Carne in vitro: utopia o futura alternativa?

Introduzione sulla carne in vitro

La creazione di un modello alimentare sostenibile è forse la più grande sfida che la civiltà umana abbia mai affrontato. Può la carne in vitro rappresentare un’ottima alternativa alla carne tradizionale nel prossimo futuro?

Per definizione, la carne in vitro, chiamata anche carne coltivata o sintetica, è un tessuto muscolare commestibile prodotto attraverso l’ingegneria tissutale e impiegando cellule staminali in coltura controllata con condizioni fisiologiche ben precise.

Nella catena alimentare umana, tra gli alimenti di origine animale, la carne gioca sicuramente un ruolo chiave. Tuttavia, la produzione tradizionale di carne richiede un’elevata percentuale di terreni agricoli, energia e acqua pulita per l’allevamento degli animali oltre ad essere responsabile della massiccia emissione di gas serra provocata dai nutrienti inutilizzati durante il processo digestivo del bestiame.

Quindi, la carne in vitro, può potenzialmente fornire un pasto alternativo, nutriente e sano, evitando i problemi associati alla macellazione degli animali e agli effetti ambientali elencati in precedenza.

Cenni storici

Benché si possa pensare che sia un’idea piuttosto recente, negli anni ’30 un noto personaggio storico aveva già ipotizzato qualcosa di simile alla carne in vitro che conosciamo oggi.

Nel 1931 proprio Winston Churchill predisse, in un saggio intitolato “Fifty Years Here” e pubblicato nella rivista Strand, la produzione futura di carne utilizzando le tecniche di coltura cellulare.

In particolare, Churchill scrisse: “Con una maggiore conoscenza di quelli che vengono chiamati ormoni, cioè i messaggeri chimici nel nostro sangue, sarà possibile controllare la crescita. Sfuggiremo all’assurdità di allevare un pollo intero per mangiarne il petto o l’ala, coltivando queste parti separatamente sotto un mezzo adatto.

carne in vitro su Petri
Figura 1 – Carne coltivata posizionata su una piastra di Petri

Il primo hamburger “cell-based”

Il primo prodotto a base di carne in vitro, un hamburger, è stato presentato pubblicamente nel 2013, ben 82 anni dopo la previsione di Churchill.

L’hamburger è stato cucinato durante una trasmissione TV dallo chef Richard McGeown e assaggiato dai critici gastronomici Hanni Ruetzler e Josh Schonwald, che nel complesso ne hanno apprezzato le caratteristiche organolettiche.

Inoltre, il professor Mark Post, lo scienziato dietro l’hamburger dell’Università di Maastricht, durante la trasmissione, ha dichiarato come fosse un buon punto di svolta per l’alimentazione del futuro (se volete guardare il video dell’assaggio, trovate qui il link).

Come avviene la produzione della carne in vitro?

1. Per prima cosa si andranno a prelevare delle cellule, tramite biopsie o espianti, da animali da reddito;

2. Successivamente, si sceglieranno le cellule, poiché diverse linee cellulari sono utilizzabili per la carne sintetica. Per questo motivo, è necessaria una ricerca raffinata per determinare con precisione le proprietà delle molteplici linee cellulari, che influenzeranno direttamente le caratteristiche finali del prodotto;

3. In seguito, si effettuerà uno scaffolding, ovvero una tecnica di ingegneria tissutale che sia in grado di ricreare una ”impalcatura” per l’organizzazione e l’assemblaggio delle cellule, così da assomigliare, sia a livello nutritivo che organolettico, alla carne vera. Per esempio, si utilizzano biomateriali naturali e commestibili come il collagene;

4. Successivamente, si avrà la proliferazione e coltura delle cellule, per la preparazione di grandi quantità di carne in vitro. Particolarmente rilevante è la scelta dei terreni di coltura, fondamentali perchè forniscono un apporto adeguato e continuo di nutrienti per le cellule in proliferazione. Il mezzo di coltura dovrebbe imitare le condizioni in vivo per ottenere un tessuto coltivato simile al tessuto d’origine. Vengono preparati principalmente con siero, una frazione del sangue, proveniente da bovini e questo rappresenta una grande limitazione della carne sintetica perché, al momento, è inadatta al consumo da parte di vegani, vegetariani o persone appartenenti a religioni con specifiche regole in materia di alimentazione;

5. Infine, otteniamo la nostra carne in vitro, pronta per la cottura!

Illustrazione che mostra, in 5 fasi, la produzione di un prodotto a base di carne coltivata.
Figura 2 – Schema in 5 fasi sulla produzione di un prodotto a base di carne coltivata. 

Conclusioni

L’idea innovativa della carne in vitro è ormai un’alternativa valida per l’alimentazione umana.

Visto che, in futuro, data anche la costante crescita della popolazione mondiale, ci sarà una crescente domanda di fonti proteiche animali, la carne in vitro potrebbe ridurre la crisi alimentare, oltre a rappresentare un ottimo sostituto dal punto di vista nutrizionale.

Nel frattempo, la comunità scientifica è alla continua ricerca di input per migliorare la produzione come, ad esempio, sostituendo il siero bovino con un’alternativa di origine vegetale, oltre che a scaffolding migliorati e sempre più simili alla carne convenzionale, grazie anche all’impiego di biostampe 3D.

Fonti:

  • Stephens, N., & Ruivenkamp, M. (2016). Promise and ontological ambiguity in the in vitro meat imagescape: From laboratory myotubes to the cultured burger. Science as Culture, 25(3), 327-355. 5
  • Balasubramanian, B., Liu, W., Pushparaj, K., & Park, S. (2021). The Epic of In Vitro Meat Production—A Fiction into Reality. Foods, 10(6), 1395.
  • Kumar, P., Sharma, N., Sharma, S., Mehta, N., Verma, A. K., Chemmalar, S., & Sazili, A. Q. (2021). In-vitro meat: a promising solution for sustainability of meat sector. Journal of animal science and technology, 63(4), 693.
  • Singh, A., Verma, V., Kumar, M., Kumar, A., Sarma, D. K., Singh, B., & Jha, R. (2022). Stem cells-derived in vitro meat: from petri dish to dinner plate. Critical Reviews in Food Science and Nutrition, 62(10), 2641-2654.
  • https://www.smithsonianmag.com/smart-news/winston-churchill-imagined-lab-grown-hamburger-180967349/
  • https://www.bbc.com/news/science-environment-23576143
Foto dell'autore

Valeria G. Torrisi

Laureata in Scienze Biotecnologiche Veterinarie presso l'Università degli Studi di Milano.