Sono numerose le morti di personaggi celebri avvolte dal mistero, che, con il passare del tempo, mutano e cambiano sfumature passando da un assassino all’altro. A volte però, scontrandosi con la cruda realtà dei fatti e con strumenti di analisi sempre più sofisticati, capita che questo alone di mistero cada completamente per mostrare una verità assai meno leggendaria.
Due di questi famosi casi sono stati le morti di Napoleone e di Mozart.
Due morti apparentemente scollegate, che in realtà hanno in comune sia la natura degli assassini (o meglio la classe a cui i piccoli assassini fanno parte, cioè quella dei batteri) e l’aver saputo suscitare mirabolanti storie di subdoli tradimenti e avvelenamenti nell’ombra.
Oggi vi parlerò della morte di Napoleone.
La parabola di Napoleone, da umile soldato ad imperatore, è universalmente nota, così come la sua fulminea discesa, relegato in esilio prima all’isola d’Elba e poi a Sant’Elena, nell’Oceano Atlantico.
La lontananza, unitamente alla straordinaria personalità ed influenza di Napoleone, furono determinanti nella nascita e proliferazione di una serie di inquietanti teorie complottiste riguardo alla morte dell’ex imperatore, che avvenne il 5 maggio del 1821. Dall’autopsia il fattore decisivo risultò essere un cancro allo stomaco, ma su di questo si ricamarono una serie di teorie che, pur non smentendo la veridicità della causa della morte, ne evidenziano inattesi retroscena.
La teoria alternativa più diffusa era l’avvelenamento da arsenico, basata sulla descrizione degli ultimi giorni di Napoleone tratta dal diario del suo cameriere, Louis Marchand, pubblicato nel 1955. L’arsenico fu scelto in quanto veleno difficilmente rilevabile se somministrato per un lungo periodo di tempo.
Sui responsabili del gesto sono state partorite diverse teorie:
1.Un avvelenamento graduale dietro ordine del governo inglese, stufo dei costi di mantenimento e sorveglianza dell’onorevole prigioniero.
2. L’avvelenamento-vendetta da parte del conte Carlo Tristano di Montholon, il responsabile della cantina, la cui moglie Albina de Vassal era amante di Napoleone.
3.L’avvelenamento casuale, dovuto all’assunzione di arsenico (contenuto nelle mandorle amare che Napoleone consumava in grande quantità nell’orzata) e calomelano (farmaco a base di sali di mercurio, usato come disinfettante intestinale, lassativo e diuretico) in un momento di spossatezza fisica.
4.Infine l’avvelenamento da parte degli stessi medici di Napoleone nel tentativo di alleviargli i dolori, sottoponendolo a clisteri giornalieri e somministrandogli sostanze varie per indurre il vomito.
Questa teoria fu ulteriormente sostenuta dal tossicologo Pascal Kintz nel 2001, con uno studio sul livello di arsenico da sette a trentotto volte superiore al livello normale trovato in una ciocca di capelli di Napoleone conservata dopo la sua morte.
L’ipotesi arsenico, però, non è spesso ritenuta valida in quanto l’arsenico era usato spesso a quell’epoca, sia in alcuni medicinali che in diverse carte da parati (per il colore verde); inoltre analisi più recenti (pubblicate sulla rivista Science et Vie) hanno mostrato come una tale concentrazione di arsenico fosse presente già in campioni di capelli di Napoleone prelevati nel 1805, 1814 e 1821, arrivando alla conclusione che, se fosse stato l’arsenico la causa della morte, egli sarebbe dovuto morire molti anni prima.
Nonostante queste ultime analisi siano state contestate nel 2006 dai sostenitori dell’omicidio in quanto eseguite con metodi che non sono tra quelli riconosciuti dai tribunali internazionali e per alcune incongruenze tecniche, un’ulteriore svolta avvenne nel 2007, quando venne pubblicato un articolo che confermò una volta per tutte la tesi del cancro allo stomaco causato da un’infezione cronica da Helicobacter pylori.
Secondo tale studio l’arsenico nel corpo di Napoleone avrebbe poco a che fare con la sua morte, dal momento che questo elemento era presente in quantitativo di gran lunga maggiore al tempo dei nostri avi. Questo sarebbe stato dimostrato tramite l’analisi chimica dei capelli di altri corpi riesumati, che non presentano nessuna differenza tra loro; le dosi di arsenico contenute nei capelli di Napoleone adulto, quindi, sono le stesse di quando era in vita, e sono le stesse dei suoi contemporanei.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Clinical Practice Gastroenterology and Hepatology da parte di alcuni ricercatori svizzeri, canadesi e americani, spiegherebbe le tracce di arsenico con il fatto che era usanza tra i viticoltori dell’epoca pulire l’interno delle botti con soluzioni contenenti tale elemento chimico.
Infine l’11 febbraio 2008 anche l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha contraddetto l’ipotesi dell’avvelenamento da arsenico, rendendo noti i risultati della propria ricerca effettuata sui capelli di Napoleone risalenti a varie età della sua vita, fin dall’infanzia, che evidenziano una sostanziale stabilità dei livelli di arsenico, paragonabili peraltro a quelli rilevati nei capelli del figlio Napoleone Luigi (sempre risalenti a diverse età) e a quelli della moglie, l’imperatrice Giuseppina (prelevati dopo la morte).
I tossicologi, che insieme ai fisici hanno partecipato a questi studi, hanno ritenuto che, dato l’alto livello medio di arsenico nei coetanei di Napoleone, la gente di quel tempo fosse molto più abituata e resistente all’arsenico e quindi la quantità di veleno contenuta nei capelli di Napoleone non sarebbe stata letale.
È quindi assodato che il vero colpevole sarebbe stato non l’orgoglio ferito di un cortigiano, né intrighi o pietà, bensì il nostro caro piccolo amico Helicobacter pylori.
Questo subdolo batterio gram-negativo microaerofilo (la sua sopravvivenza richiede ossigeno in piccole quantità) viene scovato grazie ai test dell’ossigeno, della catalasi e dell’urea (ai quali risulta positivo); l’H. pylori si insedia nel rivestimento dello stomaco ed aumenta il rischio di ulcere e cancro allo stomaco e ulcera peptica ed inoltre nel corso del tempo può causare acidità di stomaco e reflusso acido, possibile fattore scatenante del cancro esofageo.
Insomma, alla fine venne confermata proprio la primissima delle teorie, sostenuta in primis dallo stesso Napoleone, che sospettava il male che già aveva ucciso il padre, e che lui temeva avrebbe potuto rivelarsi fatale anche al figlio, tanto da chiedere preventivamente l’autopsia.
Laura Tasca
Fonti:
- Nature Clinical Practice Gastroenterology and Hepatology, Wikipedia