La fagocitosi (Fig.1) è probabilmente comparsa nelle più antiche cellule eucariotiche e, fin dai tempi più remoti, è stata utilizzata come difesa nei confronti di microrganismi patogeni. Non deve quindi stupire il fatto che durante il corso dell’evoluzione anche i batteri abbiano evoluto strategie atte ad eludere la fagocitosi e, anzi, a sfruttarla per i loro scopi.
Anche se molti batteri patogeni vivono e proliferano nell’ambiente extracellulare dell’ospite, in molti casi il parassita penetra all’interno delle cellule, dove certamente può incontrare un ambiente favorevole e risulta relativamente al sicuro dalle difese immunitarie. Tra le strategie che un parassita può utilizzare per penetrare all’interno di una cellula, la via dell’endocitosi è una delle più utilizzate: è però essenziale riuscire ad eludere la digestione lisosomiale ed eventualmente fuoriuscire dal fagosoma per raggiungere il citosol.
Un esempio di elusione della digestione lisosomiale è dato da Mycobacterium tubercolosis (Fig. 2), l’agente eziologico della tubercolosi: questo microrganismo in genere penetra tramite inalazione nei polmoni, dove viene fagocitato dai macrofagi. Il micobatterio sopravvive e si moltiplica all’interno dei macrofagi grazie alla capacità di inibire la maturazione dell’endosoma precoce, che non sarà in grado di acidificarsi e di evolvere in un endosoma tardivo.
In genere, individui per altri aspetti sani e ben alimentati sono in grado di confinare l’infezione in noduli circoscritti da una capsula fibrosa e di prevenire, quindi, la diffusione del microrganismo, che però può rimanere vitale per lungo tempo all’interno dei macrofagi. Invece, in individui debilitati da altre patologie, denutriti, o il cui sistema immunitario sia depresso come nel caso di soggetti affetti da sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), l’infezione si può riattivare e diffondere a tutto il polmone o ad altri organi.
Un caso di fuoriuscita del patogeno dall’endosoma è quello di Trypanosoma cruzi (Fig. 3), il protozoo che provoca la malattia di Chagas, il quale resiste alle idrolasi lisosomiali e secerne una tossina che forma pori nella membrana dell’organulo, permettendo al parassita di fuoriuscirne. La malattia di Chagas è una grave patologia, diffusa dal sud degli Stati Uniti d’America fino a tutto l’America centro-meridionale e che, ad oggi, si stima colpisca circa 18 milioni di persone.
L’infezione è trasmessa attraverso la puntura di un insetto ematofago dei genere Rhodnius e Triatoma; provoca miocardiopatie, patologie del tratto digestivo (megaesofago e magacolon) e meningoencefaliti e può essere mortale o gravemente invalidante.
Salvatore Gemmellaro
Fonte: Biologia della cellula – Edizione a cura di Roberto Colombo ed Ettore Olmo – Edi-ermes