Soia «inaffondabile», con biochar e Rhodobacter spp.

Essex, Sultana, Titanic, tutti capolavori supremi, ciascuno nella propria epoca, dell’umano ingegno, cui certo non si pensa, senza un brivido, di atra fascinazione; ed ingegneristicamente rifondata del tutto, la soia, avrebbe buon merito, di antonomastica inaffondabilità, da farsi eponima di una corazzata. Soprattutto oggi, con Rhodobacter sphaeroides e biochar, a navigar di conserva.

Soia inaffondabile, più del Sultana, ed altri transatlantici, grazie a biochar e Rhodobacter spp.
Figura 1 – Piroscafo Sultana, fotografato ad Helena, in Arkansas, poche ore prima dell’esplosione, che ne determinò l’affondamento, il 27 aprile 1865, sul fiume Mississipi.
Fonte [wikipedia].

C’è stato un lungo tratto, a cavallo tra XIX e XX secolo, in cui il positivismo spinto, si è pagato con memorabili stragi d’affondamento (figura 1). Tributi, alla divina nemesi, o, più razionalmente, errori. Somma di errori, che, come oggi in campo ecologico, è ripiovuta, e ripiove, copiosa, su ogni produzione umana. Il global warming, per esempio, porta con sé, come chirale riflesso, alluvioni, inondazioni, sommersioni delle colture. Tra queste, i legumi, con l’altera, allotria, soia, soffrono, più di altre, l’eccesso di irrorazione. Quindi, finchè non saremo in grado di invertire la rotta, attendendo poi un perdono atmosferico, ci resta solo l’irrobustimento delle attitudini organiche. A questo guarda, il nuovo studio sul connubio microbico-minerale.

Dalla notte dei tempi, al buio senza stelle: la soia

La soia. Interesse sperimentale più che prevedibile. Ubiquitaria, nei settori industriali alimentari, sin dagli allevamenti dei capi carnei. Si tratta di una coltura davvero remota, la cui domesticazione risale a 3000 anni fa, con recentissimi dati archeologici, pubblicati su PLosONE, per i quali, la prima soia coltivata sarebbe ancora più antica. E non fedelmente legata, al solo areale cinese. Semi di soia carbonizzati, infatti, rinvenuti a Jinju (Corea del Sud), con le loro ridottissime dimensioni tradiscono datazioni, nell’ordine di 4200 anni fa.

Specie erbacea, a ciclo estivo, portamento eretto, apparato radicale a fittone, con media capacità di penetrazione dell’universo pedologico. In simbiosi, con Rhizobium japonicum, che adduce le caratteristiche capacità fissative, e riduttive, dell’azoto atmosferico.

È, in origine, una brevidiurna, ed anela notti lunghe. Ma questo, è ormai, un ritratto da riporre in soffitta, coperto da un drappo, mentre lei, la soia, resta immutabile, imperturbabile, alla prova di ogni avversità. Neri desideri, perseguenti costante giovinezza, o contratti, siglati rosso su bianco, qui non c’entrano. È imbalsamazione nucleica, manipolazione sinistra, modificazione genetica. Soia OGM. Di naturale, si sussurra, non ve ne possa più essere, data la precipua, elevata trasmissibilità dei vettori virali, assoldati per gli innesti genetici. A tutto, promesso, beneficio delle rese. Dei guadagni mondiali.

E così, le note “varietà attualmente coltivate”, non possono far altro che manifestare comportamenti biochimici stereotipati, e lontani dal passato, dal naturale. Inclusa, la fotoindifferenza. Il disamore per il buio, con tutto il suo carico ancestrale di processi trasformativi.

In regime d’idratazione, ma non troppo: gli stress idrici

La soia richiede, sì, buone disponibilità irrigue, ma soffre, in terreni troppo sciolti, ed umidi. Ecco, il tallone d’Achille, anche nel capolavoro della biotecnologia vegetale.

In genere, gli stress idrici si distinguono, tra carenza idrica, ed esposizione ad eccesso idrico, includendo inondazione e completa immersione. Le piante devono, dunque, fronteggiare svariate abnormità fisiologiche. I principali fenomeni, indotti dalle osticità ambientali, si configurano come generazione, intracellulare, di specie reattive dell’ossigeno (ROS), squilibrio ionico, dispersione elettrolitica e stress osmotico, fino alla apoptosi.

Per reagire a tali espressioni di stress, le piante vanno incontro a molteplici cambiamenti funzionali, che riguardano la segnalazione molecolare, la produzione di antiossidanti, la modulazione di fitormoni, ed infine la biosintesi di aminoacidi.

Stress da ristagno idrico, Rhodobacter spaeroides e biochar: lo studio

Le leguminose, quindi la soia, sono altamente vulnerabili allo stress da ristagno idrico. E poichè Rhodobacter sphaeroides (figura 2) è ampiamente riconosciuto quale mitigatore di stress nelle piante, quanto il biochar (figura 3), come promotore di crescita, i ricercatori, guidati da Sang-Mo Kang, hanno selezionato il ceppo Rhodobacter sphaeroides KE149, già dimostratosi competente, in un precedente lavoro.

Cronache di laboratorio

Le fasi preparatorie hanno preso avvio dalla sterilizzazione superficiale, con soluzione tween 1%, ed acido perclorico 2%, dei semi di soia. Soluzioni, poi, dilavate con acqua distillata sterile. I ricercatori hanno quindi interrato i semi, in vasi dotati di una precisa composizione del terriccio, previo passaggio di sterilizzazione, di quest’ultimo, in autoclave. La dimora pedologica, perciò, consta di:

  • muschio di torba (13-18%),
  • perlite (7-11%),
  • torba di cocco (63-68%),
  • zeolite (6-8%),
  • macronutrienti, NH4+ (90 mg/kg), NO3 (205 mg/kg), P2O5 (350 mg/kg), e K2O (100 mg/kg).

Tre settimane dopo l’avvio della coltura, il 50% dei semi di soia ha subìto trattamento con 10 mL di coltura batterica di Rhodobacter sphaeroides (108 CFU∙mL–1) e biochar di legno di quercia (0.1% per vaso). Il biochar, ovvero il prodotto di pirolisi di materia organica, impiegato, apporta:

  • dolomite (10%),
  • zeolite (5%),
  • melassa (10%),
  • torba (5%), con granulometria dal diametro di 3-4 mm.

Sette giorni dopo, le piante di soia, trattate con gli agenti sperimentali, e quelle non trattate, hanno, per mano dei tecnici, affrontato il famigerato stress da ristagno idrico. I vasi, dotati di sottovaso, hanno, quindi, accolto un quotidiano approvvigionamento idrico; tale, da assicurare un livello d’acqua, sulla superficie del suolo, di ben 5 cm.

Analisi morfologiche e funzionali dei primi germogli, di soia

Ancora, sette giorni più tardi, dall’applicazione dell’evento stressogeno, sia i campioni di piante di soia trattate, che quelli di piante non trattate, con Rhodobacter spp. e biochar, hanno reso conto del proprio contenuto in clorofilla, come pure di lunghezza e peso fresco di germogli e radici.

Quindi, sono seguite le analisi biochimiche, fondate su:

  • misurazione del contenuto d’acqua e di clorofilla (mediante sonde a fibre ottiche, in grado di rilevare il tasso di emissione di fluorescenza, dal rosso al rosso lontano, 700-735 nm),
  • quantificazione di fitormoni endogeni (estratti secondo rodati protocolli, ed analizzati mediante gascromatografia di massa, in modalità SIM -monitoraggio di ioni selezionati-),
  • analisi di aminoacidi ed antiossidanti.

Effetti del tandem anti-stress idrico

Il peso dei germogli, per cominciare dagli aspetti morfologici, in condizioni normali, cioè senza alcuno stress da ristagno idrico, di campioni trattati con Rb. sphaeroides, cresce del 52%; con biochar, del 58%. Trend confermato, anche in stato di ristagno: rispettivamente 26% e 29%, di incremento ponderale. Differenze meno marcate, tuttavia, per lunghezza di germorgli e radici, sia in stato di stress, che di normalità.

Per il computo del contenuto di clorofilla, si conti che l’inoculo di Rb. sphaeroides KE149 e biochar, accresca del 57% la concentrazione di clorofilla nella prima foglia del germoglio, e del 142%, e 154%, rispettivamente, nella seconda e terza foglia.

Ed ora, i fitormoni. L’acido abscissico cala (6% con Rb. sphaeroides, 25% con biochar), in condizioni normali, rispetto ai campioni non trattati; mentre, sotto stress idrico cresce (32-33%), in piante sottoposte ad inoculo dei due biostimolatori. L’acido jasmonico, cresce grazie ai due trattamenti con Rb. sphaeroides e biochar (47% e 61%, rispettivamente), in condizioni normali, ma cala in condizioni di stress da ristagno. Infine, l’acido salicilico, cresce in piante trattate, in condizioni normali, ed in condizioni di stress, solo con biochar; nulla da rilevare con Rb. sphaeroides.

Aminoacidi ed antiossidanti, brindano ai due biostimolatori

L’analisi aminoacidica rivela che la prolina cresca in stress, se i campioni hanno subìto i trattamenti con i due agenti stimolanti (nulla di rilevante, in condizioni normali, ed avvenuto inoculo); la metionina cresce in condizioni di stress idrico, ed inoculo di trattamento (42% e 28%, rispettivamente); l’acido aspartico, tocca quote di 233% e 279%, nei due rispettivi trattamenti con Rhodobacter e biochar, in condizioni di stress; meno, in condizioni normali (72% e 152%, rispettivamente).

Per gli antiossidanti, si può parlare di un quadro altrettanto intellegibile: contenuto fenolico che, a parità di inoculo, cresce in condizioni normali (34% e 15%, rispettivamente), e decresce in condizioni di stress (24% e 44%, rispettivamente). I flavonoidi, si discostano solo numericamente, ma per nulla nel trend: in presenza di inoculo, crescono solo con biochar (8%), in condizioni normali, decrescono in condizioni di stress (10% e 16%, rispettivamente).

Significati e somme: Rhodobacter e biochar, dunque, biofertilizzanti ?

Tra i fitormoni, l’acido abscissico è correlato alla regolazione degli stomi, le bocche delle foglie, che consentono l’equilibrio idrico della pianta, e, come tale, l’ormone conferisce resistenza agli stress idrici. L’acido salicilico, invece, attiva i sistemi difensivi, sia contro agenti patogeni (come ben sappiamo tutti, dall’infanzia, in cui l’aspirina, regnava sovrana), che contro gli stress abiotici. Ed infine, l’acido jasmonico, movimenta i sistemi difensivi, funzionalizza gli antiossidanti, partecipa all’accumulo di aminoacidi, ed alla segnalazione crociata.

Gli antiossidanti, sono il reciproco dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS), ed identitariamente volti a minimizzare i guasti procurati da questi alle strutture cellulari. I flavonoidi, in particolare, paiono migliorare la qualità dei raccolti, mentre i fenoli scovano i radicali reattivi e li neutralizzano; stesso compito, di attiva protezione, svolto dai tre aminoacidi, prolina, metionina, acido aspartico, stabilizzatori di macromolecole, dissipatori di elettroni e produttori di componenti della parete cellulare.

Nelle pessime, ed eccessive, acque, in cui le piante, mute combattenti, si trovano, loro malgrado, a navigare e resistere, i rizobatteri, promotori di crescita, ed il biochar, collaborano, per il momento, ad un salvamento provvidenziale.

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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