Cominciare un pezzo che parli del vino non è semplice: come definirlo? La definizione corretta è quella di alimento accessorio, ma la tentazione forte è quella di dedicare più attenzione agli aspetti antropologico-culturali come la storia del vino, l’importanza che questo prodotto riveste sia dal punto di vista culturale che gastronomico che economico… insomma: il vino è un prodotto complesso ottenuto da ingredienti semplici, e per definizione è il prodotto di fermentazione alcolica totale o parziale del mosto ottenuto dalla pigiatura del frutto della Vitis vinifera.

Il mosto è composto da acqua, zuccheri semplici come glucosio e fruttosio (in proporzioni variabili a seconda del grado di maturazione della frutta), fibra, acidi deboli, fitocomposti come tannini e antociani, sali minerali e vitamine.
Dopo la pigiatura comincia quel processo durante il quale a partire da questo “succo d’uva” si ottiene una bevanda dal gusto e dalle caratteristiche complesse come il vino. La prima fase della fermentazione, la fermentazione tumultuosa, è un processo dal quale si ottengono dagli zuccheri semplici alcol etilico, calore e prodotti secondari in modo energico e quasi violento: persino Carducci in San Martino rievoca tini che “ribollono” diffondendo l’”aspro odor de li vini” che rallegra gli animi. Segue poi una fermentazione lenta, in cui vengono utilizzati gli ultimi zuccheri a disposizione, e possono cominciare processi come la fermentazione malo-lattica, che conferisce un gusto più complesso e raffinato ai vini rossi.
La trasformazione di una “spremuta di acini” in una bevanda dal gusto complesso e dal sapore intrigante ha qualcosa di magico, ed è dovuta in primo luogo ai microrganismi che la operano. Sebbene i principali responsabili della fermentazione siano i lieviti appartenenti al genere Saccharomyces, l’insieme dei microrganismi che producono un bouquet così complesso e intenso è variegato. Il microbiota del vino è ben più complesso dell’insieme dei microrganismi che si possono trovare sugli acini, coinvolge infatti anche la vite e il suolo nel quale la pianta affonda le sue radici. Le condizioni esterne, infatti, possono influenzare profondamente il microbiota per composizione e abbondanza: la comunità batterica e quella fungina sono comunque molto ben rappresentate.

La presenza di specie batteriche diverse è influenzata profondamente sia dalla zona di produzione che dalle pratiche agricole. Tra le specie batteriche dominanti sono stati isolati membri di numerosi generi: Pseudomonas, Sphingomonas, Frigoribacterium, Curtobacterium, Bacillus, Enterobacter, Acinetobacter, Erwinia, Citrobacter, Pantoea, e Methylobacterium. La comunità degli endofiti invece può comprendere appartenenti ai generi Ralstonia, Burkholderia, Pseudomonas, Staphylococcus, Mesorhizobium, Propionibacterium, Dyella, Bacillus. Da notare l’importanza clinica di alcune delle specie citate, tra tutte Pseudomonas, Staphylococcus, Burkholderia, Ralstonia, che dimostra ancora una volta la versatilità dei microrganismi e l’importanza delle prospettive con cui guardiamo ad essi. Più di 100 specie batteriche sono state progressivamente associate al vino, anche e soprattutto grazie all’evoluzione di tecnologie come il next generation sequencing (NGS), che ha permesso di “andare a pesca” di sequenze del DNA piuttosto che rendere necessario applicare i metodi colturali classici. Questo però non permette di identificare tutti i batteri con genere e specie, ma in alcuni casi solo a livello di genere, il che rappresenta comunque un notevole passo avanti in termini di tempistiche e qualità dei risultati.
Tra i miceti filamentosi più rappresentati si possono annoverare Lewia, Davidiella, Erysiphe, Aspergillus, Alternaria, Penicillium, Cladosporium, Botrytis. Anche in questo caso alcuni di questi elementi rivestono un ruolo clinico di particolare importanza. Tra i lieviti sono stati invece individuati Hanseniaspora, Issatchenkia, Pichia, Candida, Rhodotorula, Lachancea, Metschnikowia, Cryptococcus, Filobasidiella, Sporobolomyces, Torulaspora. Le tecniche di NGS hanno messo in luce la presenza di un maggior numero di miceti filamentosi rispetto a lievitiformi, specialmente per quanto riguarda le specie associate alla superficie degli acini. L’inferiorità numerica, o meglio la minor concentrazione dei lieviti, rende ancor più difficoltose le identificazioni tramite metodi tradizionali, il che rende ancora più prezioso il contributo della biologia molecolare. Il confronto tra i dati ottenuti da regioni diverse ha dimostrato anche che il microbiota del vino è influenzato dalla provenienza geografica, e dal momento in cui si analizzano i campioni. E’ stato possibile monitorare varie fasi della fermentazione, e sono emerse variazioni nella quantità e nelle specie rappresentate a seconda dei momenti di campionamento.

Il vino è quindi un alimento vivo, che mantiene legami microbiologici stretti con le sue origini; il microbiota del vino è molto complesso, formato da numerose specie di miceti e batteri, che concorrono all’unicità del sapore e delle caratteristiche di un prodotto rispetto ad un altro. Apprezzare il bouquet o la rotondità di un bicchiere di vino significa quindi rendere omaggio a lieviti, miceti filamentosi, batteri e specie endofite che lo hanno reso quella meravigliosa esperienza sensoriale che molti di noi conoscono.
Bibliografia:
Morgan HH, du Toit M, Setati ME. The Grapevine and Wine Microbiome: Insights from High-Throughput Amplicon Sequencing. Front Microbiol. 2017 May 11;8:820. doi: 10.3389/fmicb.2017.00820. eCollection 2017. Review.
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