La profilassi antibiotica peri-operatoria è l’indicazione più comune per l’uso di antibiotici negli ospedali di tutto il mondo, contribuendo a circa il 15% di tutti gli antibiotici utilizzati. Rappresenta una delle misure più importanti nella strategia di prevenzione delle infezioni del sito chirurgico. Il suo obiettivo è quello di raggiungere livelli sierici e tissutali di farmaco che superino la concentrazione minima inibente per l’intera durata dell’intervento. In questo modo l’antibiotico può contrastare la proliferazione di microrganismi che possono potenzialmente contaminare l’incisione chirurgica.
Le infezioni del sito chirurgico
Sono le più costose e tra le più comuni infezioni associate all’assistenza sanitaria. In Italia, nel periodo tra il 2009 e il 2011 il Sistema Nazionale di Sorveglianza delle Infezioni del Sito Chirurgico ha condotto un programma di monitoraggio in 355 reparti chirurgici, osservando un tasso pari a 2.6 episodi ogni 100 interventi.
Sono correlate a una maggiore durata della degenza ospedaliera, ad un maggior rischio di re-intervento e di riammissione in ospedale, sono associate a mortalità e morbilità post-operatorie più elevate e comportano di conseguenza costi più alti per i sistemi sanitari.
Per definizione, le infezioni del sito chirurgico sono infezioni che si verificano fino a 30 giorni dopo l’intervento chirurgico, o fino a un anno dopo nel caso di impianto di materiale protesico.
Possono interessare sia i tessuti superficiali, sia i tessuti profondi. Le infezioni superficiali coinvolgono sia la pelle, sia i tessuti sottocutanei. Le infezioni profonde interessano invece i tessuti situati in profondità come i muscoli, la fascia e gli organi.
Aspetti microbiologici
La contaminazione del sito chirurgico può avvenire attraverso due meccanismi.
Contaminazione endogena
La contaminazione endogena si verifica quando i microrganismi responsabili sono i commensali che colonizzano la pelle o le mucose. In questo caso sono principalmente coinvolti cocchi Gram-positivi come Staphylococcus aureus, stafilococchi coagulasi-negativi (solitamente Staphylococcus epidermidis), streptococchi e Entrococcus spp.
Tuttavia va precisato che il patogeno responsabile dell’infezione dipende anche dal tipo di procedura operatoria. Ad esempio, nel corso di interventi chirurgici addominali, possono essere isolati anche bacilli Gram-negativi (come Escherichia coli) e anaerobi (come Bacteroides fragilis) provenienti dal tratto gastrointestinale.
La contaminazione endogena è causata quindi da microrganismi prevedibili per ogni tipo di intervento, in quanto espressione della flora batterica saprofita.
Contaminazione esogena
La contaminazione esogena invece avviene quando è provocata da microrganismi ambientali o non provenienti dalla flora batterica del paziente. Per esempio, da membri dell’équipe chirurgica, dall’ambiente della sala operatoria e dagli strumenti e i materiali presenti durante la procedura.
È opportuno sottolineare che la profilassi antibiotica peri-operatoria rappresenta soltanto una delle misure più importanti per prevenire le infezioni del sito chirurgico. Infatti non va dimenticato che anche l’uso di buone tecniche chirurgiche, l’implementazione di misure di prevenzione e controllo delle infezioni e l’ottimizzazione peri-operatoria dei fattori di rischio del pazienti hanno un impatto fondamentale nel ridurre il rischio di infezione.
Principi di profilassi antibiotica peri-operatoria
Idealmente, un antibiotico impiegato nella profilassi antibiotica peri-operatoria dovrebbe:
- Essere sicuro.
- Essere battericida.
- Essere attivo in vitro contro i microrganismi che possono potenzialmente contaminare il sito chirurgico.
- Avere il più ristretto spettro d’azione necessario a prevenire l’infezione.
- Essere somministrato con un dosaggio appropriato, al momento giusto e per una durata di tempo più breve possibile.
- Avere un effetto limitato sulla flora microbica del paziente.
- Evitare di contribuire all’insorgenza della resistenza agli antibiotici.
- Ridurre al minimo il rischio di insorgenza di effetti avversi, come l’insufficienza renale acuta o il rischio di infezione da Clostridium difficile.
Scelta dell’antibiotico
Nel corso degli anni sono stati condotti numerosi studi randomizzati controllati per dimostrare l’efficacia degli antibiotici rispetto al placebo nella prevenzione delle infezioni del sito chirurgico.
Considerando gli aspetti microbiologici descritti in precedenza, è chiaro che l’antibiotico utilizzato debba innanzitutto possedere uno spettro d’azione che garantisca l’efficacia contro i batteri che possono contaminare la ferita chirurgica.
Al tempo stesso però è fondamentale scegliere un antibiotico con lo spettro d’azione più ristretto possibile. Infatti, gli antibiotici ad ampio spettro non solo possono contribuire alla selezione e alla diffusione di ceppi resistenti, ma devono anche essere preservati a scopo terapeutico in caso di insorgenza di gravi infezioni post-operatorie.
Numerosi antibiotici vengono utilizzati. Solo per fare un esempio, le cefalosporine di prima generazione per via endovenosa, come la cefazolina, sono gli antibiotici più impiegati nella profilassi. Anche le cefalosporine di seconda generazione per via endovenosa, come la cefoxitina, che migliora la copertura contro i batteri aerobi e anaerobi Gram-negativi, possono essere utilizzate come alternativa alla combinazione di cefalosporine di prima generazione con il metronidazolo in casi selezionati.
Tempistica e durata della profilassi antibiotica
La profilassi antibiotica peri-operatoria deve essere somministrata per tutte quelle procedure chirurgiche ad alto rischio di infezioni del sito chirurgico o quando vengono impiantati materiali protesici.
L’antibiotico scelto deve possedere caratteristiche farmacocinetiche che gli consentano di raggiungere la sede dell’incisione chirurgica in concentrazioni superiori alla concentrazione minima inibente (MIC) per i probabili microrganismi contaminanti. Questa concentrazione dovrà essere mantenuta per tutta la durata dell’intervento chirurgico.
Allo scopo di garantire concentrazioni sieriche e tissutali appropriate durante il periodo operatorio, la somministrazione dell’antibiotico deve avvenire per via endovenosa, immediatamente prima delle manovre anestesiologiche, entro 30-60 minuti che precedono l’incisione della cute.
In genere è sufficiente una singola dose, ma molti degli antibiotici utilizzati hanno un’emivita relativamente breve (1-2 ore). In questi casi è opportuno somministrare una dose intraoperatoria aggiuntiva se la procedura chirurgica dura più di 2-4 ore, o se vi è una perdita di sangue superiore a 1500 ml.
La profilassi antibiotica deve essere limitata al periodo peri-operatorio. Una durata prolungata della profilassi (maggiore di 24 ore) non comporta un’ulteriore diminuzione del tasso di infezione in nessuna procedura. Al contrario, è associata ad un aumento del rischio di infezione da C. difficile, un aumento dei costi, e può contribuire a selezionare microrganismi multiresistenti agli antibiotici.
Fonti.
- Sistema Nazionale Linee Guida 17. Antibioticoprofilassi perioperatoria nell’adulto. Linea Guida. Data di pubblicazione: settembre 2008. Data di aggiornamento: settembre 2011.
- Owens CD, Stoessel K. Surgical site infections: epidemiology, microbiology and prevention. J Hosp Infect. 2008;70:3-10.
- Marchi M, Pan A, Gagliotti C, et al. The Italian national surgical site infections surveillance programme and its positive impact, 2009 to 2011. Euro Surveill. 2014;19:20815.
- Sartelli M, Coccolini F, Carrieri A, et al. The “torment” of surgical antibiotic prophylaxis among surgeons. Antibiotics (Basel). 2021;10:1357.
Crediti immagini.
- Figura in evidenza e Figura 1 – Colonie di Escherichia coli su Hektoen Enteric Agar. Fonte: Public Health Image Library. CDC. https://phil.cdc.gov/Details.aspx?pid=6676
- Figura 2 – Fonte: Unsplash. https://www.unsplash.com/photos/KMvoHcB-w5g