Impianto italiano per la produzione di olio di nuova generazione dalle microalghe

A Ragusa un innovativo impianto ENI coltiva microalghe per nuovi biocarburanti

La transizione dalle raffinerie alle bioraffinerie di nuova generazione

L’attuale produzione industriale di materiali ed energia è basata sul massiccio impiego di risorse fossili non rinnovabili. Lo sfruttamento di queste risorse ha un impatto negativo sull’ambiente, essendo causa diretta o indiretta di produzione e rilascio di gas ad effetto serra, NOx e altre sostanze inquinanti.

Inoltre, la scarsissima biodegradabilità delle plastiche convenzionali sintetizzate per via chimica da derivati del petrolio ne ha comportato l’accumulo in comparti ambientali sia terrestri sia marini, con gravi danni agli ecosistemi interessati.

Una soluzione per la produzione di energia pulita e la produzione di plastiche biodegradabili è rappresentata dall’impiego di biomasse, sottoprodotti e/o residui di natura organica quali materie prime alternative al petrolio. A questo nuovo concetto di economia circolare si associano quelli del riciclo della materia e l’efficientamento in termini energetici, ambientali e di sicurezza degli impianti industriali già esistenti (Fig. 1).

Strategie per processi sostenibili
Figura 1 – Rappresentazione schematica delle principali strategie alla base del nuovo modello di economia circolare e di sostenibilità.

In questo contesto, è nato il concetto di bioraffineria. Per analogia con le raffinerie da petrolio, una bioraffineria è una piattaforma tecnologica complessa destinata a produrre, a partire da biomasse, una vastissima gamma di bioprodotti di interesse industriale, materie prime per prodotti chimici, additivi, biocombustibili ed energia.

La bioraffineria ENI di Ragusa

L’azienda ENI ha realizzato nella città di Ragusa un impianto sperimentale (Fig. 2) di nuova generazione per la bio-fissazione intensificata dell’anidride carbonica (CO2) basata su microalghe, ossia microrganismi unicellulari fotosintetici.

Impianto ENI di Ragusa
Figura 2 – Impianto sperimentale ENI nella città di Ragusa per la bio-fissazione della CO2 in biocombustibili di nuova generazione.

I prodotti principali del processo biotecnologico messo a punto sono la farina algale (Fig. 3) e bio-olio di nuova generazione.

Biomassa per la produzione di bio-olio
Figura 3 – Farina algale prodotta a seguito de processo di bio-fissazione ed estrazione dell’olio. Tale biomassa può essere utilizzata in altri processi di intesse alimentare e nutraceutico.

Tale impianto rappresenta uno dei primi esempi a livello mondiale di applicazione di tale tecnologia nel settore Oil&Gas.

Con tale idea di processo si raggiungono simultaneamente vari obiettivi di sostenibilità: decarbonizzazione dell’atmosfera, grazie alla fissazione dell’anidride carbonica, valorizzazione della CO2 in prodotti alimentari e/o nutraceutici, produzione di bio-olio utilizzabile come fonte di energia rinnovabile, e riciclo dell’acqua.

Una bioraffineria di terza generazione: dalle microalghe biocombustibili del futuro

Il processo messo a punto si compone di pochi e semplici passaggi:

  1. Concentrazione della radiazione solare in fibre ottiche grazie a concentratori solari ubicati sul tetto dell’impianto e caratterizzati da una superficie totale pari a 320 m2 (Fig. 4);
  2. Trasferimento dell’energia luminosa all’interno di 14 fotobioreattori, ossia sistemi colturali cilindrici alti 5 metri collocati sotto i concentratori solari, tramite le fibre ottiche;
  3. Crescita delle microalghe in acqua salata all’interno dei fotobioreattori mediante fissazione della CO2 proveniente dai pozzi del Centro Oli ENI;
  4. Recupero, purificazione e riutilizzo dell’acqua usata nei reattori;
  5. Separazione ed essicamento della componente solida algale ed ottenimento della farina algale;
  6. Estrazione del bio-olio dalla farina algale mediante delle miscele di solventi green brevettate dall’azienda;
  7. Utilizzo dell’olio come alternativa all’olio tradizionale ottenuto dal petrolio o da biomasse di interesse alimentare (es. olio di palma)
Impianto di accumulo dell'energia solare per i fotobioreattori
Figura 4 – Concentratori solari utilizzati per convogliare l’energia luminosa all’interno di fotobioreattori mediante fibre ottiche.

Il bio-olio prodotto è di tipo advanced, così come il modello di bioraffineria messo a punto (bioraffineria di terza generazione), poichè non è in competizione con le coltivazioni agricole per uso alimentare.

Questo rappresenta il principale vantaggio rispetto al bio-olio o biodiesel ottenuto da biomasse di interesse alimentare come la palma, la colza o il girasole, insieme all’indipendenza dalla stagionalità delle coltivazioni agricole.

Produttività e prospettive

L’impianto sperimentale, a regime, ha una capacità di cattura pari a circa 80 tonnellate l’anno di anidride carbonica ed è in grado di produrre tra le 20 e le 40 tonnellate l’anno di farina algale da cui viene estratto il bio-olio.

Si tratta di una tecnologia molto promettente, basata sull’uso dell’energia solare e sulla conversione di un problema, quale l’anidride carbonica in eccesso, in risorsa.

Questo processo insieme ad altri modelli di bioraffineria (ad esempio per la produzione di bioplastiche e bioidrogeno) potrebbero spianare finalmente la strada alla transizione fondamentale da un sistema produttivo basato sul petrolio ad un sistema produttivo sostenibile basato su risorse rinnovabili e tecnologie verdi.

Nicola Di Fidio

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Francesco Centorrino

Sono Francesco Centorrino e scrivo per Microbiologia Italia. Mi sono laureato a Messina in Biologia con il massimo dei voti ed attualmente lavoro come microbiologo in un laboratorio scientifico. Amo scrivere articoli inerenti alla salute, medicina, scienza, nutrizione e tanto altro.

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