La cirrosi potrebbe essere diagnosticata mediante l’analisi del microbioma

La steatosi epatica non alcolica

La steatosi epatica non alcolica (NAFLD, Nonalcoholic Fatty Liver Disease) colpisce circa un quarto della popolazione mondiale, principalmente nei Paesi Occidentali, ed è la prima causa di malattia epatica cronica nel mondo. La NAFLD comprende la steatosi epatica (comunemente nota come fegato grasso), una condizione benigna caratterizzata da infiltrazione grassa nel fegato, e la steatoepatite non alcolica (NASH), in cui la presenza di grasso porta a lipotossicità e danno infiammatorio agli epatociti. Man mano che la patologia avanza progressivamente si arriva a cirrosi, cancro al fegato, insufficienza epatica e morte.

Parlando di fegato grasso (Figura 1) sicuramente si comprende come tra i fattori di rischio vi sia un’alimentazione ipercalorica. Infatti, quando i grassi sono in eccesso, il fegato non riesce a metabolizzarli tutti e questi si accumulano nel tessuto dell’organo. Sicuramente le persone più a rischio sono quelle in sovrappeso o obese. Non solo, tra i fattori di rischio vi sono anche trigliceridi alti, diabete di tipo 2, abuso di alcol, malnutrizione.

Differenza tra fegato normale e fegato grasso
Figura 1 – Differenza tra fegato normale e fegato grasso

La cirrosi epatica

La cirrosi epatica (Figura 2) è comunemente causata da danni dovuti a abuso di alcol, infezioni virali (HBV e HCV), steatosi epatica non alcolica. Si tratta di uno stadio avanzato di fibrosi epatica, il processo di guarigione delle lesioni che porta ad accumulo di tessuto connettivo nel fegato. Man mano che la fibrosi progredisce si ha un sovvertimento dell’architettura iniziale dell’organo che porta alla cirrosi. Quello che si ha è la necrosi del parenchima dell’organo, dovuta a noduli di rigenerazione circondati da tessuto fibroso denso. Si tratta di una condizione irreversibile che, nelle fasi più tardive, porta a ipertensione portale, ascite ed insufficienza epatica. In questo caso diventa necessario il trapianto di fegato.

Differenza tra fegato normale, grasso e con cirrosi
Figura 2 – Differenza tra fegato normale, grasso e con cirrosi

Microbioma e rischio di cirrosi

Negli ultimi anni sta diventando sempre più importante lo studio del microbioma, cioè delle comunità microbiche che popolano il nostro organismo. Gli studiosi sono, infatti, alla ricerca continua di correlazioni tra disbiosi intestinale e rilevamento di patologie. Lo stesso è stato fatto nel caso della cirrosi. Già in precedenza, infatti, alcuni ricercatori avevano dimostrato una correlazione tra alterazione del microbiota e cirrosi epatica.

Oggi, invece, un team di ricercatori, guidato dagli scienziati della University of California San Diego School of Medicine, ha pubblicato, su Cell Metabolism, uno studio in cui hanno evidenziato come i microbiomi fecali (l’insieme dei microrganismi presenti nelle feci e nel tratto gastrointestinale) possano essere utilizzati per prevedere quali pazienti affetti da NAFLD abbiano un rischio più alto di sviluppare poi la cirrosi.

Lo studio

I ricercatori hanno analizzato le feci di 163 partecipanti che includevano pazienti NAFLD con cirrosi, i loro parenti di primo grado e pazienti controllo NAFLD ma senza cirrosi. Oltre ad analizzare i differenti microbiomi fecali, i ricercatori hanno preso in considerazione altri fattori importanti, come l’età dei partecipanti e i livelli sierici di albumina (una proteina ematica prodotta dal fegato). In questo modo sono riusciti ad evidenziare in maniera accurata quali fossero i pazienti affetti da cirrosi (Figura 3), tenendo anche conto delle differenti cause della patologia, ma anche del fatto che i partecipanti appartenessero ad etnie differenti (i partecipanti provenivano dalla Cina e dall’Italia). Come ulteriore prova del risultato, hanno deciso di prendere in considerazione anche i livelli sierici di aspartato aminotransferasi, che aumenta nel caso di cirrosi, permettendo di discriminare efficacemente la cirrosi dalle prime fasi della fibrosi.

Rappresentazione dello studio effettuato per arrivare alla diagnosi di cirrosi
Figura 3 – Rappresentazione dello studio effettuato dai ricercatori per arrivare alla diagnosi di cirrosi

Prospettive future

In futuro, i ricercatori si augurano di riuscire a comprendere se vi sia un nesso di causalità tra le comunità microbiche intestinali e/o i loro metaboliti e la cirrosi. In questo modo sarà possibile utilizzare questo test, da loro ideato, in ambito clinico, come test non invasivo per diagnosticare la cirrosi.

Emanuela Pasculli

Fonti

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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