È venerdì, per molti rappresenta l’ultimo giorno lavorativo, l’incipit di un meritato relax alla fine di una dura settimana di studio, lezioni, lavoro e tran tran quotidiano. In sintesi, l’inizio di quello che viene comunemente definito WEEKEND. È proprio in questo venerdì che il team di microbiologia Italia ha deciso di regalarvi un volo virtuale di sola andata verso una delle nazioni più lontane, meravigliose ed inesplorate del nostro mondo: La Nuova Zelanda.
Perché proprio questa meta? Potremmo rispondere in molteplici modi a questa domanda. Potremmo dire che, se necessitate di relax, staccare da questa nostra realtà così stressante ed immergervi nelle bellezze della natura, quello è sicuramente il posto ideale; potremo riportare pagine e pagine di evidenze scientifiche in cui è stato dimostrato quanto viaggiare riduca lo stress e le varie complicanze annesse ad esso e convincervi che state facendo la scelta giusta; in realtà la vera motivazione di tutto ciò risiede in un qualcosa di molto semplice e naturale, un prodotto di questa terra che negli ultimi anni è al centro di molte ricerche scientifiche per le sue notevoli proprietà, quindi allacciate le cinture cari passeggeri, oggi intraprenderemo un viaggio verso un posto lontano, volto alla conoscenza del MIELE DI MANUKA (MH, fig.1).
La maggior parte di voi probabilmente non avrà nemmeno sentito mai nominare questa tipologia di miele, questo perché è difficile trovarlo nei nostri paesi ed è anche molto più costoso di qualsiasi altro, ma a tutto c’è una motivazione.
Andiamo per gradi, di cosa stiamo parlando?
Quello di manuka è un miele monofloreale di origine neozelandese ed australiano. Prende il nome dalla pianta Leptospermum scoparium o tea-tree (mānuka o albero del tè), i cui fiori ricchi di polline e nettare alimentano le api durante la produzione del miele. Il miele di manuka ha proprietà nutrizionali simili a quelle degli altri tipi di miele ma la cosa che lo rende davvero speciale e quindi protagonista del nostro viaggio è il fatto che, contenendo alcuni principi attivi della pianta di origine, sembra ereditare molte caratteristiche fitoterapiche e medicamentose. Non a caso, la pianta di manuka ed il miele vengono utilizzati nella medicina tradizionale Maori e in farmacologia contemporanea.
Quali sono questi principi attivi?
Che il miele in generale faccia bene alla salute è ormai una conoscenza radicata nel tempo da notevoli evidenze scientifiche, ma quello di manuka, in particolare, presenta una maggiore efficacia grazie ad elevati livelli di una sostanza definita metilgliossale (MGO), un composto organico che si è visto contrastare l’azione di molti ceppi batterici nei quali rientrano Helicobacter pylori (possibile agente eziologico di ulcera peptica, gastrite cronica, tumore gastrico, dispepsia) o Escherichia coli, che si annida nell’intestino e può causare problematiche quali diarrea o infezioni alle vie urinarie, ma anche più gravi, e molti altri.
La prima proprietà di questo prodotto quindi è un’azione antisettica, ma non finisce qui. Uno studio del 2018 effettuato in India ha mostrato come il MH abbia effetto anche su protozoi parassiti anaerobici quali Giardia lamblia e Trichomonas vaginalis.
Questi parassiti sono la causa principale di altre malattie cruciali come dissenteria, malattie infiammatorie e infezioni trasmesse sessualmente, che colpiscono milioni di persone ogni anno in tutto il mondo. Allo stato attuale, metronidazolo e tinidazolo sono la terapia farmacologica ottimale per trattare queste patologie ma, nei paesi in cui queste sono maggiormente diffuse, si sta sviluppando il fenomeno della resistenza. Proprio per ovviare a questo problema questi ricercatori hanno dimostrato come, in vitro, il manuka honey, grazie alle sue proprietà descritte in precedenza in letteratura abbia anche effetto antiparassitario e che quindi, continuando con gli studi, potrebbe essere utilizzato in futuro in una terapia combinata.
Altre evidenze del 2013, riportano come questo prodotto possa avere un’azione battericida anche sul Clostridium difficile (Figura 2). Questo bacillo si trova normalmente nel microbiota umano per cui, se si utilizzano per lungo tempo antibiotici, questi possono distruggere anche quei batteri che lo tengono confinato così da permettergli di prendere il sopravvento e provocare crampi addominali e malattie varie, come ad esempio la colite pseudomembranosa.
Alla luce di tutto ciò i produttori di miele hanno sviluppato un’apposita scala di valutazione che misura la “potenza antibiotica” del miele di manuka. Il punteggio è chiamato UMF, acronimo di “Unique Manuka Factor”, ed aumenta con la concentrazione di MGO e di altri composti antibatterici. Non tutto il miele etichettato come miele di manuka contiene livelli significativi di fattori antimicrobici. Per essere considerato terapeutico, il miele di manuka richiede un punteggio minimo di 10 UMF.
Il viaggio non si ferma qui, quella antisettica non è l’unica proprietà di questo elemento. Ricerche recenti hanno dimostrato come, in vitro, il MH possa avere anche azione contro il cancro al seno. Per questo studio, sono state selezionate due linee cellulari di cancro al seno umano, il triplo negativo MDA-MB-231 e le cellule ER-positive MCF-7, per indagare la suscettibilità al nostro elemento protagonista dell’articolo e per identificare le prime vie di segnalazione interessate. Si è dimostrato come MH impedisce la crescita delle cellule tumorali in un tempo e modalità dose-dipendente. Inoltre, il trattamento con basse concentrazioni di MH (≤1%) ha portato ad un’inibizione della migrazione delle cellule tumorali e della capacità di invasione.
Per quanto riguarda la potenziale via di segnalazione coinvolta, lo studio dimostra che il trattamento delle cellule tumorali MDA-MB-231 e MCF-7 con MH ha portato a un’inibizione dose-dipendente e dipendente dal tempo di pY-STAT3, via solitamente attiva nel cancro al seno e coinvolta nei processi di proliferazione, resistenza all’apoptosi e invasività. È importante sottolineare che il trattamento con MH ha portato anche alla diminuzione della produzione di interleuchina-6 (proteina iper- espressa in questo tipo di tumore) da entrambe le linee cellulari tumorali.
Se tutto ciò ancora non vi sembra abbastanza, lasciamo come souvenir di questo incredibile viaggio anche altre informazioni quali il fatto che questo portentoso miele sembra avere anche attività contro il colesterolo alto, infiammazioni, ustioni e nel bilanciamento della flora batterica intestinale.
Viaggiatori, siamo ormai giunti alla fine di questa incredibile avventura, ricordiamo a tutti che le informazioni riportate mostrano esperimenti effettuati in vitro e che dovranno essere approfonditi e valutati anche in vivo, non sarebbe male però pensare di poter trovare terapie combinate con elementi o principi naturali, soprattutto in un periodo come questo in cui il fenomeno della resistenza appare come un incubo che avanza, o sfruttare le nostre materie prime più disparate e improbabili in diversi ambiti per creare terapie sempre più vincenti. Speriamo il viaggio sia stato di vostro gradimento e che vi siate rilassati tra le dolci proprietà del miele di manuka, per questo weekend è tutto.
Al prossimo viaggio ai confini della conoscenza.
Ilaria Bellini
Bibliografia:
- “Comparative effect of manuka honey on anaerobic parasitic protozoans with standard drug therapy under in vitro conditions: A preliminary study.” Sinha, Prakash, Sehgal, Medhi.
- “Antibacterial effect of Manuka honey on Clostridium difficile.” Hammond, Donkor
- “ The IL-6/STAT3 Signaling Pathway Is an Early Target of Manuka Honey-Induced Suppression of Human Breast Cancer Cells”. Aryappalli P.
- https://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/miele-manuka.html
Molto interessante.