Piante e nanoplastiche: l’aumento delle temperature ne favorisce l’assorbimento

Le plastiche, frammentandosi in particelle sempre più piccole, danno origine a micro e nanoplastiche. Grazie alle loro dimensioni ridotte, penetrano facilmente negli organismi viventi. Uno studio recente, pubblicato su Plant Physiology and Biochemistry, ha analizzato il legame tra piante e nanoplastiche. Sembra che le alte temperature aumentino l’assorbimento delle nanoplastiche nelle piante. Tra le conseguenze ci sono danni sia alle piante stesse che agli animali che se ne nutrono, inclusi gli esseri umani.

Il ruolo delle alte temperature nell’interazione tra piante e nanoplastiche

Le nanoplastiche, già di per sé dannose, sono assorbite maggiormente dalle piante quando le temperature sono elevate. Questa scoperta, effettuata presso l’Università di Pisa, evidenzia come i cambiamenti climatici possano aggravare gli effetti negativi dell’inquinamento da nanoplastiche.

Una felce acquatica come modello per analizzate l’interazione tra nanoplastiche e piante

La scelta della felce acquatica Azolla filiculoides non è stata casuale. Si tratta di una piccola pianta acquatica galleggiante, con radici fluttuanti e sottili che assorbono le sostanze disciolte nell’acqua. Infatti, accumula facilmente i metalli pesanti. È nota per essere usata anche come fertilizzante naturale. La sua capacità di assorbire le nanoplastiche e il suo potenziale utilizzo come mangime per animali potrebbero aumentare l’ingresso delle plastiche nella catena alimentare.

Piante e nanoplastiche: Felce acquatica Azolla filiculoides.
Figura 1 – Felce acquatica Azolla filiculoides. [Fonte: wikimedia.org]

L’esperimento: alte temperature e nanoplastiche a confronto

L’esperimento ha simulato le condizioni di stress termico indotte dai cambiamenti climatici, esponendo le felci a due diverse temperature: una ottimale di 25°C e una più elevata di 35°C. Alcune piante sono state esposte a nanoplastiche fluorescenti di polistirene (NPS), uno dei materiali plastici più comuni, per monitorarne l’assorbimento nei tessuti vegetali. Già è noto, infatti, che le nanoplastiche sono assorbite attraverso le radici e le foglie, causando danni ai tessuti e alterando i processi fisiologici.

I risultati hanno confermato che le alte temperature aumentano l’assorbimento di nanoplastiche da parte della felce. Ma non finisce qui. Infatti, i ricercatori hanno notato anche una diminuzione dei pigmenti fotosintetici e un aumento dello stress ossidativo.

Come è stato condotto l’esperimento

Le felci, raccolte in un luogo non inquinato, sono state coltivate in laboratorio in condizioni controllate. Sono stati creati quattro gruppi di piante:

  • un gruppo di controllo a 25°C;
  • un gruppo trattato con NPS a 25°C;
  • un gruppo di controllo a 35°C;
  • un gruppo trattato con NPS a 35°C.

Le piante sono state analizzate dopo sette giorni.

Quelle cresciute a 35°C producevano meno pigmenti fotosintetici – clorofilla e carotenoidi- rispetto alle piante cresciute a temperatura ambiente. Inoltre, tutte le piante trattate con NPS, indipendentemente dalla temperatura, mostravano segni di stress ossidativo. Tra questi, la produzione ridotta di fenoli e tannini. Era aumentata, invece, quella di un amminoacido, la prolina, che aiuta a stabilizzare le proteine e le membrane cellulari. Quando lo stress è troppo intenso, però, questi meccanismi non bastano per proteggere la pianta.

Le nanoplastiche si accumulano nelle radici e nei germogli, alterandone la morfologia e interferendo con l’attività degli enzimi antiossidanti, la cui funzione è quella di proteggere le piante dai danni causati dai radicali liberi. Le piante, allora, reagiscono aumentandone la produzione per cercare di superare la condizione di stress. Sono prodotti anche alcuni polifenoli antiossidanti chiamati proantocianidine.

La tossicità delle nanoplastiche potrebbe aumentare a temperature elevate

Le nanoplastiche sono una preoccupazione ambientale sempre più grande e la loro interazione con altri fattori di stress, come le alte temperature, potrebbe avere effetti importanti sulle piante. L’aumento dell’assorbimento di nanoplastiche a temperature più elevate, in particolare nelle colture alimentari, potrebbe facilitarne l’ingresso nella catena alimentare. Capire come la felce Azolla filiculoides risponde ai cambiamenti climatici e all’aumento dell’inquinamento da plastica potrebbe aiutare a sviluppare strategie di protezione per tutte le piante acquatiche.

Tuttavia, questa ricerca rappresenta solo un primo passo verso la comprensione dell’interazione tra piante e nanoplastiche. Sono necessari ulteriori studi per analizzarne più a fondo le cause e i meccanismi e per valutarne l’impatto a lungo termine sugli ecosistemi e sulla salute umana.

Bibliografia:

Crediti immagini:

  • Immagine in evidenza: https://pixabay.com/it/photos/lago-pianta-natura-flora-3817879/
  • Figura 1 : https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Water_Fern_Azolla_filiculoides_(616580451)
Foto dell'autore

Elisabetta Cretella

Elisabetta Cretella Dopo la laurea magistrale in Genetica e Biologia molecolare conseguita presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza e l'abilitazione alla professione di biologo, si appassiona alla divulgazione scientifica. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza presso l'Università degli studi di Ferrara e inizia a scrivere per il webmagazine 'Agenda17' del Laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara. Intanto intraprende la strada dell'insegnamento. Ad oggi è docente di Matematica e Scienze presso le Scuole Secondarie di primo grado e di Scienze naturali alle Scuole Secondarie di secondo grado. Nel suo curriculum c'è anche un tirocinio svolto in un laboratorio di ricerca dell'Istituto di Biologia e Patologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBPM-CNR) e due pubblicazioni su riviste scientifiche peer reviewed.

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