L’unica specie appartenente al genere Listeria di importanza rilevante per la salute dell’uomo è Listeria monocytogenes. Tale microrganismo è un batterio Gram + responsabile della listeriosi, una grave malattia infettiva che ha come ospiti sia l’uomo che gli animali. I soggetti più sensibili sono le donne in gravidanza, gli anziani, gli individui infettati dal virus dell’immunodeficienza e quelli che subiscono terapia immunosoppressiva.
Pare che tre differenti condizioni stiano alla base della listeriosi di origine alimentare. La prima circostanza consiste nello studio di casi isolati da cui raramente è possibile risalire ad informazioni sul cibo originario. Il lungo periodo di incubazione (da giorni a settimane) prima della comparsa dei sintomi rende ancora più difficoltosa l’identificazione del cibo originario come fonte di contaminazione.
La seconda condizione si basa sullo studio di vari casi che coinvolgono un lotto di soli cibi contaminati. La causa di ciò è da attribuire agli errori durante la manipolazione del cibo che, di conseguenza, comportano la contaminazione del prodotto alimentare e quindi un potenziale sviluppo di L. monocytogenes.
La terza circostanza consiste in focolai che coinvolgono un ceppo virulento stabilitosi nell’ambiente in cui vengono processati i cibi e, in questo caso, sono contaminati più lotti. Diverse analisi eseguite sulla carne hanno indicato che è coinvolta una nicchia, cioè un luogo all’interno dell’ambiente in cui i cibi vengono processati, che promuove la crescita e la sopravvivenza del batterio. Per tale motivo è necessario attuare sistemi di controllo degli stabilimenti al fine di ridurre il potenziale rischio di contaminazione per i consumatori. In tutti e tre gli scenari, quindi, L. monocytogenes cresce ancora prima che il cibo venga consumato.
Alcuni sierotipi prevalgono nell’ambiente in cui i cibi vengono processati; infatti, Giovanacci e collaboratori in uno studio condotto su ceppi che contaminavano le carni riportarono la presenza dei sierotipi 1 /2 a, 1 /2 c, 3 a e 3 c.
Il principale habitat di L. monocytogenes è rappresentato dal suolo e dalla vegetazione in decomposizione. Tale patogeno è in grado di crescere anche a basse temperature e ciò desta preoccupazione per la sicurezza dei cibi refrigerati che quindi devono essere tenuti sotto controllo. I principali alimenti in cui è stata rinvenuta la presenza di L. monocytogenes sono i latticini, la carne e i vegetali (Figura 1).
Virulenza di L. monocytogenes
I geni di L. monocytogenes responsabili della virulenza sono organizzati in un unico cluster nel cromosoma del batterio. Nel momento in cui infetta la cellula ospite, il batterio viene internalizzato in un vacuolo. L’espressione della listeriolisina O è responsabile del trasferimento del batterio dal vacuolo al citoplasma, a livello del quale si replica. Il batterio, grazie alla proteina ActA, utilizza l’actina della cellula ospite per spostarsi all’interno della cellula e oltrepassa la membrana plasmatica della cellula ospite per poi passare direttamente nella cellula adiacente (figura 2).
Secondo studi condotti utilizzando come animale modello il topo, L. monocytogenes invade gli enterociti o le cellule M delle placche del Peyer, ed a tali livelli si replica ed è responsabile dell’invasione di organi target primari (fegato e milza) (figura 3). Numerosi batteri che raggiungono il fegato vengono fagocitati dai macrofagi residenti nel fegato, altri vengono eliminati dalle cellule del sistema immunitario dell’ospite e quelli che sopravvivono, invece, possono invadere organi target secondari (sistema nervoso centrale, placenta e feto).
Studi condotti su colture cellulari hanno dimostrato che l’aderenza e l’invasione delle cellule ospiti sono influenzate da diversi fattori. Attraverso le proteine di superficie, l’internalina A (IniA) e l’internalina B(IniB), L. monocytogenes si lega a specifici recettori presenti sulle cellule ospiti e ciò è responsabile della fosforilazione di diverse proteine della cellula ospite e della conseguente attivazione di una cascata di trasduzione del segnale che comporta l’internalizzazione del batterio.
Misure preventive
Diverse misure preventive devono essere messe in atto in particolar modo negli ambienti in cui vengono processati i cibi. La progettazione delle attrezzature viene migliorata continuamente, in modo tale da facilitare la pulizia e l’eliminazione dei potenziali siti di ancoraggio. L’aggiunta di additivi ai cibi in cui L. monocytogenes potrebbe crescere rappresenta un’altra svolta al fine di inibire la crescita del microrganismo. Gli additivi più utilizzati sono il lattato di sodio e l’acetato di sodio, spesso usati insieme. Inoltre, nel momento in cui vengono aggiunti nuovi ingredienti per produrre un alimento, è necessario aggiungere un punto critico di controllo al fine di controllare L. monocytogenes.
Nella valutazione del rischio di L. monocytogenes nei cibi l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto emergere come non sia la presenza o l’assenza del batterio a costituire un rischio per il consumatore, ma il problema principale sia rappresentato dal numero di cellule batteriche consumate. E’ stato quindi suggerito che per ridurre il numero di cellule che devono essere consumate sia necessario aggiungere additivi che, però, non prevengono la crescita, oppure sono previste tecniche post-imballaggio atte a ridurre, ma non necessariamente ad eliminare il batterio.
Irene Magnoli
Fonti :
Control of Listeria monocytogenes in the Food-Processing Environment
Listeria monocytogenes Virulence and Pathogenicity, a Food Safety Perspective