Biologia
Il Photorhabdus luminescens è un microbo patogeno bioluminescente, gram-negativo, noto anche come Xenorhabdus luminescens. Il suo ciclo di vita inizia nel tratto digestivo del nematode Heterorhabditis bacteriophora, col quale vive in simbiosi. Gli esemplari giovanili del nematode accumulano selettivamente il batterio all’interno, fino a che non lo rilasciano per rigurgito nell’emocele degli insetti infettati da esso. In questo modo, il batterio si trasmette tra le larve di un’ampia varietà di insetti e muoiono rapidamente a causa di tossine batteriche. La morte dell’ospite avviene tra le 48 e le 72 ore dopo l’infezione. I nematodi poi ripartono dalla carcassa vuota dell’insetto, ricominciando poi il ciclo di trasmissione.
Lo scopo biologico della bioluminescenza (Fig.1) non è ancora chiaro, tuttavia è stato ipotizzato che sia un indicatore della virulenza degli insetti.
A differenza degli altri membri facenti parte dell’ordine Enterobacteria, Photorhabdus luminescens è incapace di ridurre i nitrati e può fermentare solo glucosio e mannosio. Proprietà importanti del batterio P. luminescens sono la sua capacità di:
- produrre e secernere tossine ad alto peso molecolare che uccidono rapidamente l’ospite, inoltre tali tossine sono utilizzate anche per la produzione di insetticidi;
- sintetizzare enzimi per convertire il corpo degli insetti in nutrienti;
- produzione di antibiotici per inibire batteri concorrenti;
- pigmentazione;
- bioluminescenza.
Photorhabdus luminescens e la sua relazione con Heterorhabditis bacteriophora
La relazione simbiotica o mutualistica tra Photorhabdus luminescens e Heterorhabditis bacteriophora (Fig.2) è necessaria per la vitalità del nematode. In natura, Photorhabdus luminescens rilascia tossine nel flusso sanguigno aperto dell’insetto ospite causandone la morte. Il tessuto degli insetti viene convertito dagli enzimi P. luminescens per l’utilizzo alimentare di batteri e nematodi. In cambio, H. bacteriophora consente ai batteri di entrare e vivere nel suo intestino fino a quando non entrano nell’ospite di insetto per mezzo della cuticola o dell’intestino.
L’aura dell’angelo
Nel 1862 in America si combatté una delle più cruente e famose battaglie della guerra di secessione, conosciuta come la battaglia di Shiloh con oltre 16.000 soldati feriti. Molti di questi rimasero nel fango per due interi giorni di pioggia in attesa del loro turno per essere visitati dai medici. Calate le tenebre della notte, però, alcuni di loro notarono uno strano bagliore blu proveniente dalle loro ferite irradiare il campo di battaglia.
Ancora più strano, una volta in ospedale (Fig.3), i soldati che presentavano ferite luccicanti mostrarono un tasso di sopravvivenza più elevato e le loro ferite guarivano più rapidamente.
L’effetto protettivo misto al misticismo della luminescenza portò a soprannominarla “Aura dell’angelo”.
Circa 140 anni dopo Bill Martin, incuriosito da tale racconto, insieme all’amico Jon Curtis, decisero di fare alcune ricerche sul batterio e sulle condizioni in cui si era svolta la battaglia di Shiloh. Scoprirono che effettivamente le bassissime temperature della notte avevano portato i soldati in ipotermia rendendo così i loro corpi una casa accogliente per il Photorhabdus luminescens.
Conclusero quindi che, batteri e nematodi entrarono nelle ferite dei soldati dal terreno e che i componenti chimici rilasciati dal batterio uccisero altri patogeni che avrebbero potuto infettare le ferite.
Inoltre P. luminescens, così come il suo compagno nematode, non risulta essere particolarmente infettivo per gli umani, infatti una volta ristabilite le normali temperature del giorno fu facile per i soldati liberarsi dei loro ospiti.
Almeno per quella volta, la gratitudine dei soldati sopravvissuti non fu rivolta ai loro angeli custodi, bensì a qualcosa di molto, molto più piccolo.
Francesco Maria Testa