Per identificare le specie batteriche che compongono il microbiota intestinale sono state utilizzate diverse strategie, ognuna delle quali ha presentato alcune limitazioni. L’uso di tecniche di metagenomica ha permesso di discriminare circa 1500 specie batteriche.
Tutte le superfici corporee – interne ed esterne – dell’uomo pullulano di microrganismi, alcuni dei quali possono essere patogeni per l’uomo. Ma non tutti! Infatti, la patogenicità è solamente uno degli aspetti dell’interazione tra i batteri e l’uomo. L’insieme dei microrganismi che instaurano un rapporto di simbiosi con l’organismo umano si definisce con il termine microbiota, che è specifico per ogni parte del corpo ed è straordinariamente specifico per ogni individuo, ad eccezione di un limitato numero di specie condiviso da tutti gli esseri umani.
L’ecosistema microbico più vasto è contenuto nel tratto gastrointestinale che rappresenta un ambiente altamente eterogeneo. Il tratto digerente del nascituro prima del parto è totalmente sterile, e viene immediatamente colonizzato durante il parto stesso dai batteri provenienti dai tratti riproduttivo e fecale della madre e, in seguito, dai microrganismi provenienti dall’allattamento, dall’ambiente e dai cibi ingeriti successivamente. Dunque, il cibo, l’acqua e l’aria rappresentano una fonte continua di microrganismi che hanno libero accesso al tratto gastrointestinale.
Sono state condotte numerose ricerche per calcolare la quantità di specie che compongono la flora del tratto intestinale e in particolare dei microrganismi che popolano il colon, il quale presenta un valore di pH di circa 8.0, favorevole quindi alla crescita microbica. Ebbene, molti studi hanno rivelato che, probabilmente, i valori del numero di specie microbiche identificate ottenuti sono una sottostima della reale diversità batterica presente nel colon dell’uomo.
Per il calcolo del numero delle specie microbiche, generalmente, si utilizzano metodi che prevedono la coltivazione: si effettua un prelievo di campione fecale e lo si coltiva su piastre Petri contenenti terreno solido. Questo metodo ha permesso il conteggio di circa 400 specie batteriche.
Dal momento che esistono specie batteriche non coltivabili con i comuni terreni di coltura, sono state recentemente utilizzate tecniche che non si basano sulla tradizionale coltivazione batterica su piastra, ma sull’identificazione ed il confronto delle sequenze dei geni conservati. Le differenze esistenti tra le sequenze di geni altamente conservati possono fornire informazioni circa la distanza evolutiva tra i batteri e possono permettere di indagare riguardo la somiglianza tra le numerose specie. Il protocollo per queste tecniche di identificazione batterica prevede il prelievo di batteri dal tessuto intestinale e l’estrazione della sequenza di DNA contenente il gene di interesse indagato mediante ibridazione con primer fluorescenti.
Molto spesso, poi, viene utilizzato l’rRNA 16S, uno tra i geni altamente conservati e per questo rilevante per gli studi di filogenesi. Nei batteri, la molecola di rRNA 16S è lunga circa 1500 nucleotidi, e contiene regioni altamente conservate e regioni variabili (da V1 a V9). Tra queste ultime, le regioni V1 e V6 sono dette ipervariabili perché contengono il maggior numero di differenze tra specie diverse. Il confronto tra le sequenze ottenute per ogni specie batterica ha permesso di stabilire se i batteri appartengono alla stessa specie (variazioni di sequenza inferiori al 5%) oppure a specie diverse (variazioni di sequenza superiori al 5%). I gradi di somiglianza possono essere ottenuti inserendo le sequenze geniche in banche dati specializzate.
Mediante l’utilizzo di tecniche basate sulla ricerca di sequenze di geni conservati, tra cui l’rRNA 16S, sono state determinate circa 1500 specie batteriche della flora intestinale, ma, molto probabilmente, il numero ottenuto è, come quello ottenuto per mezzo dei metodi che prevedono la coltivazione, sottostimato. Infatti, il metodo prevede la complementarietà della sequenza del gene di interesse con il primer fluorescente a sequenza nota che ibridizzi con la sequenza genica. E, dunque, vengono considerate solo le specie batteriche in cui avviene l’appaiamento tra la sequenza già nota del gene ed il primer fluorescente (ovvero le specie batteriche che contengono il gene).
Dal 2005, l’utilizzo di tecniche di metagenomica ha permesso di sequenziare l’intero cromosoma dei batteri intestinali e, nel 2006, è stato pubblicato uno studio in cui si afferma che: “il microbiota intestinale distale e fecale di tre adulti sani è dominato da solamente due divisioni batteriche, i Bacteroidetes ed i Firmicutes, che compongono il 99% dei tipi filogenetici (filotipi) identificati”. Ulteriori studi hanno confermato la classificazione delle divisioni batteriche Bacteroides e Firmicutes e hanno chiarito che, nell’intestino dei mammiferi, le condizioni ambientali (temperatura, pH, nutrienti) sono pressoché stabili e consentono una scarsa diversità microbica, nonostante le numerosi specie ritrovate.
Maria Chiara Langella
Immagine in evidenza: My microbiota, https://infomymicrobiota.wixsite.com/mymicrobiota/disbiosi-1.
Fonti:
Biologia dei microrganismi di Gianni Dehò e Enrica Galli. Casa Editrice Ambrosiana. Pagg. 561 – 571. 2016.
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