Come ben sappiamo, ogni ecosistema comprende una vasta gamma di organismi: batteri, funghi, nematodi, insetti, mammiferi e altri animali. Tra questi esistono gli erbivori che, come dice il nome, si nutrono di vegetali. Proprio per la loro natura e morfologia, le piante per proteggersi devono adottare metodi che non richiedono il movimento. Le linee di difesa primaria dei vegetali sono situate soprattutto nella cuticola e nel periderma, nei quali possiamo trovare composti che rappresentano per le piante un valido aiuto non solo contro gli erbivori, ma anche contro microorganismi patogeni: i metaboliti secondari.
I metaboliti secondari: che cosa sono?
I metaboliti secondari sono composti organici che svolgono principalmente tre funzioni:
- Proteggere la pianta da erbivori e da attacchi di microorganismi fitopatogeni;
- Attrarre gli impollinatori e gli animali che, nutrendosi dei frutti, contribuiscono alla dispersione dei semi e alla diffusione delle piante;
- Mantenere una competizione tra una pianta e quelle adiacenti e tra una pianta e microorganismi simbionti.
Svolgono perciò funzioni ben diverse da quelle dei metaboliti primari, dai quali differiscono anche per la distribuzione nelle specie vegetali. Infatti, piante appartenenti ad una specie, o gruppo di specie imparentate tra loro, contengono determinati metaboliti secondari. Quelli primari, invece, si trovano in tutte le piante.
Le loro funzioni di protezione contro i fitopatogeni rendono i metaboliti secondari dei composti largamente studiati e di primaria importanza in agricoltura. Elevate quantità di questi prodotti metabolici rendono il frutto non solo poco appetibile per gli erbivori e meno suscettibile ai patogeni ma, in alcuni casi, anche non commestibile per le persone. Per questo, l’uomo ha selezionato le piante anche in base alle quantità di metaboliti secondari prodotti, pur sapendo che piccole quantità non risolvono il problema di insetti e fitopatologie.
Quali sono i principali metaboliti secondari?
Esistono tre gruppi di metaboliti secondari: i terpeni, i fenoli e i composti azotati. Si tratta di composti che derivano dal metabolismo primario del carbonio.
I terpeni
I terpeni costituiscono la classe più grande di metaboliti secondari, composti che possiamo ritrovare soprattutto nelle piante aromatiche. Originano dall’unione di unità isopreniche a 5 atomi di carbonio, aventi lo scheletro dell’isopentano. Le unità isopreniche sono chiamate così perché ad alte temperature i terpeni possono decomporsi a dare l’isoprene. Per lo stesso motivo, i terpeni vengono chiamati anche isoprenoidi. Tra i terpeni (o terpenoidi) più conosciuti ci sono i carotenoidi, pigmenti giallo-arancioni utili alla pianta come pigmenti accessori durante la fotosintesi e con funzione attrattiva verso impollinatori e animali.
I terpeni, quindi, hanno una formula bruta costituita da unità a 5 atomi di carbonio e multipli. Le unità isopreniche si legano tra loro secondo una sequenza testa-coda. In base al numero di unità che li formano, i terpeni vengono distinti in:
- C-5 emiterpeni
- C-10 monoterpeni
- C-15 sesquiterpeni
- C-20 diterpeni
- C-25 sesterterpeni
- C-30 triterpeni
- C-40 tetraterpeni
I terpeni come difesa delle piante
Per le piante, i terpeni costituiscono un valido aiuto contro insetti e mammiferi fitofagi. I piretroidi, per esempio, si trovano nelle foglie e fiori di Chrysanthemum ed esercitano attività insetticida.
Gli oli essenziali sono miscele di monoterpeni e sesquiterpeni volatili. Vengono prodotti dalle foglie di molte piante aromatiche come la menta (Fig. 1), il cui principale monoterpene è il mentolo (Fig. 2), o l’olio di limone, in cui il monoterpene più importante è il limonene. Questi composti sono contenuti in tricomi ghiandolari che fungono da segnale sulla tossicità della pianta, un avvertimento per gli erbivori prima che assaggino. Questi tricomi contengono gli oli essenziali in uno spazio cellulare compreso tra la cuticola e la parete cellulare.
I limonoidi sono triterpeni (C30), composti amari contenuti negli agrumi. I fitoecdisoni sono composti steroidi vegetali con una struttura uguale a quella degli ormoni della muta degli insetti. La loro ingestione ostacola il ciclo della muta degli insetti, interferendo con la perdita del vecchio esoscheletro e la produzione di quello nuovo. Tra gli altri terpeni troviamo i cardenolidi e le saponine.
Numerose conifere, come pini e abeti, rispondono agli attacchi di insetti con la produzione di monoterpeni, che accumulano nei canali resiniferi di aghi, ramificazioni e fusto.
I composti fenolici
I composti fenolici, comunemente chiamati fenoli, sono un gruppo eterogeneo di molecole contenenti un gruppo fenolico. Questo è costituito da un gruppo carbossilico legato ad un anello aromatico. A seconda della loro composizione chimica, i fenoli svolgono svariati ruoli all’interno di una pianta, dalla difesa contro i fitopatogeni, alla funzione strutturale, l’attrazione di impollinatori, etc.
Alcuni fenoli risultano interessanti per la loro fototossicità: le cumarine, in particolare le furanocumarine, diventano tossiche solo se attivate dalla luce. Queste si legano alla citosina e timina di una doppia elica di DNA, provocando il blocco della trascrizione e riparazione fino a determinare la morte della cellula. Sono composti abbondanti nelle Umbreliferae. Il sedano, in particolare le piante malate o soggette a stress, ne è particolarmente ricco, tanto da causare disturbi alla pelle dei raccoglitori. Molti insetti si sono adattati alla presenza di cumarine vivendo nelle foglie accartocciate, che respingono le lunghezze d’onda che attivano la fototossicità.
Le piante possono rilasciare nell’ambiente circostante composti fenolici in grado di influenzare le piante vicine, un fenomeno definito allelopatia. In questo modo inducono la riduzione della crescita della vegetazione circostante, favorendo se stesse per la percezione di luce, acqua, elementi nutritivi.
Un particolare gruppo di fenoli: i flavonoidi
I flavonoidi sono metaboliti secondari costituiti da quindici atomi di carbonio, disposti in una struttura base composta da due anelli aromatici collegati da un ponte a tre atomi di carbonio. La classificazione dei flavonoidi avviene a seconda del grado di ossidazione di questo ponte. Tra queste classi troviamo i flavoni, i flavonoli, le antocianine e gli isoflavoni.
Le api, che vedono nella regione dell’ultravioletto, vengono attirate da flavoni e flavonoli, non visibili all’occhio umano. In un fiore i flavonoli costituiscono le “guide del nettare”, modelli simmetrici composti da strisce, cerchi e macchie visibili agli insetti con lo scopo di indicare la posizione di nettare e polline. La presenza di flavoni e flavonoli sulle foglie ha funzione di protezione dell’eccesso di raggi UV; infatti, questi fenoli assorbono nella regione degli UV, lasciando passare le lunghezze d’onda del visibile utili per la fotosintesi.
Le antocianine sono pigmenti che permettono alla pianta di attrarre impollinatori e animali che, mangiati i frutti, disperderanno i semi nell’ambiente (Fig. 3). Queste, infatti, colorano fiori e frutti nelle tonalità rosa, rosso, porpora, fino al blu. Sono molecole che presentano spesso zuccheri legati al carbonio 3 (Fig. 4); senza questi zuccheri, queste molecole prendono il nome di antocianidine.
Gli isoflavoni sono metaboliti secondari con proprietà antiestrogene. Causano, per esempio, problemi di infertilità nei ruminanti che brucano piante che ne sono ricche. La struttura di questi composti è simile a quella degli steroidi, e questo gli permette di legarsi ai recettori di estrogeni. Ben più noto è il ruolo degli isoflavoni come fitoalessine, composti antimicrobici che la pianta accumula quando è in corso un’infezione batterica o fungina per limitarne la diffusione.
La lignina e i tannini: fenoli con proprietà difensive
La lignina è un composto fenolico la cui specifica struttura non è conosciuta, proprio perché è difficile estrarla dalle piante. Qui, infatti, è legata attraverso un legame covalente alla cellulosa e altri polisaccaridi a costituire la parete cellulare. Tre sono gli alcoli fenilpropanici che costituiscono questo polimero: alcool coniferilico, alcool cumarilico e alcool sinapilico. Oltre alla funzione strutturale, la sua durezza rende la pianta poco appetibile e digeribile per alcuni animali. Inoltre, la lignificazione aiuta ad arrestare la diffusione dei patogeni ed è un’ottima risposta a ferite o infezioni.
I tannini sono polimeri fenolici vegetali, generalmente tossine che inducono riduzione della crescita e la sopravvivenza se aggiunti alle diete di molti erbivori, oltre ad avere azione repellente nei confronti di molti animali come bovini e daini, che evitano piante con un alto contenuto di questi metaboliti secondari. I frutti immaturi contengono elevate quantità di tannini, una strategia che la pianta mette in atto per evitare la dispersione dei semi prima che questi abbiano raggiunto la giusta maturazione. Una moderata quantità di tannini può però risultare benefica per la salute dell’uomo, motivo per cui i tannini sono presenti in molti cibi e bevande sulle nostre tavole, come le more, alcune varietà di mele, il vino rosso.
I composti azotati
I composti azotati sono, come dice la parola stessa, metaboliti secondari che contengono un atomo di azoto nella loro struttura chimica. La maggior parte di questi composti sono sintetizzati a partire da amminoacidi comuni. Tra questi composti troviamo, per esempio, i glicosidi cianogeni, gli alcaloidi, i glucosinolati.
I glicosidi cianogeni e i glucosinolati non sono composti tossici, ma vengono degradati con conseguente liberazione di veleni volatili. Questi processi avvengono quando la pianta subisce un danno come la frantumazione.
I glicosidi cianogeni e gli enzimi che li degradano sono contenuti in due comparti cellulari o tessuti differenti. Al momento del danneggiamento dei tessuti, le due parti si mescolano liberando acido cianidrico (HCN). Questa tossina blocca rapidamente la respirazione cellulare legandosi alla citocromo ossidasi (enzima importante per la respirazione mitocondriale). Nonostante ciò, molti animali si sono adattati, anche con opportune strategie, per nutrirsi di queste piante. Ne è un esempio la manioca (Manihot esculenta), alimento base in molte regioni tropicali, in cui le popolazioni adottano la cottura, macinazione ed essicazione come strategia per la rimozione dei glicosidi cianogeni contenuti nei tuberi, ottenendo un parziale successo. Si ricerca una valida soluzione nella selezione e ingegneria genetica.
Composti azotati: gli alcaloidi
Gli alcaloidi sono presenti nelle piante sotto forma di sali di acidi organici (malico, citrico, succinico, etc.). Ne sono ricche le piante Dicotiledoni appartenenti alle famiglie delle Papaveraceae, Solanaceae, Apocinaceae, Papilionaceae, Ranunculaceae, Rubiaceae, Rutaceae. Sono invece carenti nelle Monocotiledoni, nelle Gimnosperme e Pteridofite. Si tratta di molecole molto eterogenee, in cui l’azoto fa parte di un anello eterociclico. Fanno eccezione gli alcaloidi aminici, che non presentano anelli azotati. Gli alcaloidi vengono sintetizzati a partire da amminoacidi (lisina, tirosina, triptofano etc.) anche se, in alcuni casi, una buona parte dello scheletro carbonioso deriva dalla via dei terpeni.
Alcune piante sfruttano il rapporto con funghi simbionti endogeni che producono alcaloidi. Questi funghi crescono nell’apoplasto, e consentono all’ospite di crescere più velocemente rispetto alle altre piante, e di difendersi da insetti e mammiferi erbivori. Tra queste piante troviamo numerose graminacee foraggere dei nostri pascoli e che possono diventare tossiche per il bestiame quando il contenuto di alcaloidi è troppo elevato, problema a cui si cerca rimedio attraverso la selezione.
Infatti, alcuni alcaloidi sono tossici per gli erbivori e, se assunti in dosi sufficienti, anche per l’uomo. Ne sono un valido esempio l’atropina, la stricnina e la coniina (derivante dalla cicuta Conium maculatum). In piccole dosi vengono utilizzati in medicina e farmacologia, come anche la morfina, codeina, scopolamina. Note sono le capacità stimolanti di cocaina, caffeina e la nicotina (Fig. 6). Nonostante la tossicità, molti erbivori si sono adattati a tollerare queste sostanze di difesa: molti insetti, infatti, convertono gli alcaloidi pirrolizidini terziari nella forma non tossica subito dopo l’assorbimento nel tubo digerente. Inoltre, gli stessi insetti accumulano questi alcaloidi convertiti per utilizzarli come difesa dai predatori.
Vanessa Vitali
Fonti
- L. Taiz, E. Zeiger et al., Elementi di fisiologie vegetale, 2016, PICCIN, 221-240
- https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-88-470-1652-1_14
- https://www.treccani.it/enciclopedia/lignina/
- https://www.treccani.it/enciclopedia/fenoli_%28Enciclopedia-Italiana%29/
- https://www.chimica-online.it/organica/terpeni.htm
- https://link.springer.com/chapter/10.1007%2F978-88-470-0663-8_7