Nanoparticelle di cerio e biovetro contro i super batteri

Nell’annosa guerra tra esseri umani e batteri, al momento siamo noi ad aver perso terreno, soprattutto da quando i nostri microscopici antagonisti hanno imparato a resistere all’arma più potente. I ricercatori stanno quindi mettendo a punto nuove strategie per combattere i batteri resistenti agli antibiotici. Un team dello Swiss Federal Laboratories for Materials Science and Technology (EMPA) ha realizzato delle nanoparticelle in grado di “stanare” i batteri che si nascondono dentro le cellule umane – protetti dal sistema immunitario ma anche dalla maggior parte degli antibiotici, che non riescono a penetrare nella membrana cellulare. Le nanoparticelle, invece, sono più piccole e con una struttura che gli permette di entrare nelle cellule e combattere i batteri, senza danneggiare i tessuti umani. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nanoscale.

Batteri nascosti

Anche dopo aver completato con successo una terapia antibiotica, può capitare una ricaduta dell’infezione. Oltre ai meccanismi diretti di resistenza agli antibiotici, molti batteri sfuggono al loro destino rifugiandosi all’interno delle cellule dell’ospite, dove il sistema immunitario non può attaccarli né la maggior parte degli antibiotici può raggiungerli. Come se avessero addosso uno speciale mantello dell’invisibilità, questi batteri persistono e talvolta replicano e si diffondono nei tessuti umani. Non solo i patogeni notoriamente intracellulari, come Salmonella enterica o Lysteria monocytogenes, ma anche gli Stafilococchi possono permanere nelle cellule umane, anche dopo la terapia antibiotica.

Staphylococcus aureus (Fig.1), in particolare, sopravvive all’interno di cellule della pelle o dei tessuti connettivi, delle ossa o del sistema immunitario (macrofagi e neutrofili). Uno studio recente in vivo ha dimostrato che lo Stahylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) – che desta particolari preoccupazioni negli ospedali perché resiste agli antibiotici di uso più comune – sopravvive alla terapia rifugiandosi nei macrofagi. Cessato l’allarme, il batterio lascia il suo nascondiglio e colonizza indisturbato altri organi e tessuti.

Figura 1 – Staphylococcus aureus osservato al microscopio [Fonte:Wikipedia]

Nanoparticelle, un’alternativa agli antibiotici

In casi come questo, le nanoparticelle possono sostituire gli antibiotici che non riescono a penetrare nella membrana cellulare. Le nanoparticelle, come suggerisce il nome, hanno un diametro compreso tra 1 e 100 nanometri. Ancora più piccole dei batteri, che in media hanno diametro compreso tra 200 nanometri e 2 micrometri. Possono essere usate nella diagnosi o terapie di infezioni virali o batteriche.

Nella terapia antibatterica, ci sono due modi di usare le nanoparticelle:

  • Come “carrier” per il trasporto di antibiotici all’interno delle cellule;
  • Come agenti antibatterici diretti.

Nel primo caso, la nanoparticella è solo un veicolo: lo scheletro esterno è formato da proteine e lipidi, mentre il “cuore” contiene il farmaco. Nel secondo caso, invece, la nanoparticella è insieme un veicolo e un farmaco, cioè possiede anche un’azione antibatterica diretta. Questa strategia potrebbe avere molti vantaggi, poiché risolve i problemi legati al rilascio dell’antibiotico e alla sua ridotta attività intracellulare.

Cerio e biovetro, materiali biocompatibili

Queste nanoparticelle sono a base di ossidi di metalli, come l’argento, noto per le sue proprietà antimicrobiche. Gli ioni argento, però, hanno anche dimostrato una elevata tossicità per le cellule umane, in particolare dopo l’internalizzazione nei macrofagi e dopo una prolungata esposizione.

I ricercatori dell’EMPA, invecem hanno realizzato nanoparticelle a base di cerio e biovetro (dall’inglese “bioglass“), materiali caratterizzato da una elevata biocompatibilità. Il biovetro, infatti, è un agente bioattivo e biodegradabile (una miscela di SiO2, CaO, Na2O, and P2O5) già ampiamente usato in campo biomedico nella rigenerazione del tessuto osseo o nella guarigione delle ferite. Ma sono anche note le sue proprietà antimicrobiche, così come quelle dell’ossido di cerio.

L’attività antibatterica dell’ossido di cerio è stata attribuita alla conversione reversibile tra due “stati” dell’atomo di cerio, Ce3 + / Ce4 + , che dipendono dalla sua “valenza” ossia dal numero di elettroni che si trovano nel guscio elettronico più esterno. Il meccanismo, tuttavia, non è ancora del tutto chiaro e non era mai stato osservato prima all’interno di una cellula di mammifero. I ricercatori ipotizzano che potrebbe essere legato alla produzione di radicali liberi dell’ossigeno rilasciati localmente sulla parete dei batteri. Non danneggerebbero quindi le cellule umane, che hanno una membrana completamente diversa.

Nanoparticelle efficaci e sicure

I ricercatori hanno dimostrato l’efficacia delle nanoparticelle a base di cerio e biovetro su macrofagi infettati con Staphylococcus aureus resistente alla meticillina. Hanno prima eliminato tutti i batteri extracellulari con l’antibiotico gentamicina; dopodiché, hanno continuato a trattare le cellule con la gentamicina o con le nanoparticelle, a base di argento oppure di cerio/biovetro. Il trattamento a base di nanoparticelle ha ridotto in maniera significativa il numero di batteri intracellulari rispetto al solo antibiotico. Solo quello a base di argento è risultato tossico per le cellule. L’esperimento ha invece confermato l’assenza di tossicità e la biocompatibilità delle particelle di cerio/biovetro.

Figura 2 – Le nanoparticelle eliminano i batteri intracellulari [Fonte: Matter et al, Nanoscale]

Resistere alle nanoparticelle?

Le nanoparticelle potrebbero quindi essere una risorsa importante nella nostra guerra ai super batteri. Non è ancora chiaro, però, se (e come) i batteri potrebbero imparare a difendersi anche contro queste nuove armi. Recenti studi hanno dimostrato che alcuni batteri (ad esempio Escherichia coliPseudomonas aeruginosa) possono diventare resistenti alle nanoparticelle d’argento. La proteina flagellina, principale componente del flagello batterico, può causare l’aggregazione delle nanoparticelle compromettendo la loro stabilità, e quindi anche la loro attività antimicrobica.

Tuttavia, l’opinione dei ricercatori dell’EMPA è che l’insorgenza di ceppi resistenti al loro trattamento non sarebbe così frequente, poiché il meccanismo di azione delle nanoparticelle – seppur non ancora del tutto chiaro – è di natura aspecifica. L’altra caratteristica importante del cerio è che “le particelle si rigenerano nel tempo – spiega Tino Matter, ricercatore dell’EMPA e primo autore dello studio ­– possono quindi avere un effetto prolungato nel tempo”.

In conclusione, lo studio dimostra che le nanoparticelle a base di cerio e biovetro uniscono la biocompatibilità nelle cellule di mammifero e l’attività antimicrobica. Possono quindi essere sfruttate per eliminare i patogeni intracellulari, che non sono raggiungibili dai classici antibiotici.

Fonti

Matter, M.T., et al. (2021) Inorganic nanohybrids combat antibiotic-resistant bacteria hiding within human macrophages. Nanoscale

Crediti immagini

Immagine in evidenza: pixnio.com

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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