I microrganismi nei prodotti alimentari
Quasi sempre i batteri sono considerati microrganismi dannosi, in quanto contaminano l’alimento alterandone le qualità o peggio ancora, possono essere causa di intossicazioni alimentari. Questo è assolutamente vero per i microrganismi alterativi e patogeni, ma in realtà non tutti i batteri sono così malvagi, anzi, esistono batteri innocui presenti normalmente negli alimenti o nei nostri ambienti che se ingeriti non provocano alcun problema.
Le varie specie di microrganismi negli alimenti e prodotti alimentari
Gli alimenti non sono sterili, ma sono colonizzati da diverse specie microbiche, risultando così un complesso ecosistema influenzato da fattori estrinseci legati alle caratteristiche ambientali esterne, o da fattori intrinseci legati invece alla struttura e alla composizione dell’alimento. La distribuzione dei microrganismi nei prodotti alimentari è imprevedibile e variabile, la popolazione microbica iniziale può essere ridotta, eliminata o sostituita da nuove specie microbiche. In base ai trattamenti ed alle procedure di processo, è possibile selezionare una determinata microflora desiderata, modificandone così la struttura comunitaria.
L’attività pro-tecnologica dei batteri
Non tutti sanno che i batteri possono essere di grande aiuto nella produzione alimentare attraverso il loro metabolismo. Infatti spesso noi tutti ci siamo imbattuti qualche volta nella preparazione di un classico impasto per pizza o pane, ed è proprio durante la fase di lievitazione, che i microrganismi, come lieviti e batteri lattici, metabolizzano i diversi costituenti dell’impasto, in particolare i carboidrati, producendo etanolo e anidride carbonica, provocando così il tipico rigonfiamento finale. L’attività pro-tecnologica dei batteri è fondamentale nella produzione di una vasta gamma di prodotti che vanno dai salumi ai formaggi, al vino fino al cioccolato. Essi hanno la capacità di influenzare il processo produttivo, le sfumature aromatiche, la consistenza e la texture dei prodotti. Di seguito vedremo il ruolo dei batteri e la loro evoluzione nella produzione di alcuni prodotti alimentari che siamo soliti consumare. Un esempio sono i prodotti caseari.
Il metabolismo omolattico
In una prima fase di produzione del formaggio, il compito dei microrganismi sia presenti nel latte o aggiunti dall’esterno con starter microbici, è quello di metabolizzare il lattosio e produrre acido lattico (metabolismo omolattico). Questa molecola provoca la riduzione del pH, favorisce l’elasticità e la compattezza alla cagliata, inibisce la flora patogena. Nel formaggio Emmenthal, ad esempio, è un buon substrato per i batteri propionici, che metabolizzano l’acido lattico ad acido propionico, ad acido acetico ed anidride carbonica, formando così la classica occhiatura tipica dell’Emmenthal.
Il metabolismo eterolattico
Invece i batteri caratterizzati da un metabolismo eterolattico, oltre all’acido lattico, producono anche etanolo ed anidride carbonica. Quindi in una produzione casearia guidata da parametri di processo ottimali e con batteri desiderati, si indirizza il metabolismo microbico verso l’acidificazione, favorendo così il calo del pH utile all’attività successiva del caglio per la coagulazione del latte e procedere con la produzione. Nella seconda parte della trasformazione del latte a formaggio, in particolare per quelli stagionati, i batteri esercitano la loro attività metabolica agendo sui costituenti della cagliata. Questi svolgono attività proteolitica liberando aminoacidi, oppure attività lipolitica a carico di microrganismi lipolitici quali micrococchi, lieviti e muffe, ad esempio uno dei prodotti ottenuti sono i metilchetoni, molecole responsabili dell’odore e del sapore piccante del Gorgonzola.
Alla fine del processo metabolico e quindi della stagionatura si ha una miscela di prodotti ottenuti dalla degradazione di protidi, glucidi e lipidi che conferiscono il tipico sapore ad un formaggio, la cui qualità dipende dalla materia prima utilizzata, dalle condizioni di processo e dalla microflora batterica coinvolta.
Salumi ed insaccati
Ancora tra i prodotti fermentati più noti ritroviamo i salumi, in particolare gli insaccati carnei. L’impasto carneo subisce trasformazioni di tipo biochimico, microbiologico, fisico e sensoriale durante la fase di maturazione, in condizioni monitorate di temperatura ed umidità. La microflora dominante è caratterizzata dai batteri lattici, essi sono in grado di fermentare i glucidi producendo acido lattico con il conseguente calo del pH. Questa condizione è idonea per inibire la crescita di microrganismi patogeni, ed inoltre i batteri lattici presentano anche un’attività proteolitica e lipolitica.
I processi della stagionatura
Durante la stagionatura gli eventi che si determinano sono: riduzione dell’attività dell’acqua, aumento della concentrazione salina, riduzione dell’ossigeno e calo del pH. Questi fattori selezionano una microflora composta da micro-stafilococchi e batteri lattici. Quindi la popolazione microbica durante la stagionatura si evolve cosi: inizialmente, dalle prime ore di stagionatura fino al termine, predominano diverse specie del genere Lactobacillus. Queste, grazie alla loro attività acidificante, riescono a competere con le popolazioni microbiche indesiderate. Insieme ai batteri lattici ritroviamo anche specie del genere Micrococcus, ma quest’ultimi verranno scavalcati da specie del genere Staphylococcus che hanno la meglio in seguito all’esaurimento dell’ossigeno. Alla fine del processo di stagionatura si assiste ad un aumento del pH, dovuto al consumo del lattato da parte delle muffe, e ciò ne migliora l’aspetto sensoriale.
Il ruolo degli starter microbici
I microrganismi influenzano decisamente il processo produttivo di un alimento. Spesso sono inclusi tra gli ingredienti, come gli starter microbici, utili ad avviare ed aiutare il processo fermentativo: un esempio è il siero innesto naturale nella produzione casearia. Il siero è il prodotto di scarto che si ottiene dalla lavorazione precedente, fatto fermentare e reintrodotto in un successivo processo produttivo (tecnica back slopping). Il siero innesto naturale è una coltura composta da una vasta gamma di batteri indefiniti e nella produzione tradizionale viene largamente impiegato. Ciò però non accade nella grande produzione, poiché essendo la composizione del siero estremamente variabile si rischia di ottenere prodotti non standardizzati, ed inoltre non è da escludere la presenza di microrganismi indesiderati.
Per tali motivi la grande produzione ricorre all’utilizzo di colture microbiche preparate a composizione definita in sostituzione delle colture naturali, in modo da ovviare qualsiasi problematica ed ottenere un prodotto dalle caratteristiche costanti. Ma a pagarne il prezzo è il sapore, infatti si ottiene un prodotto con caratteristiche aromatiche meno intense rispetto a quello tradizionale.
Lo studio
Proprio per migliorare le caratteristiche organolettiche dei prodotti ottenuti con l’utilizzo di starter a composizione definita, uno studio riguardate la produzione della mozzarella di bufala ha voluto ricreare una coltura starter, che mimasse il siero innesto, con una composizione microbica simile e capace di garantire le caratteristiche sensoriali vicine al prodotto tradizionale e soprattutto garantire l’assenza di microrganismi patogeni.
Per permettere ciò fu importante analizzare l’ecosistema del siero innesto naturale. Si individuarono ben 700 ceppi, e tra i principali, ovvero quelli presenti in maggiore concentrazione ritroviamo ceppi appartenenti a generi di: Lactobacillus lactis, Lactobacillus salivarius, Lactobacillus helveticus Lactobacillus bulgaricus, Lactobacillus plantarum, Lactobacillus casei, Lactococcus lactis subsp. lactis, Streptococcus termophilus, Leuconostoc lactis, Leuconostoc cremoris. Inoltre furono rilevati anche microrganismi patogeni. Il ritrovamento di questi ultimi è dovuto principalmente alle condizioni in cui il prodotto ed il siero vengono preparati e conservati. Un aspetto fondamentale sono quindi le condizioni igieniche di lavorazione.
Una volta identificati i microrganismi principali, questi furono isolati, fatti crescere in due fermentiere dividendo le specie mesofile e termofile. Dopo varie prove sperimentarli si riuscì ad ottenere la combinazione giusta dei microrganismi e l’inoculo idoneo. Tutto ciò in modo da favorire una buona acidificazione della cagliata ed una buona attitudine alla filabilità ed un discreto risultato anche sotto il profilo organolettico, quindi lo studio riuscì a formulare uno starter che simulasse il siero innesto, in grado di conferire al prodotto finale le caratteristiche simili al prodotto tradizionale, ma che avesse come vantaggio una standardizzazione del prodotto e soprattutto privo di microrganismi patogeni. Si evince quindi che il ruolo dei batteri è fondamentale sulla qualità e sulla proprietà del prodotto come: caratteristiche reologiche, attitudine alla filatura e caratteristiche sensoriali, inoltre l’utilizzo di starter definiti si migliora la regolarità delle produzioni e la riduzione dei rischi di contaminazione.
Le bevande fermentate
Ma non è finita qui: sono tanti i prodotti alimentari ottenuti mediante fermentazione batterica, note sono le bevande fermentate, conserve vegetali ed addirittura il cioccolato. Il cioccolato è un prodotto che si ottiene dalla fermentazione della fava di cacao: una volta raccolte, le fave di cacao vengono lasciate fermentare per diversi giorni (2-6 gg dipende dalla qualità del cacao) sotto a foglie di banano. Durante questa fase si può osservare una evoluzione della popolazione batterica il cui processo fermentativo libera calore raggiungendo una temperatura di circa 50 °C, valore che impedisce alle fave di germogliare.
All’inizio della fermentazione proliferano diverse specie di lieviti che portano alla produzione di etanolo e alla secrezione di enzimi pectolitici che favoriscono la macerazione della polpa di cacao, ma dopo 12 ore si può osservare il loro declino, infatti condizioni più vantaggiose hanno favorito lo sviluppo di batteri lattici, il numero di questi organismi raggiunge il picco intorno alle 36 ore dall’inizio del processo, seguiti poi da batteri acetici, la cui attività fermentativa rilascia calore provocando l’aumento della temperatura dell’intera massa fino a 50 °C o più.
Il forte odore di acido acetico, diminuisce progressivamente verso la fine della fermentazione, invece dopo 132-160 ore si nota una crescita minima di lieviti. Quindi l’acidità delle fave di cacao, l’alta temperatura nella massa di fermento e l’idrolisi delle proteine nei cotiledoni sono state attribuite al metabolismo dei microrganismi. È chiaro che l’eccesso di acido interferirà con il gusto del cioccolato anche se la maggior parte dell’acido acetico poi tende a ridursi. Alla fine del processo fermentativo la massa oramai fermentata viene trasferita su piattaforme ed essiccata al sole, e durante questa fase si ha una riduzione della carica microbica, e solo determinati microrganismi riescono a sopravvivere. Il flavour del cioccolato è molto complesso, infatti dipende da diversi fattori quali: la varietà del cacao, il processo di fermentazione e la tostatura.
Conclusione sui microrganismi nei prodotti alimentari
In conclusione i batteri sono in effetti l’ingrediente segreto in sinergia con il lavoro svolto dall’operatore. Purtroppo però non è sempre facile guidare un processo fermentativo, molti infatti sono gli ostacoli che si possono incontrare fino al raggiungimento dello scopo desiderato. Da tutto questo si evince l’importanza del ruolo dei batteri e dei microrganismi nelle tecnologie alimentari e nei prodotti alimentari, dell’evoluzione microbica e dell’alternanza delle popolazioni durante il processo produttivo. E’ quindi in parte merito dei microrganismi pro-tecnologici se riusciamo ad apprezzare le caratteristiche aromatiche uniche dei diversi prodotti alimentari.
Fonti
- Cappelli P., Vannucchi V. (1998). Chimica degli alimenti. Conservazione e trasformazione. Ed. Zanichelli
- Coppola S., Parente E., Dumonetet S., La Peccerella A., (1988). The microflora of natural whey cultures utilized as starters in the manufacture of mozzarella cheese from water-buffalo milk. Lait 68. 295-310
- Parente E., Villani F., Coppola R., Coppola S., (1989). A multiple strain starter for water-buffalo mozzarella cheese manufacture. Lait 69. 271-279
- Schwan R. F., Wheals A. E., (2004). The Microbiology of Cocoa Fermentation and its Role in Chocolate Quality, Critical Reviews in Food Science and Nutrition 44:4, 205-221.
- http://www.federica.unina.it/corsi/microbiologia-degli-alimenti/