartenenti ai principali gruppi tassonomici e percentuale di alloctone sul totale complessivo di specie, calcolata per ciascun gruppo. [Fonte: ISPRA 2019]

Gli impatti delle specie aliene invasive

Le specie aliene invasive causano impatti più o meno gravi ed intensi su singole specie, su comunità e ecosistemi, arrivando anche a modificarli talvolta in modo irreversibile. Attraverso meccanismi come competizione, predazione, ibridazione, trasmissione di malattie, parassitismo, attività di scavo, radicamento. Causano l’estinzione o la riduzione delle popolazioni di specie native e della diversità locale, interferiscono con la loro capacità riproduttiva, cambiano la struttura della comunità animale e vegetale, spesso semplificandola e arrivando anche a dominarla (specie in assenza di predatori).

Le specie aliene invasive rappresentano per questo la seconda causa di perdita della biodiversità dopo la distruzione degli habitat (Wilson 2003). Un effetto importante delle specie aliene invasive sulle comunità native è l’omogeneizzazione biotica, cioè la maggiore uniformità della composizione di specie di ecosistemi una volta assai diversificati (Olden et al. 2004). Le specie aliene invasive possono causare impatti diretti più o meno gravi sulla salute umana. Attraverso la diffusione di virus, batteri e altri parassiti o la contaminazione da metalli pesanti e tossine (Mazza et al. 2014). Le specie aliene invasive possono poi danneggiare la salute e il benessere dell’uomo anche indirettamente: possono danneggiare le colture, gli allevamenti e altre attività produttive con conseguenze sull’alimentazione umana soprattutto nei paesi in via di sviluppo;

 Numero di specie introdotte in Italia a partire dal 1900 e tasso medio annuo di nuove introduzioni.
Figura 5 – Numero di specie introdotte in Italia a partire dal 1900 e tasso medio annuo di nuove introduzioni. [Fonte: ISPRA 2019]

Impatti sui servizi ecosistemici

Recentemente, si sono intraprese indagini sugli impatti delle specie aliene invasive sui servizi ecosistemici. Ovvero sui “benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano” (definizione data dal Millenium Ecosystem Assessment 2005). Secondo il sistema internazionale di classificazione dei servizi ecosistemici (in inglese l’acronimo è CICES), i servizi ecosistemici si raggruppano in tre grandi categorie:

  • Di approvvigionamento (i beni veri e propri, quali cibo, acqua, legname, fibre, combustibile e altre materie prime, ma anche materiali genetici e specie ornamentali);
  • Di regolazione e supporto (regolano il clima, la qualità dell’aria e le acque, la formazione del suolo, l’impollinazione; mitigano i rischi naturali come l’erosione; sono responsabili della fotosintesi, del ciclo dei nutrienti).
  • Culturali (includono benefici non materiali quali l’eredità e l’identità culturale. L’arricchimento spirituale e intellettuale e i valori estetici e ricreativi; uno degli impatti su questa categoria è la riduzione dell’uso turistico e ricreativo di un’area).

Le specie aliene invasive sono in grado di alterare profondamente tutti i servizi ecosistemici, con danni spesso irreversibili.

Impatti economici

Le specie aliene invasive causano costi diretti e indiretti più o meno gravi alle attività produttive e alle infrastrutture e costi dovuti agli impatti sanitari e alle azioni di mitigazione e controllo: negli Stati Uniti è stato stimato un danno monetario complessivo di 143 miliardi di dollari l’anno (Pimentel et al. 2002), dovuto soprattutto alle infestanti aliene in agricoltura.
A livello mondiale, recenti stime riportano 540 miliardi di dollari annuali come costi per l’agricoltura qualora le specie aliene invasive non vengano controllate. In Europa il totale degli impatti monetari, calcolati unicamente sulla base di costi documentati, ammontava nel 2009 a 12,5 miliardi di euro/anno. La maggior parte di questi costi (circa 9,6 miliardi di euro) era da attribuirsi ai danni causati dalle specie aliene invasive mentre il resto era legato ai costi della loro gestione (in particolare attraverso il controllo). Sulla base di tali dati (parziali e limitati) è stata eseguita una stima – considerata molto conservativa – che ha raggiunto il tetto dei 20 miliardi di euro/anno (Kettunen et al. 2009).

Biocontrollo

Il biocontrollo (inglese Biological Control) è una tecnica usata inizialmente in agricoltura finalizzata al controllo e all’eradicazione di organismi nocivi alle colture (quali specie vegetali infestanti e insetti fitofagi), che per estensione è stata impiegata anche come metodo di mitigazione degli impatti causati dalle specie aliene invasive negli ecosistemi naturali. Tale approccio si fonda sull’introduzione di specie antagoniste delle specie target negli ecosistemi (agricoli, forestali ecc.).

L’introduzione di tale pratica in agricoltura risale alla fine del ‘700 ed ha conosciuto nei due secoli successivi una crescente diffusione in vari continenti. Gli agenti utilizzati nel biocontrollo possono essere virus e batteri, come nel caso di vari patogeni, protozoi, funghi e animali (invertebrati e vertebrati). Rispetto alle strategie di lotta alle specie nocive alle coltivazioni che prevedono l’utilizzo di agrofarmaci, il biocontrollo presenta alcuni vantaggi sostanziali:

  • ridotto impatto ambientale in termini di inquinamento degli ecosistemi (minore o nessun utilizzo di agrofarmaci);
  • efficacia post-intervento di mediolungo periodo;
  • costi ridotti.

A fronte di tali vantaggi, sussistono i rischi potenziali intrinseci all’introduzione di nuove specie in un ecosistema rispetto alla conservazione dell’integrità degli habitat e delle popolazioni di specie autoctone. In tal senso, gli ultimi decenni hanno visto sorgere un maggiore livello di consapevolezza e sensibilità rispetto alle problematiche ecologiche legate all’introduzione di specie aliene, anche a seguito di conseguenze negative sugli ecosistemi determinate dalla proliferazione incontrollata di popolazioni di specie introdotte per il biocontrollo.

Distribuzione delle 30 specie esotiche invasive di rilevanza unionale presenti in Italia.
Figura 6 – Distribuzione delle 30 specie esotiche invasive di rilevanza unionale presenti in Italia. [Fonte: ISPRA 2019]

Conclusioni

Il Regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento Europeo del Consiglio del 22 ottobre 2014 recante “disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive”. Di seguito più brevemente indicato come Reg. (UE) n. 1143/2014, entrato in vigore il 1° gennaio 2015. Si basa sull’approccio gerarchico sopra descritto e potrà contribuire a prevenire e mitigare gli effetti negativi causati dalle invasioni biologiche.

Per limitare un’ulteriore diffusione, bisogna contribuire all’implementazione del recente Regolamento Europeo, aumentando la consapevolezza della società italiana sul problema delle specie aliene e favorendo l’adozione di comportamenti responsabili finalizzati a ridurre il rischio di nuove introduzioni.

Fonti


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Gabriele Sapienza

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