La soia
La soia (Figura 1), scientificamente Glycine max, è un legume ormai largamente conosciuto e utilizzato nella nostra alimentazione. Per questo motivo la sua produzione mondiale, secondo una stima del 2017, si attesta intorno alle 335 tonnellate.
Sicuramente i Paesi che ne fanno maggior utilizzo, sin dall’antichità, sono la Cina e il Giappone. Qui, infatti, sono diffusi numerosi alimenti che contengono soia in differenti forme. Alcuni esempi sono il latte di soia, il tofu, la farina di soia, i germogli di soia, la salsa di soia.
Gli isoflavoni della soia: tra salute e malattia
Nonostante la soia sia una fonte di proteine di origine vegetale, da utilizzare come alternativa alle proteine animali, non fa sempre bene alla salute. In particolare, gli isoflavoni (Figura 2), di cui è ricca, sono stati oggetto di numerosi studi, che hanno dimostrato gli effetti benefici, ma anche quelli avversi. Partiamo da questi ultimi!
Tra gli effetti negativi ci sono problemi, nella donna, a livello della lattazione, con un minore quantitativo di latte. Nell’uomo, gli isoflavoni influenzano qualità e quantità dello sperma. Ancora, nelle donne in menopausa, questi sembrano favorire lo sviluppo di tumori in donne che hanno avuto precedentemente il tumore al seno.
Gli effetti benefici si riscontrano principalmente nelle donne in menopausa, poiché gli isoflavoni sembrano alleviare i sintomi tipici di questa, quali, principalmente, vampate di calore e accumulo di grasso addominale. Dal punto di vista tumorale, questi, in donne con tumore, sembrano portare ad una maggiore sopravvivenza. Ma non finisce qui!
Isoflavoni e malattie cardiovascolari
Uno studio condotto recentemente in Giappone ha dimostrato come una dieta ricca di soia sia associata ad un minore incidenza di patologie cardiovascolari. Questo stesso risultato era stato già osservato sui primati. Sulla base di questi risultati, negli Stati Uniti, è stato effettuato uno studio simile, che non ha dato, però, gli stessi risultati.
Questo ha portato, quindi, i ricercatori della University of Pittsburgh e del National Cerebral and Cardiovscular Center di Osaka a chiedersi perché ci fosse questa discrepanza tra i risultati ottenuti nei due Paesi.
La risposta è nel microbioma intestinale
L’ipotesi dei ricercatori era che questa differenza nei risultati ottenuti fosse dovuta alla capacità dei singoli individui di produrre equolo (Figura 3). Questo non è altro che un metabolita della daidzeina, uno degli isoflavoni della soia, prodotti tramite la trasformazione dell’isoflavone ad opera dei batteri intestinali, cioè del microbioma intestinale.
Concentrandosi su questo metabolita, i ricercatori hanno visto come tra il 40 e il 70% dei giapponesi fossero in grado di produrre equoli, rispetto al 20-30% degli americani. Questo dato rispecchia anche una differenza nel consumo di soia tra la popolazione asiatica e quella americana, rispettivamente di 25-50mg al giorno nel primo caso e di soli 2mg al giorno nel secondo.
I batteri in grado di metabolizzare la daidzeina sono stati isolati da feci umane e animali. Si tratta di batteri anaerobi, a forma di bastoncino e Gram positivi, di cui un esempio è il Lactococcus.
Lo studio
I ricercatori hanno effettuato lo studio su un campione di popolazione giapponese di 303 uomini, di età compresa tra 40 e 49 anni. Per partecipare allo studio era importante non avere patologie cardiovascolari, diabete di tipo 1 e/o altre patologie croniche. Dai partecipanti iniziali sono stati, successivamente, esclusi 31 soggetti per i quali era emerso un consumo eccessivo di alcol. Ciascun soggetto è stato sottoposto a prelievo di sangue per valutare i livelli sierici di equolo. Da questo è emerso come il 16% dei partecipanti allo studio riuscisse a produrre equolo.
Successivamente è stata valutata la calcificazione delle coronarie, un marker di rischio per lo sviluppo di patologie cardiovascolari. I soggetti in grado di produrre equolo avevano un riduzione del 90% di calcificazione coronarica, rispetto alla controparte non in grado di produrre equolo. In più, lo studio ha evidenziato come la presenza dei soli isoflavoni non dia protezione. Questo come ulteriore dimostrazione del fatto che non sia la soia in sé a dare effetti benefici, ma la presenza di un determinato microbioma intestinale, in aggiunta al consumo di soia.
Discussione dei risultati
I ricercatori ritengono che questo studio sia solo il punto di partenza per poter comprendere a pieno il ruolo dell’equolo in numerose patologie umane. Infatti, gli stessi ricercatori hanno condotto ulteriori studi, che hanno mostrato come l’equolo, proteggendo il cuore, agisce anche a livello cerebrale, dove favorisce una minore incidenza della demenza.
Ad oggi, si tratta di uno studio basato sulla semplice osservazione, ma per poter arrivare ad utilizzare questa sostanza in clinica sicuramente saranno necessari anni di studi clinici randomizzati. Sicuramente la soia diventerà un alimento sempre più presente nella nostra alimentazione e chissà che non entri a far parte della nostra Dieta Mediterranea!
Emanuela Pasculli
Fonti
- “Dietary Soy Metabolite Produced by Gut Bacteria Linked with Reduced Levels of Dementia Risk Factor” (22 Ottobre 2020). Estrapolato da https://www.genengnews.com/topics/omics/dietary-soy-metabolite-produced-by-gut-bacteria-linked-to-reduced-amounts-of-dementia-risk-factor/;
- Sekikawa, Akira, et al. “Effect of S-equol and soy isoflavones on heart and brain.” Current Cardiology Reviews 15.2 (2019): 114-135;
- Ahuja, Vasudha, et al. “Significant inverse association of equol-producer status with coronary artery calcification but not dietary isoflavones in healthy Japanese men.” British Journal of Nutrition 117.2 (2017): 260-266;
- https://it.wikipedia.org/.