Pelagibacter ubique (Rappé et al. 2002; Fig.1) è un alfaproteobatterio appartenente al clade SAR11 ed è probabilmente l’essere vivente più numeroso sul pianeta.
Caratteristiche
P. ubique è un membro del clade SAR11; la denominazione del clade è data dal luogo dov’è stato identificato per la prima volta, ovvero il mar dei Sargassi. Fu inizialmente scoperto grazie alle sequenze ambientali del rRNA 16s. Si tratta di uno degli organismi a vita libera più piccoli e semplici, con un genoma estremamente ridotto come adattamento alla vita in oceano aperto, un ambiente fortemente oligotrofico.
P. ubique ha la forma di bastoncello curvo, con dimensioni inferiori al nanometro, ma al tempo stesso rappresenta dal 20 al 50% del batterioplancton oceanico; è stato stimato che la biomassa totale di questo batterio potrebbe essere superiore a quella di tutti i pesci.
Il ceppo principale e più studiato è HTCC1062, che prende il nome dal metodo di cultura HTC – “High Throughput Culturing“, anche detto Extinction Culturing, impiegato per l’isolamento e la coltivazione di batteri marini mediante successive diluizioni; il primo successo nella sua coltivazione avvenne nel 2002.
Il fago HTVC010P che infetta Pelagibacter ubique è molto probabilmente l’entità biologica più numerosa sul nostro pianeta, ed è stato scoperto nel 2013.
Filogenesi
Regno | Bacteria |
Phylum | Proteobacteria |
Classe | Alphaproteobacteria |
Ordine | Rickettsiales |
Genere | Pelagibacter* |
Specie | Pelagibacter ubique* |
Genoma e metabolismo
Con un genoma di sole 1’308’759 basi, Pelagibacter ubique ha il più piccolo genoma noto per un organismo a vita libera (Fig. 3), non mancando di nessuna funzione metabolica essenziale nonostante il basso numero di geni (1354). Il suo DNA ha un elevato contenuto in G-C, sino al 30%, legato alla vita in ambiente oligotrofico dove l’azoto è un elemento limitante. Non possiede pseudogeni, geni fagici, duplicati o elementi trasponibili. Possiede inoltre solamente due fattori sigma, contro le sette ad esempio di E. coli.
Si tratta di un organismo fotoeterotrofo, incapace di fissare il carbonio; sfrutta la respirazione e la proteorodopsina, una pompa protonica luce-dipendente basata sul retinale come cromoforo. Data l’enorme quantità di P. ubique presenti in mare, in alcune aree i livelli di proteorodopsina possono superare quelli di clorofilla.
Rimane incerta la capacità di questo di microrganismo di effettuare la glicolisi, ma è in grado di effettuare la scissione del glucosio a due molecole di piruvato mediante la via di Entner-Deuteroff; è inoltre capace di impiegare la gluconeogenesi, il ciclo dei TCA, quello dei pentoso fosfati ed altri pathway metabolici importanti come la biosintesi degli acidi grassi e di tutti e 20 gli amminoacidi.
Immagini al microscopio
Morfologia delle colonie
P. ubique è un batterio libero nel mezzo acquoso e non forma colonie riconoscibili a occhio nudo.
Metodi di identificazione
L’identificazione di Pelagibacter ubique è basata sulla microscopia a fluorescenza e la sua coltivazione sulla tecnica HTC (High Throughput Culturing in very low nutrient media), detta anche Extinction Culturing.
La coltivazione mediante HTC è un metodo impiegato per la coltivazione del bacterioplancton che mira a risolvere, almeno in parte, il problema della non-coltivabilità dei batteri marini nelle normali condizioni di laboratorio.
Inizialmente vengono contante le cellule marcate con DAPI, successivamente viene preparata una serie di inoculi estremamente diluiti (1-5 cellule per mL) che vengono lasciate crescere nel mezzo; solitamente il mezzo dovrebbe venire prelevato dalle stesse aree dove sono stati campionati i batteri e venire quindi sterilizzato prima dell’impiego. Deve essere poi verificato che il processo di sterilizzazione abbia funzionato, senza alterare i livelli di sostanze presenti nel mezzo stesso, fornendo al batterio un ambiente quanto più simile a quello naturale.
L’identificazione avviene mediante tecnica FISH, con sonde costruite per l’ibridizzazione con sequenze del clade SAR11; le sonde vengono inserite in campioni da 100-200 microlitri prelevate da colture, fissate con paraformaldeide al 2% (0.2 microlitri). Le reazioni di ibridizzazione avvengono a 35 °C per un tempo dalle 3 alle 12 ore in un buffer con 900 mM di NaCl, 29 mM di Tris (pH 7.4), 0.01% di SDS, 15% di formammide e 4 sonde Cy3 con target l’rRNA 16s per 2 ng/microlitro. Successivamente viene usato il DAPI e vengono conteggiate le cellule positive alle sonde Cy3 ed al DAPI (Fig. 4).
Ecologia
Vista la sua numerosità, P. ubique è un batterio fondamentale nelle reti trofiche oceaniche di tutto il mondo (Fig. 5). Essendo eterotrofo, impiega materia organica (DOM, materia organica disciolta), consumando O2 per la respirazione e liberando CO2. Ciò permette innanzitutto alle alghe ed ai cianobatteri di avere un enorme pool di anidride carbonica a disposizione e, a seguito della lisi da parte di HTVC010P, un veloce turnover della materia organica che ritorna allo stato di DOM, eventualmente flocculando in POM mano a mano che scende. Per questi motivi, pur non essendo un organismo autotrofo, è importantissimo per il funzionamento del microbial loop e della pompa biologica del carbonio.
Alcuni studi hanno inoltre evidenziato la sua capacità di produrre cataboliti secondari volatili, come il dimetilsulfopropionato (DMSP). Quest’ultimo viene spezzato in DMS da alcune alghe (es. i coccolitoforidi), che in atmosfera riduce l’effetto serra aumentando ad esempio la capacità di riflessione della luce solare da parte delle nubi, ed incrementano la formazione delle nuvole stesse fungendo da particelle di condensazione (Fig. 6).
Applicazioni Biotecnologiche
Non sono note all’autore applicazioni particolari di P. ubique. Le ricerche su di esso sono legate attualmente alla comprensione del suo ruolo nei cicli biogeochimici, allo studio del genoma minimo ed al miglioramento delle tecniche applicabili alla microbiologia marina.
Fonti
- Giovannoni S. J et al., 1990 – Genetic diversity in Sargasso Sea bacterioplankton
- Connon S. A. & Giovannoni S. J, 2002 – High-Throughput Methods for Culturing Microorganisms in Very-Low-Nutrient Media Yield Diverse New Marine Isolates
- Rappè M. S. et al., 2002 – Cultivation of the ubiquitous SAR11 marine bacterioplankton clade
- Giovannoni S. J. et al., 2005 – Genome Streamlining in a Cosmopolitan Oceanic Bacterium
- Morris R. M. et al., 2005 – SAR11 clade dominates ocean surface bacterioplankton communities
- Giovannoni S. J. et al., 2005 – Proteorhodopsin in the ubiquitous marine bacterium SAR11
- Hehemann J. et al., 2014 – The Structure of RdDddP from Roseobacter denitrificans Reveals That DMSP Lyases in the DddP-Family Are Metalloenzymes