Nel mondo odierno, il termine “spillover” ha raggiunto la sua gloria nel 2014. Proprio in questo anno, lo scrittore David Quammen pubblicò il suo famoso libro, intitolato per l’appunto “spillover”, che ormai è passato alla storia come uno dei libri profetici della pandemia in atto.
Nel mondo scientifico invece il termine “spillover” di profetico non ha proprio nulla. La sua definizione, le sue conseguenze e dinamiche sono ormai conosciute da anni. Di certo resta uno dei fenomeni più interessanti ed allo stesso tempo più difficili ed intricati con cui gli scienziati devono fare i conti.
Lo spillover: cos’è?
Il termine “spillover” viene utilizzato per definire la trasmissione di un patogeno tra specie differenti, da una popolazione infetta verso una ospite, che precedentemente non lo era. Nel mondo scientifico, viene utilizzato per definire una cross-trasmissione tra animali e uomo, mentre nel caso inverso il termine più consono è “spillback”, ovvero la trasmissione di malattie dall’uomo agli animali tramite contatto diretto o tramite vettori.
Lo spillover è un fenomeno complesso e multifattoriale che generalmente coinvolge (Fig.1):
- un ospite serbatoio: la specie in grado di diffondere il patogeno.
- l’ospite ricevente: la specie che viene infettata dal patogeno.
- un ospite intermedio o anche definito “ponte”: una specie che agisce da collegamento per il trasferimento del patogeno tra i due fattori precedentemente elencati.
Importante è fare una piccola annotazione riguardo l’ospite intermedio. Quando si parla di esso, non ci si riferisce solamente ad un ospite vertebrato, invertebrato o a vettori, ma anche all’ambiente. Alcuni patogeni, evolvendosi, hanno escogitato strategie per riuscire a sopravvivere anche al di fuori dell’ospite, mantenendo la loro vitalità e trasmissibilità. Questo ha conferito quindi anche all’ambiente un ruolo importante nella trasmissione del patogeno. In aggiunta, l’ospite intermedio può fungere anche da sorgente di nuove linee o varianti patogenetiche. Questo può accadere soprattutto per i virus. L’ospite intermedio può venire infettato da più virus, o permettere la replicazione del patogeno al suo interno, favorendo la genesi di nuove varianti, a volte ancor più pericolose del ceppo originario.
Fattori di rischio
Essendo un fenomeno in grado di coinvolgere numerosi elementi molto diversi fra loro, viene da sé che lo spillover dipenda da altrettanti innumerevoli fattori:
1- Prevalenza e Intensità dell’infezione nell’ospite serbatoio:
La prevalenza (rapporto tra numero di elementi malati e numero totale della popolazione) e l’intensità (carica del patogeno) sono dati fondamentali per permettere il fenomeno dello spillover.
Più animali saranno infettati rispetto alla popolazione totale, più la carica del patogeno sarà elevata e maggiore sarà la possibilità di infettare altri ospiti con cui il serbatoio verrà in contatto.
Entrambi questi fattori però devono tener conto di ulteriori variabili:
- La risposta immunitaria dell’ospite: in grado di neutralizzare il patogeno e non permettere l’infezione.
- L’interazione tra specie diverse: se non vi è interazione, il patogeno non può effettuare il salto.
- L’ambiente: le sue caratteristiche ecologiche possono impedire la diffusione e la sopravvivenza del patogeno.
2- Interazione tra le specie
Il salto di specie implica che due specie diverse entrino in contatto. Più il contatto è frequente e prolungato, maggiore è la possibilità che il salto avvenga. Un esempio lampante di interazioni molto frequenti sono quelle tra l’uomo e gli animali da compagnia (cani, gatti.. ecc). Ne sono un’ esempio la rabbia o la toxoplasmosi. Come abbiamo imparato in questo periodo attuale però, lo spillover è un fenomeno che può verificarsi anche a causa di interazioni tra uomini e animali selvatici ( Es: HIV, Ebola, Nipah virus). Il sempre maggiore consumo di carne, inoltre, rappresenta un ulteriore fattore di rischio. Benché ormai i check qualitativi obbligatori, atti a permettere la commercializzazione delle carni, ci proteggano efficacemente dalla diffusione di zoonosi, la richiesta e produzione sempre più elevate fanno sì che sempre più lavoratori, veterinari e pastori entrino in contatto con animali da allevamento, pollame ecc., fonti di potenziali malattie.
3- Comportamenti socioculturali
La maggior insorgenza di malattie, epidemie ed outbreaks in alcuni paesi del mondo (Cina, Giappone, Africa..) rispetto ad altri, dipende molte volte dagli usi e costumi della popolazione del posto. La caccia, il consumo di carne cruda o poco cotta e le condizioni socio-sanitarie aumentano il rischio di nuove malattie nell’essere umano.
Un ulteriore fattore molto importante ed estremamente attuale è la deforestazione. Molti studi hanno dimostrato l’associazione tra la deforestazione e l’insorgenza di outbreks di nuove zoonosi nell’uomo. Perché? La deforestazione, effettuata per il reperimento delle materie prime o l’ampliamento dei siti urbani, implica che uomini, equipaggiati con strumentazione adeguata, si addentrino nelle foreste e le distruggano. Ciò comporta innumerevoli danni al pianeta ma anche a loro stessi, in quanto questo gli permette di entrare maggiormente in contatto con animali selvatici serbatoi di nuove malattie.
4- Caratteristiche del patogeno
I patogeni generalisti, abili nell’infettare più specie, sono più avvantaggiati nel poter effettuare un salto di specie. Inoltre, alcuni patogeni presentano delle caratteristiche intrinseche che più facilmente gli permettono di poter entrare nel “circolo dello spillover”. Un esempio sono i virus a RNA. Questi virus, a causa della minor stabilità del loro genoma, presentano un’elevata frequenza di mutazioni, e questo permette loro di poter avere una probabilità maggiore di generare varianti, che a loro volta avranno una maggior probabilità di potersi facilmente adattare all’uomo. Un altro fattore importante è la resistenza del patogeno. Più il patogeno sarà in grado di resistere nell’ambiente o nelle feci degli animali, maggiore sarà la sua probabilità di trasmissione. Altre caratteristiche da annoverare possono essere l’abilità di determinare infezioni croniche o l’abilità di infettare le alte vie respiratorie, in quanto, in questo modo, la diffusione del patogeno tramite droplets sarà più semplice ed efficace.
5- Caratteristiche dell’ospite
Anche l’uomo presenta fattori intrinseci in grado di giocare un ruolo importante in questo fenomeno, come ad esempio quelli immunologici e genetici. Il sistema immunitario, in base alle sue azioni, può incidere sulla carica del patogeno e di conseguenza sulla sua trasmissione nell’ambiente circostante; inoltre, la sua azione impedisce l’entrata di alcuni patogeni o, in caso di disfunzioni, la favorisce. La genetica, in questo discorso, è sempre un fattore da non sottovalutare, sia in negativo che in positivo. Studi recenti hanno mostrato come soggetti affetti da HIV e presentanti un polimorfismo legato al gene dell’ IL-4, siano più suscettibili all’insorgenza di polmoniti causate da Pneumocystis jirovecii. D’altro canto, a volte, i fattori genetici giocano a nostro favore. Un esempio concreto ne è l’anemia falciforme, patologia legata ad alterazioni a carico dell’emoglobina, che però rende gli individui meno suscettibili alla malaria.
6- Caratteristiche ambientali
La perdita della biodiversità ambientale ed animale è associata all’insorgenza di malattie. Infatti, anche se può sembrare una contraddizione, la presenza di biodiversità animale e vegetale permette, da una parte la continua presenza di patogeni emergenti, ma allo stesso tempo riduce il rischio di trasmissione all’uomo. Perché? Per il fattore “diluizione”. Ovvero, l’elevata biodiversità presente nell’ambiente diluisce la prevalenza e l’infezione in animali competenti a contatto con l’uomo, riducendo quindi il rischio di trasmissione. In parole povere, più biodiversità, meno probabilità che l’uomo entri a contatto con la specie infetta. Oltretutto, la biodiversità permette anche di interferire con i meccanismi del patogeno e quindi fare da barriera per una potenziale infezione in altre specie.
Perché lo spillover non accade così facilmente?
Molti dei fattori nominati nel paragrafo precedente, vedi l’intensità d’infezione, la diffusione del patogeno, l’esposizione umana, le barriere all’interno dell’ospite ecc. possono permettere o limitare (fino ad impedire) la diffusione del patogeno da una specie all’altra. Questo fenomeno viene definito a “collo di bottiglia”. Nella figura 2, infatti, possiamo notare come la probabilità che il patogeno riesca a superare ogni ostacolo vari notevolmente da patogeno a patogeno e da fattore in fattore, portando spesso ad un restringimento della sua capacità di riuscire a mettere in atto il fenomeno.
Avere una conoscenza di quali siano le dinamiche ed i potenziali fattori influenzanti ci permette poi di poterne visualizzare i punti critici e poter effettuare prevenzione. L’Ebola, ad esempio, ad oggi non è ancora mai stata isolata dai pipistrelli e non se ne conosce ancora la specie definitiva. Ciò che si sa, però, è che il virus viene rilasciato da secrezioni che resistono fino ad una settimana nell’ambiente esterno, in base a determinate condizioni ambientali. L’unico collo di bottiglia in cui l’uomo può agire quindi, resta l’esposizione umana (nella figura infatti appare come il collo di bottiglia con raggio minore) a pipistrelli, carne infetta e carcasse. Limitare questo livello, può salvare l’uomo, in quanto una volta che l’esposizione è avvenuta, purtroppo il suo sistema immunitario non è in grado di combatterla adeguatamente (in figura infatti il collo di bottiglia aumenta il suo raggio), portando spesso ad esiti fatali.
“Dead end” spillover
Anche se le interazioni tra specie diverse, in determinati ambienti, possono essere molteplici e frequenti, non è detto che il fenomeno dello spillover possa andare sempre a buon fine. Questo fenomeno viene definito “dead end spillover” ovvero quel processo secondo il quale il patogeno in questione effettua il salto di specie, ma poi non è in grado di perpetuare la malattia nell’uomo. Questo perché per far avvenire ciò, come dovremo aver capito a questo punto dell’articolo, vi deve essere un allineamento di fattori biologici, sociali e ambientali favorevoli all’adattamento ed alla replicazione del patogeno. Se questo mostra una bassa virulenza e trasmissibilità, il suo spillover terminerà lì senza diffondersi all’intera popolazione e senza determinare alcuna rilevanza medica.
La figura dell’uomo
Quando parliamo di spillover, siamo sempre intenti a descrivere il fenomeno tramite la nostra prospettiva. L’essere umano viene sempre collocato come ospite ricevente e gli animali come ospiti serbatoio, ma non è sempre così. Anche l’uomo è un animale, e come tale è in grado di poter trasmettere malattie, non solo alla propria specie. Ricordiamo inoltre che, in natura, eventi di spillover possono avvenire anche senza prevedere delle malattie rilevanti per l’uomo.
Come prevenire?
I protagonisti coinvolti nel fenomeno dello spillover, in conclusione, sono essenzialmente tre: uomo, animali e ambiente. Grazie alla maggior conoscenza delle malattie infettive, alla ricerca scientifica ed alle innovazioni da essa apportate, la comunità scientifica è giunta alla conclusione che in questo ambito non si può ragionare a compartimenti stagni.
Per riuscire ad ostacolare l’insorgenza di nuovi outbreaks, si deve avere una visione inclusiva, in cui il benessere dell’uomo, dell’animale e dell’ambiente devono essere posti sullo stesso livello e strettamente connessi tra loro. Questa consapevolezza, dal 2000, è stata racchiusa nel concetto di ONE HEALTH, dall’inglese “una sola salute”, per rendere l’idea di come tutto sia connesso e tutto sia strettamente dipendente.
Gli strumenti a nostro servizio
In questa ottica, perciò, ciò che permette oggi di poter controllare l’insorgenza di nuove epidemie, pandemie sono diverse strategie integrate fra loro, come ad esempio:
- Miglioramento del controllo sanitario di animali di allevamento
- Aumento della sorveglianza dei patogeni nell’interfaccia uomo-animale
- Diminuzione della deforestazione
- Controllo della perdita della biodiversità
- Aumentare gli investimenti in progetti e laboratori coinvolti nello studio di patogeni emergenti
- Aumento delle strutture sanitarie
- Miglioramento delle condizioni igienico sanitarie
- Controllo dei vettori
In conclusione, lo spillover è un fenomeno naturale e, come tale, ha ragione di esistere. Comprendere i fattori che regolano il fenomeno si rivela essenziale per la prevenzione di nuova malattie, ma è importante sottolineare come nessuna specie deve essere eliminata poiché potenzialmente pericolosa per l’uomo.
Anzi, come descritto anche da David Quammen nel suo libro, sono proprio questi i frangenti in cui l’uomo deve comprendere come esso stesso sia al pari di altre specie e dell’ambiente in cui vive:
“Ecco a cosa sono utili le zoonosi: ci ricordano, come versioni moderne di san Francesco, che in quanto esseri umani siamo parte della natura, e che la stessa idea di un mondo naturale distinto da noi è sbagliata e artificiale. C’è un mondo solo, di cui l’umanità fa parte, così come l’HIV, i virus di Ebola e dell’influenza. E ne fa parte anche il prossimo virus killer che ci colpirà, quello che ancora non abbiamo scoperto.
Non dico tutto ciò allo scopo di angosciarvi o deprimervi. Non ho scritto questo libro per spaventare il pubblico, ma per renderlo più consapevole. Ecco cosa distingue gli esseri umani per esempio dai bruchi: noi, al contrario loro, possiamo fare mosse intelligenti.”
Ilaria Bellini
Fonti
1- Joel Henrique Ellwanger e José Artur Bogo Chies. Zoonotic spillover: Understanding basic aspects for better prevention. Genetics and Molecular Biology. 2021.
2- Raina K. Plowright, Colin R. Parrish, Hamish McCallum, Peter J. Hudson, Albert I. Ko, Andrea L. Graham and James O. Lloyd-Smith. Pathways to zoonotic spillover. Nature. 2017.
3- Kathleen A. Alexander, Colin J. Carlson, Bryan L. Lewis, Wayne M. Getz, Madhav V. Marathe, Stephen G. Eubank, Claire E. Sanderson, and Jason K. Blackburn. The Ecology of Pathogen Spillover and Disease Emergence at the HumanWildlife-Environment Interface. Springer. 2018.
4- Figura 1: Joel Henrique Ellwanger e José Artur Bogo Chies. Zoonotic spillover: Understanding basic aspects for better prevention. Genetics and Molecular Biology. 2021.
5- Figura 2: 2- Raina K. Plowright, Colin R. Parrish, Hamish McCallum, Peter J. Hudson, Albert I. Ko, Andrea L. Graham and James O. Lloyd-Smith. Pathways to zoonotic spillover. Nature. 2017.
6- Immagine di copertina: https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/rubivirus-salto-specie-nuova-scoperta